Sonora sconfitta per l’avvocato Raul Pellegrini (foto sopra). Il Tribunale di Bari ha stroncato i tentativi della Biessemme, società di Manfredonia, di rilanciare il noto lido “Bagni Bonobo” situato sul lungomare tra Siponto e la città del golfo. I giudici Giulia Romanazzi (presidente), Giuseppe Montemurro e Arcangela Romanelli hanno rigettato l’istanza di applicazione dell’istituto del Controllo Giudiziario chiesta da Pellegrini (il legale che diffidò l’Immediato per gli articoli sui suoi assistiti), avvocato di Francesco Romito, quest’ultimo amministratore della srl e parente di elementi di spicco del clan mafioso omonimo, azzerato dopo l’uccisione di Mario Luciano Romito avvenuta il 9 agosto 2017 a San Marco in Lamis.
I legali puntavano ad ottenere il “controllo giudiziario” dell’impresa consistente in una misura meno invasiva dell’amministrazione giudiziaria e che non determina la “immobilizzazione” dell’intera “governance” imprenditoriale.
La misura avrebbe consentito che la titolarità della proprietà potesse permanere in capo all’imprenditore mentre lo Stato, rappresentato dall’Autorità Giudiziaria, avrebbe effettuato un intervento progressivamente crescente o decrescente a seconda del bisogno di prevenzione da soddisfare e del soggetto economico da trattare.
Il controllo giudiziario avrebbe previsto una “vigilanza prescrittiva”, condotta da un commissario giudiziario nominato dal tribunale, cui sarebbe stato affidato il compito di monitorare dall’interno dell’azienda l’adempimento di una serie di obblighi. Ma i giudici hanno sbarrato le porte ai tentativi dei legali di Romito.
Il tribunale ha ritenuto che gli indici fattuali come la presenza di dipendenti controindicati all’interno di Biessemme, rappresentino indicatori sufficienti ai fini della “diagnosi di agevolazione stabile e della prognosi di integrale infiltrazione criminale” – si legge in sentenza -, nel senso della sussistenza di una carica intimidatoria, il cui riflesso esterno, in termini di assoggettamento, supera di gran lunga i limiti di una soglia prodromica. In altri termini – è scritto ancora – si tratta di azienda che mostra una spiccata attitudine nel fiancheggiamento di contesti delinquenziali, suscettibile di essere qualificata come ‘impresa mafiosa’”.
Per il noto “Bagni Bonobo”, fino allo scorso anno punto di riferimento della movida estiva in Capitanata, si tratta di una tegola molto pesante dopo l’interdittiva antimafia spiccata dall’ex prefetto di Foggia, Massimo Mariani. Ricordiamo che “in base alla giurisprudenza amministrativa per l’emanazione dell’interdittiva – come si legge nella stessa sentenza del Tribunale di Bari – è sufficiente il ‘tentativo di infiltrazione’ avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato; e ciò in ragione della peculiarità del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concretizza in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite”.