Una emergenza ambientale nascosta, imprevedibile nelle sue conseguenze. Nelle campagne a ridosso delle periferie foggiane sino al 1981 sono stati sversati più o meno incontrollatamente rifiuti. Oggi quei terreni, un tempo siti industriali o di stoccaggio ed ex cave riempite di immondizia, sono ritornati ad essere suoli agricoli. Accade a Via San Severo sul vecchio sito dell’Amica, al Rione Biccari, in Via del Mare, in Via Sprecacenere, al Rione Martucci, in Via Lucera, al Villaggio Artigiani.
I referenti locali di Italia in Comune, il nuovo movimento politico di Federico Pizzarotti e del governatore sardo Zedda, hanno prodotto un video grazie all’abilità tecnica dell’attivista Francesco Paolo Gentile e un corposo report nel quale Marcello Sciagura, Ivana Cassano, Marino Talia e Vincenzo Rizzi intervengono per spiegare cosa hanno scoperto su quei luoghi, che un tempo sono stati discarica in città. Tutto è partito dall’inceneritore di Via San Severo, realizzato su una ex cava. Una zattera di monnezza. I pizzarottiani si sono posti una domanda: dal Dopoguerra al 1980 dove si sono versati i rifiuti di Foggia e cosa c’è oggi sopra e nei pressi di quelle discariche dismesse? I due consiglieri comunali insieme agli altri attivisti hanno ricostruito il passato ascoltando le dirette testimonianze di tecnici e di persone che lavoravano nel settore della nettezza urbana e che hanno ancora memoria, a differenza delle autorità e delle istituzioni. Il rischio concreto, a loro dire, è che le piante si alimentino anche dei veleni che si trovano sotto il primo strato di terra. Il gruppo di lavoro è riuscito a mappare circa 10 siti, che oggi sono stati presentati in conferenza stampa a Foggia nelle aule consiliari e fanno parte della loro documentazione videofotografica. Si tratta quasi sempre di ex cave, tutte dismesse, che venivano utilizzate per interrare rifiuti, salendo fino al piano campagna. A quel punto la cava veniva ricoperta da un metro di terra e in alcuni casi si coltivava. E si coltiva ancora. Si è di fronte ad una memoria dei fatti e delle particelle, che si è poi persa e che non è stata trasferita neppure agli acquirenti successivi di alcuni di quei suoli. Secondo Gentile e gli altri attivisti, Asl e Arpa, ma anche Zooprofilattico dovrebbero monitorare tali aree per scoprire cosa c’è. La diossina nei terreni ha una persistenza che può continuare per un tempo lungo anche 100 anni.
LA RELAZIONE
“Risalire ai siti di Foggia non è stato facile, con il fallimento di AMICA tutti i documenti dell’azienda sono stati sequestrati e non sono accessibili. In mancanza di documenti ufficiali ci siamo serviti della testimonianza di alcuni cittadini che per diversi motivi quelle discariche le hanno viste. Essendoci dovuti servire della testimonianza dei cittadini, non siamo riusciti ad andare a periodi antecedenti rispetto al dopoguerra. La prima discarica di cui abbiamo memoria storica, è quella denominata “degli americani”. Il sito era una cava in via San Severo, dove successivamente fu costruito l’inceneritore che funzionò dal 1973 al 1978 bruciando circa 800 q.li di rifiuti urbani al giorno. L’ impianto venne spento perché si scoprì essere pericoloso per le emissioni di diossina e avendo solo un forno non si ritenne economicamente vantaggioso adeguarlo alle nuove normative. Non abbiamo avuto certezze che l’area interessata dalla ricaduta di diossina sia stata bonificata”, hanno spiegato in conferenza. Nella cava di via San Severo, utilizzata dagli americani fino a quando non lasciarono la Capitanata nel 1946, furono conferiti i rifiuti urbani per circa 20 anni . E hanno proseguito: “Una volta riempita l’immondizia di Foggia venne versata per i successivi 10 anni in via Sprecacenere, nei pressi del cimitero, dove oggi sorge il Centro Comunale di Raccolta (CCR) che non è mai andato in funzione e dove si vorrebbe realizzare il nuovo canile comunale. Esaurita anche questa seconda discarica si individuò un nuovo piccolo sito, utilizzato per circa 1 anno, tra la Strada Statale 16 e quello che oggi è il quartiere Biccari, anche se non conosciamo il punto esatto. Successivamente, ancora una volta in via Sprecacenere, fu individuata un’area (oggi all’interno del cimitero) dove si conferivano i rifiuti fino al 1980. La prima discarica controllata fu realizzata a Tavernola, località Passo Breccioso, oggi tristemente famosa con la denominazione di “la valle delle discariche”. Oltre alle discariche dismesse note, ci sono altri tre siti che furono utilizzati provvisoriamente e che molti ignorano essere stati in passato adoperati a tale scopo”.
L’auspicio dei pizzarottiani è che ora le autorità competenti si attivino. “Speriamo vivamente che inizi un monitoraggio sulle 10 aree che abbiamo individuato, anche se sarebbe stato preferibile che le istituzioni ne fossero già a conoscenza. È alquanto preoccupante che tutto sia ignorato o celato- rilevano- Partiamo dal presupposto che non si tratta di reati ambientali, perché quello era il modo con il quale si gestivano i rifiuti in quel periodo, perché la normativa è andata in vigore nel 1981. Lì ci sono dei rifiuti, queste discariche hanno probabilmente contaminato la falda acquifera, quello che noi chiediamo e chiederemo è che le autorità preposte facciano le analisi sui pozzi e verifichino se la qualità dei terreni è idonea per produrre alimenti, per capire l’entità dell’inquinamento”.
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