La notizia dell’arresto di Roberto De Blasio, imprenditore nel settore della sicurezza privata, impegnato nell’associazione Antiracket di Molfetta, ha sconvolto i vertici della Fai regionale pugliese. A l’Immediato l’attivista viestana Vittoria Vescera non nasconde l’amarezza per i timidi risultati raggiunti a Foggia-città dall’organizzazione di Tano Grasso, che invece ha saputo imprimere un cambiamento vero a Vieste, pur in una comunità attraversata e scossa da una guerra di mafia violentissima.
L’ingegner Pippo Cavaliere (in alto, tra il comandante dei cc Aquilio e il vescovo Pelvi), presidente della Fondazione Antiusura Buon Samaritano, prosegue nella riflessione lanciata dall’imprenditrice turistica garganica sul tema delle infiltrazioni criminali nell’economia sana e nelle associazione legalitarie. Anche per i fondi antiusura, a Lecce, vi fu un fenomeno molto grave con la presidente che intascava i soldi destinati alle vittime.
“È vero, al momento l’associazione antiracket a Foggia non ha dato i frutti sperati – conferma a l’Immediato, Cavaliere – mi sono sempre posto il problema di attenzionare con molta cura le persone che si avvicinano alle organizzazioni di volontari contro la criminalità organizzata. Nel caso di Molfetta bisogna capire se l’imprenditore coinvolto si fosse legato all’antiracket per ricostruirsi un manto di verginità o se avesse motivazione diverse”.
Quali ad esempio? “In casi analoghi ci possono essere delle infiltrazioni con una duplice finalità. Da un lato ci può essere l’interesse a far da testa di ponte con i malavitosi al fine di controllare l’operato e l’attività dell’associazione, può esservi cioè un disegno organico per monitorare le iniziative e le informazioni dell’associazione. Dall’altro ci si associa per minare alla lunga la credibilità stessa dell’organizzazione. È chiaro che quando vien fuori che uno dei membri di una associazione antiracket ha legami con la criminalità organizzata l’operato di tutti i volontari viene macchiato, è l’istituzione e con essa lo Stato ad essere penalizzato. È in gioco la credibilità. Ho sempre avuto la convinzione che tali infiltrazioni trovino terreno fertile nelle zone grigie della società, che sono zone sicuramente esterne agli ambienti malavitosi, ma contigue, acquiescenti e che in un certo modo trovano beneficio da alcune attività illecite. Non partecipano attivamente ad esse, ma traggono benefici indiretti dal silenzio”.
Ritiene che nel caso Foggia, i commercianti foggiani più influenti non si associno all’antiracket perché – anche se non pagano il pizzo – è più semplice star silenti in modo da avere i malavitosi come clienti o “padrini”? Cavaliere è netto. “Io non credo che sia una questione di timore o paura o peggio ancora di interesse. Gli opinion makers tra i commercianti, gli influencers, sanno che uniti la battaglia si vince, ma permane nella nostra città una assuefazione, una rassegnazione. In noi c’è come la consapevolezza che uno stato di cose sia immodificabile. Attribuisco la mancanza di coraggio e di attivismo a questa rassegnazione, all’ignavia di cui parla l’Arcivescovo”.
C’è mai stato in Fondazione un tentativo di infiltrazione da parte di soggetti della zona grigia? “No, mai, abbiamo sempre prestato molta attenzione alla legittimità degli interlocutori, c’è stata una analisi a priori e posso dirlo con certezza, ormai la Fondazione si avvia al suo 23esimo anno di attività sul territorio e mi auguro che chiunque sia impegnato in questo settore si attivi in tal senso”.
Foggia Reagisce in Teatro Giordano con l’allora procuratore nazionale antimafia Franco Roberti invitato dall’Arcivescovo Pelvi presidente onorario della Fondazione, lo scorso 21 marzo con i 40mila in strada con Libera per la Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime di mafia, innumerevoli iniziative di formazione nelle scuole e in città, la presenza attiva di Tano Grasso in città e in provincia al fianco degli attori economici intimiditi. Le associazioni in questi anni hanno messo in campo tutta la loro conoscenza e la loro energia contro le mafie. “È difficile andare oltre ciò che è stato già fatto dai volontari e dalle associazioni – conclude Cavaliere – l’impulso ora deve venire dal basso, dagli imprenditori e dai commercianti. Serve una loro spinta: denunciamo tutti insieme e non ci saranno più bersagli per la criminalità organizzata”.