Costretto in galera per quattro mesi e in sciopero della fame da dieci giorni, è stato liberato soltanto ieri sera: non era lui il rapinatore armato di pistola del colpo che gli veniva contestato. A riportarlo è il Corriere della Sera, edizione Torino. L’uomo protagonista della vicenda è stato creduto soltanto dopo 120 giorni di agonia dietro le sbarre. Accusato di aver svaligiato una gioielleria di Cerignola lo scorso 8 marzo insieme alla moglie, Luciano Di Marco, 36 anni, è finito alle Vallette il 5 giugno. La compagna, Anna Bonanno, era stata collocata ai domiciliari, perché madre di un neonato, l’ultimo dei tre figli della coppia. Entrambi sono residenti a Torino e si erano subito dichiarati innocenti.
Nessuno aveva creduto a loro, ad eccezione degli avvocati difensori, Domenico Peila e Giacomo Lattanzio. I coniugi erano stati ammanettati dalla polizia di Cerignola con l’accusa di rapina pluriaggravata su ordine del gip di Foggia, Roberto Scillitani. In carcere era finito anche Luca Capocefalo, 48enne di Cerignola. Ai tre veniva contestato di avere rubato 72mila euro di preziosi alla Scisio gioielli di Cerignola in corso Aldo Moro. La banda aveva immobilizzato la commessa e dopo averle tirato un ceffone, le aveva puntato contro una pistola. I banditi — al momento non si sa chi siano – erano travisati e con un taser. Lunedì sera è finito l’incubo per Di Marco, che è uscito dal carcere delle Vallette verso le 19.