I 4 ospedali dell’Asl di Foggia (Cerignola, San Severo, Manfredonia e Cerignola) perdono quasi 64 milioni di euro. Il dato, riportato nell’ultimo bilancio di esercizio, evidenzia problemi sostanziali nel rapporto tra produttività e spesa per il personale. Proprio nel momento in cui emergono dubbi nel lungo periodo per sostenibilità più generale del Sistema sanitario pugliese – come riportato nel Dief (documento economico e finanziario) -, viene rilanciata la discussione sulla necessità di ripensare il sistema pubblico dell’assistenza. La Regione Puglia, infatti, sta uscendo dalle sabbie mobili del blocco delle assunzioni e del turnover, ma per rilanciare i servizi ha bisogno di ossigeno dal governo centrale. Le eventuali risorse aggiuntive, però, potrebbero non bastare.
Nello specifico, in provincia di Foggia, nel 2017 i nosocomi territoriali hanno fatto registrare tutti risultati negativi: Cerignola (-15.951.193, pari al -35%), Manfredonia (-14.905.886, -51%), San Severo (-22.882.856, -42%) e Lucera (-10.071.610, -49%). Con un valore della produzione di 84 milioni di euro ed un costo del personale che si attesta sulle stesse cifre, si palesa un rapporto che potrebbe essere migliorato. Agli Ospedali Riuniti di Foggia, per esempio, il personale incide per l’80 per cento sul valore della produzione, mentre all’Asl per il 93 per cento circa. Certo, bisogna differenziare le due aziende, con il policlinico fortemente potenziato negli ultimi tempi con investimenti di diverso genere per garantirgli il “peso” di ospedale di secondo livello.
Diverso è il quadro negli ospedali di base (Lucera-Manfredonia) e di primo livello (Cerignola e San Severo). Della situazione è al corrente il direttore del dipartimento Salute, Giancarlo Ruscitti, il quale non è d’accordo con l’interpretazione di alcuni ex direttori generali, per i quali si poteva pensare ad un sistema con soli due ospedali di riferimento (Foggia e Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo) ed una rete solida di servizi territoriali. “Il caso di Foggia è particolare – afferma il numero uno dell’assessorato retto dal governatore Michele Emiliano -, il territorio è complesso dal punto di vista orografico e questo è un punto che abbiamo tenuto sempre in considerazione. È evidente che esiste un problema oggettivo in una provincia che ha la quota capitaria più alta della regione ma che, a differenza di Lecce, Taranto e Brindisi, presenta un sistema tripartito, in cui c’è l’Asl e i due ospedali di Foggia (pubblico) e San Giovanni (privato). Questo assetto serve a garantire una capacità di accesso differenziato ai servizi. Fatto salvo il costo di un posto letto, che è uguale dappertutto, è chiaro che i servizi pesino di più in un ospedale di base come Lucera. Così come non si può obbligare un paziente di San Severo a recarsi a Foggia per ricevere assistenza”.
“Nel Barese, per esempio – continua -, la logistica è molto più lineare e questo consente di poter fare scelte diverse. Questo è un esempio della complessità che bisogna governare in Capitanata. Questa complessità comporta dei costi maggiori. Inoltre – come dimostrato dal caso Vieste -, in alcune situazioni ci si ritrova a dover scontrarsi con le difficoltà oggettive di riorganizzazione del personale per via della reticenza di alcuni dipendenti allo spostamento. Tutti questi fattori incidono in maniera importante sui bilanci”.
Nelle scorse settimane, la Giunta ha licenziato il documento di programmazione, con il quale viene ripartita la torta dei trasferimenti. Dei 5,3 miliardi destinati alle Asl, 702 milioni arriveranno in viale Fortore. “Nel medio periodo si porrà l’ulteriore problema delle risorse aggiuntive necessarie al potenziamento dei servizi, fiaccati negli ultimi anni dal piano di riordino – conclude Ruscitti –, nel breve periodo abbiamo coperture rinvenimenti dagli avanzi di bilancio e dagli accantonamenti. Nei prossimi anni servirà un intervento decisivo del governo centrale, altrimenti non solo la Puglia ma tutte le regioni subiranno un impatto notevole”. Il salasso è stato quantificato in 65 milioni di euro. L’ennesima grana, dunque, per un sistema che ha bisogno di interventi urgenti per ritornare a garantire al meglio i servizi previsti dai Livelli essenziali di assistenza.