Rito abbreviato, davanti al gup di Bari, per i quattro imputati arrestati nell’operazione “Chorus”, accusati di aver tentato di uccidere i rivali, per vendicare l’omicidio di Rodolfo Bruno, il 39enne ritenuto elemento di spicco del clan Moretti, assassinato il 15 novembre 2018 in un bar sulla circonvallazione del capoluogo dauno. A fine mese l’udienza preliminare per i foggiani della “batteria morettiana”, Gianfranco Bruno, 41 anni detto il “primitivo” (cognato di Rodolfo), presunto mandante dei tentativi di omicidio, il nipote Antonio Bruno di 22 anni, figlio di Rodolfo, Antonio Carmine Piscitelli, 37 anni e Giuseppe Ricco di 55 anni, quest’ultimo di Margherita di Savoia. Secondo l’accusa, i quattro avrebbero tentato di uccidere il foggiano Gioacchino Frascolla, il fratello minore Antonello, oppure il loro amico Mario Clemente.
Anche questi ultimi tre finirono in manette, ma il 27 maggio scorso, in “Decima Azione 2”, costola del blitz di fine novembre 2018. Quattro mesi fa furono arrestati anche Adelio Pio Nardella, Benito Palumbo, Raffaele Palumbo, Sergio Ragno e Ciro Stanchi, tutti foggiani appartenenti ai Sinesi-Francavilla, rivali dei Moretti-Pellegrino-Lanza.
Uno degli agguati progettati ma falliti fu ai danni di Gioacchino Frascolla, la mattina del 23 gennaio scorso. L’uccisione doveva avvenire al quartiere Cep. Dalle intercettazioni ambientali e dalla riprese video emerge – scrisse il gip – che il gruppo armato già partito per l’esecuzione dell’omicidio venne bloccato alle ore 12.49 da un contrordine a causa dell’irreperibilità della vittima. A parlare nell’auto, il margheritano Giuseppe Ricco che sarebbe stato incaricato di avvicinare la vittima senza insospettirla per poterla uccidere, e il foggiano Antonio Bruno.
Bruno: Ora facciamo il fatto dell’altra volta che io mi avvio avanti con la macchina e tu vieni dietro a me. Andiamo a parcheggiare lì dove l’hai parcheggiata l’altra volta e ci andiamo a mettere sotto casa di quello. Se facciamo a quello io poi esco da là, ti lascio la macchina e te ne vai. Se invece dobbiamo andare dall’altra parte che facciamo a quello, te ne vieni con me direttamente lì dove a vado a incendiare la macchina e poi ti accompagniamo con la macchina onesta (cioè non rubata, ndr).
Ma gli obiettivi designati non si trovarono e l’agguato saltò.
Bruno: Si sono ritirati.
Ricco: Ora mi sono infastidito, e che facciamo qua avanti e indietro, dai ora mi sono rotto le scatole.
Poco dopo la microspia piazzata dalla Guardia di Finanza registrò un ulteriore colloquio.
Ricco: Ma ora chi tiene tutte le cose in mano? A chi l’hanno passato, a nessuno?
Bruno: A Ninuccio (Savino Ariostini, estraneo all’inchiesta, ndr). Lui sta fuori, sicuramente Rocchino (riferito a Rocco Moretti capo storico della mafia foggiana) gliel’ha passato in mano tutte le cose. Papà (riferito a Rodolfo Bruno) erano gelosi, compà. Non perdere tempo quei pochi di buono me l’hanno ucciso.
Ricco: Voglio sapere una cosa, tuo padre è morto no? Stava in mezzo alla strada? Ma i compagni dove stanno?
Bruno: I compagni? Per un mese i compagni sono stati fuori, ancora non li arrestavano (con riferimento al blitz “Decima azione” ndr) non hanno fatto niente.
Ricco: Va bene ma fuori ora stanno… (il presunto reggente del clan di cui si è parlato poco prima). Sta qualcun altro, embé che fanno?
Bruno: Niente, pensano solo ai soldi, hai capito o no? Se invece era il contrario che ci facevano i compagni e lui stava fuori papà, succedeva il casino, hai capito o no? Quella è la differenza tra noi e loro.
Ricco: Si va bene, ma zio Gianfranco (riferito a Bruno presunto mandante degli agguati falliti) non parla?
Bruno: Gianfranco non parla, e che deve parlare, che gli deve dire. Gliel’ha detto: fino ad ora siete stati fuori e non avete fatto niente.
Ricco: E ora che hanno detto?
Bruno: Niente, che hanno detto… Faccio arrivare venti persone di là, cinquanta di là.
Ricco: E dove stanno?
Bruno: E non ci stanno, non vengono mai queste persone. Che ne so cosa è successo, cosa hanno combinato, adesso stanno pensando solo ai soldi. Se non li togliamo noi i guai nostri non ce li toglie nessuno.
Ricco: E non è giusto, hai capito? Non è giusto perché adesso come stanno le cose la prima botta la deve menare proprio (riferito al presunto reggente attuale del clan). È così, perché tu stai in mezzo alla tarantella e ti uccidono un amico, tu che fai?
Bruno: L’amico che ti ha sempre portato il piatto a casa tua, non ti ha mai abbandonato, hai capito?
Ricco: E adesso se lo mangiano pure a lui (uccidono cioè il reggente).
Bruno: No, sono del parere di no perché chi gli dava fastidio era papà, hai capito? Gli dava fastidio…