Assolta, perché il fatto non sussiste. La 59enne brigatista rossa di origini foggiane Nadia Desdemona Lioce, condannata al carcere a vita in regime di 41 bis, è stata assolta dal giudice monocratico onorario del Tribunale di L’Aquila, Quirino Cervellini, dall’accusa di disturbo della quiete pubblica e oltraggio a pubblico ufficiale. Una assoluzione chiesta dallo stesso pm, Rita Di Gennaro.
Alla brigatista, che sconta il carcere duro da 13 anni, venivano contestate le battiture con una bottiglia di plastica, due volte al giorno e della durata di mezz’ora l’una. La protesta, nel carcere delle Costarelle, era iniziata a marzo del 2015, a seguito della sottrazione, durante le perquisizioni in cella, di materiale cartaceo, corrispondenza e atti giudiziari. Nadia Lioce concluse la sua dimostrazione di dissenso solo sei mesi dopo, quando il materiale le fu parzialmente riconsegnato.
L’imputata, intervenuta in audio conferenza, durante la quinta udienza, ha dichiarato che, a causa del massimo isolamento, non poteva immaginare di poter disturbare qualcuno.
Si è concluso così, il 28 settembre scorso, il processo, con presidio di manifestanti davanti al Palazzo di Giustizia, blindato per tutta la mattinata.
“Una vittoria che dice che questa battaglia contro le condizioni di detenzione e il regime del 41bis verso Nadia Lioce deve e può continuare e deve unirsi alla battaglia per la libertà sua e di tutti i prigionieri politici rivoluzionari”, il commento in rete del Gruppo Femminismo proletario Rivoluzionario.
Esponente di primo piano dell’organizzazione armata di sinistra Nuove Brigate Rosse – Nuclei Comunisti Combattenti, Nadia Lioce è stata già condannata per gli omicidi dei giuslavoristi Marco Biagi e Massimo D’Antona e di Emanuele Petri, sovrintendente di polizia. Fu arrestata il 2 marzo 2003 su un convoglio del treno regionale Roma-Firenze.
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