Agli arresti Michele Carella, 77 anni e Massimiliano Cassitti, 44 anni, ritenuti appartenenti alla “Società Foggiana”. Carella, a causa di età e stato di salute, è ora ai domiciliari. Carcere per Cassitti. Per i due mafiosi la detenzione è scattata dopo che sono diventate definitive le condanne a 10 anni e 9 mesi del primo e 8 anni e 3 mesi del secondo. I carabinieri hanno notificato ai due foggiani gli ordini di carcerazione firmati dalla Procura di Foggia: sono imputati nel processo “Corona” in quanto accusati a vario titolo di mafia, estorsione e ricettazione. Il procedimento penale è scaturito dall’operazione omonima del 2013 quando furono arrestati 23 soggetti ritenuti membri dei clan foggiani.
Poi il processo si è diviso tra chi optò per l’abbreviato e chi andò al giudizio ordinario in una
mezza dozzina di tronconi (uno dei quali ha riguardato Cassitti, Carella e un terzo foggiano): al momento sono oltre 20 le condanne inflitte, in gran parte definitive.
Cassitti, stando all’accusa, si occupava del mantenimento degli associati, di curare il settore delle estorsioni, e della contraffazione e spendita di banconote false. È stato condannato anche per la ricettazione di alcuni assegni nel casinò di Venezia; ed assolto invece, già nel processo di primo grado a Foggia, dall’accusa di concorso in estorsione ai danni di un noto imprenditore foggiano taglieggiato per 10 anni dalla mafia del pizzo, circostanza peraltro negata dalla vittima.
Carella detto “Recchia long'”, deve scontare una pena residua di 9 anni a fronte di una condanna a 10 anni e 9 mesi, in quanto riconosciuto colpevole di mafia, concorso in estorsione e nel possesso di una pistola.
L’uomo curava i settori delle armi, delle estorsioni e della ricettazione. Oltre che per mafia, Carella è stato condannato a 10 anni e 9 mesi – pena inflitta a Foggia nell’aprile 2017, confermata in appello a Bari a luglio 2018 e dalla Cassazione a maggio 2019 – anche per il possesso di un’arma; e per concorso con altri due foggiani nell’estorsione a un costruttore proseguita per due anni: proprio l’anziano malavitoso avrebbe detto all’imprenditore “faccio tutta la famiglia tua”, prospettandogli ripetutamente che, in caso di mancato versamento delle somme richieste, vi sarebbero state ritorsioni nei suoi confronti e dei parenti, secondo la contestazione dell’accusa.