Decise di testimoniare, accettò per sé la via della scelta etica e la sua vita è stata travolta. È tornata nella sala conferenze dell’Enaip in Via Rovelli la storia di Mario Nero (al centro nella foto in alto), testimone di giustizia chiave nel processo Panunzio, all’indomani dell’uccisione del costruttore del 6 novembre 1992. Ad invitarlo al tavolo come conferenziere, in compagnia del referente Immigrazione delle Acli Antonio Russo e del sociologo e scrittore Leonardo Palmisano, il presidente dell’Associazione Giovanni Panunzio Libertà Eguaglianza Diritti, l’avvocato Dimitri Lioi.
“Non ero solo ma poi lo sono diventato. Non mi sento in errore, quando ho offerto la mia testimonianza credevo di diventare un simbolo positivo, ma invece sono poi stato un caso negativo. Non girate la testa dall’altra parte. Non prendete la mia odissea per girare la testa dall’altra parte, lo Stato non ci aspettava in quell’epoca quando arrivarono testimoni di qualità, siamo stati trattati peggio degli animali. Neanche a saper dare i documenti. Una volta sono stati 7 ore per accertare chi fossi io. Oggi per fortuna c’è una legge per i collaboratori di giustizia”, ha detto Mario Nero, che ha avuto casa in Romania e ha cambiato 13 località e residenze in questi suoi lunghi anni di protezione. A suo avviso le mafie si annidano ancora tra massoneria e politica. “Sono 12 milioni i voti controllati dalle mafie, si dice che pecunia non olet, io dico suffragium non olet. Bisogna spezzare questo circolo vizioso”.
La sua vita è stata consegnata ai presenti con pudore, senza indulgere in dettagli personali. Mario Nero la sera dell’omicidio vide in faccia il killer e da ragazzo sveglio qual era capì che qualcosa non andava. La sua vita ha subito moltissimi traumi a causa di quella testimonianza. “I figli della prima moglie non gli rivolgono la parola. La famiglia originaria lo allontanò, perché era l’infame. Era un precluso, ghettizzato per aver testimoniato”, ha ricordato Lioi, che sente oggi la missione di far re-impossessare Nero del suo territorio di Foggia e di Orta Nova.
“Se non ci prendiamo carico delle storie come Mario Nero non andremo da nessuna parte. Dico sempre che la città non ha risposto all’assassinio di Panunzio. Mi sarei aspettato che la sede dei costruttori fosse a lui intitolata, gli è stata dedicata una piazza, con una stele, per ricordarlo. Ma mi sarei aspettato che il 6 novembre partecipassero gli esponenti apicali della città alla manifestazione in sua memoria. Anche il silenzio uccide, il non esserci uccide. In precedenza non abbiamo mai annunciato la presenza di Mario Nero, ma stavolta abbiamo voluto farlo, ben 10 giorni prima. Abbiamo un’idea quella che lui si possa re-impossessare del suo territorio. Andiamo a bere un caffè con Mario Nero, non lasciamolo solo. Facciamo le passeggiate per la città con Mario per dire a tutti che non è lui l’infame”.
Leonardo Palmisano ha parlato delle mafie pugliesi, ormai gregarie al sistema ndranghetista e produttrice di due business criminali autonomi: il caporalato e il contrabbando di sigarette. La mafia si è de-territorializzata. “La Puglia ha una settima provincia, che è il Montenegro – ha osservato -. Il Gargano è un’ottima costa per la marijuana, l’Albania è la nuova Colombia d’Europa. È cambiata la società, la ndrangheta fa da garante per i sistemi e chiede la penetrazione nell’economia turistica. A Gallipoli e a Vieste. I ghetti sono una cerniera, di totale oscurità, dove si perpetuano mercimoni di corpi e di droghe”. Dal mix tra ndrangheta, Società, Sacra Corona Unita e mafie nigeriane, le cosiddette asce nere, nasce la criminalità organizzata del territorio pugliese, dove sono egemoni le varie famiglie mafiose. Con un salto di qualità, secondo Palmisano. Dalla mafia liquida a quella vaporosa. “La fase vaporosa consente di occupare spazi non seguendo più l’economia, ma stimolandola. Gran parte dell’economia è stata stimolata dalle mafie, masse di denaro pubblico sono usate dalle mafie per il fotovoltaico, per il sistema dei Cara, per il welfare, per il primo insediamento del Psr nel quale si utilizzano i prestanomi, per il turismo, per la distribuzione delle case popolari. Fate molta attenzione alla gestione dei porti, ho il sospetto che la mafia del Gargano affilierà il sistema criminale bulgaro”. Tutto questo in un contesto in cui si abbassa progressivamente l’età delle dipendenze: non ci sono più le piazze di spaccio, ma le aule di spaccio. Marijuana insieme ad eroina da fumare a 10 euro al grammo. La gravità del consumo va capita e combattuta, secondo Palmisano, per un ritorno alle regole che valichi “l’ideologia della libertà”.
Cosa è rimasto della manifestazione di Libera del 21 marzo a Foggia e del corteo spontaneo dei sindacati dell’8 agosto dopo la morte dei 16 migranti? In quale terreno si insidiano le mafie? Queste le domande di Antonio Russo. “Se la delinquenza è soprattutto minorile, è compromessa la democrazia. Pensiamo davvero che se arrivassero i marines i nostri quartieri sarebbero più sicuri e si salverebbe questo territorio? L’approccio securitario non basta. Il tasso di abbandono scolastico non è mai stato così alto, ci sono atteggiamenti mafiosi che tutti assumiamo perché crediamo di vivere in una giungla. Le mafie avanzano e i cittadini arretrano e intorno ai Cara succede di tutto. I Cas andavano aboliti, l’unico sistema che ha coinvolto le associazioni e le comunità sono stati gli Sprar, che vanno potenziati. Nessun imprenditore viene a fare investimenti in una provincia in cui è difficile anche avere un certificato”.