“Le persone escono di più nel tempo libero e il commercio, centri commerciali inclusi, è una attività, che, fatta eccezione per il food, soddisfa le esigenze del tempo libero, oltre che del consumo”. È in questo assunto sociologico e consumeristico, rilevato a l’Immediato da fonti vicine alla proprietà e alla gestione del GrandApulia, che risiede il successo di afflussi e di traffico al centro commerciale, registrato nel giorno di Pasquetta. L’apertura nel dì di festa del lunedì in albis aveva scatenato molte polemiche sulla pagina social ufficiale del brand di Tonino Sarni e Svicom, con centinaia e centinaia di reaction, insulti e condivisioni. Sinistra Italiana con Mario Nobile e il consigliere regionale Mino Borracino avevano anche lanciato una campagna di boicottaggio. E invece, nonostante il clima splendido che avrebbe dovuto far presagire gite fuori porta in campagna, al mare, sui monti, per laghi e in città d’arte, le persone che hanno scelto il “picnic al GrandApulia” sono state tantissime. Al di sopra di ogni aspettativa, osservano dalla direzione la responsabile marketing e l’ufficio stampa. I picchi di affluenze nei centri nei giorni festivi ormai sono una realtà sperimentata e consolidata, una certezza per il management Svicom, ma ieri il GrandApulia si è superato.
“Il centro ha avuto numeri pazzeschi, l’indotto economico funziona, la risposta più che positiva, la zona food ha lavorato moltissimo”, rilevano dal’ufficio stampa. Parcheggio pieno dal primo pomeriggio e imponenti flussi di auto in entrata in Zona Asi, ben visibili da tutti coloro che rientravano nel capoluogo dauno dal mare e dalla Bat. Segno che l’utenza ha apprezzato l’allestimento del parco gioco e le aree picnic attrezzate nelle tre piazze, spiegano dalla direzione. L’alternativa al GrandApulia è piaciuta a migliaia di consumatori, che hanno deciso di optare per lo shopping a 20 euro, che consentiva di ottenere un biglietto al CineVillage da usare nei giorni successivi.
Il GrandApulia di Incoronata insieme all’Auchan di Casamassima e all’Outlet di Molfetta era il centro commerciale aperto in Puglia. “La soluzione era ottimale per la famiglia, le polemiche ci sono sempre, anche lo scorso anno Emiliano invitò le proprietà a chiudere nei giorni di festa, quest’anno forse le reazioni negative sono state superiori, i centri sono stati presi più di mira sui social, ma in genere i centri non rispondono mai agli attacchi politici”.
Al di là delle polemiche e dei costi economici ed “umani” sostenuti per l’apertura, restare aperti in giornate così “simboliche” conviene ai centri commerciali? Qual è la ratio imprenditoriale nel restare aperti? Ci sono alcuni centri più adatti di altri a “sperimentazioni” sociali e capitalistiche di questo tipo? Un centro come il GrandApulia, frequentato da clientela con capacità di spesa medio bassa risponde più di altri centri alla logica di una società anestetizzata dal consumo, secondo la teoria di Bauman?
Il grande afflusso di famiglie che al mare o alla campagna hanno preferito la galleria della zona Asi farebbe pensare, moralisticamente, che non esiste altra dimensione esistenziale al di fuori del consumo. Ma la risposta di fonti vicine a Svicom e all’imprenditore Fabio Porreca è più semplice: sono le caratteristiche del centro a dettare le regole. Quelli di prossimità o a forte prevalenza food con l’ipermercato in genere vengono chiusi, mentre i centri che al loro interno aggregano più domande, dallo shopping alla ristorazione fino al divertimento e alla cultura con cinema, teatri e spettacoli, sono invece perfetti per il tempo libero, che si declina maggiormente di domenica e nei giorni festivi. La domenica infatti è il giorno di maggiori vendite per i centri.
La prima volta di un festivo “profanato” a Foggia risale all’estate del 1997, quando la Mongolfiera restò aperta il 15 agosto. Quella fu una sperimentazione di grande successo: tante persone rimaste in città affollarono la galleria e la Coop. Il dibattito è prettamente ideologico, spiegano dal GrandApulia. Nelle imprese industriali, come Barilla a Foggia, dove lavorano su 3 turni giornalieri per 24 h 7 giorni su 7 e’ normale il lavoro notturno e festivo. Perché non deve esserlo per il commercio? Questa la domanda dei liberisti, che approvano la deregulation. Le attività che soddisfano esigenze di svago o di impiego del tempo libero dei clienti di norma sono aperte nei giorni festivi: ristoranti, cinema, musei, hotel, villaggi turistici, parchi divertimento, stadi, teatri, discoteche.
Nessuno si scandalizza o si preoccupa per il lavoro festivo dei lavoratori impiegati in queste attività e in altre analoghe e/o collegate (autisti, operatori ecologici, call center, ecc.). Senza parlare dei sevizi privati e pubblici (sanità, sicurezza, etc). I centri commerciali, specie i più grandi in cui il commercio è integrato da ristoranti, servizi, cinema, sale giochi, sono un luogo dove le persone trascorrono il proprio tempo libero analogamente alle attività aperte nelle località turistiche. “Lo shopping stesso è per molti clienti un modo di soddisfare le proprie esigenze di svago e di piacere e si concentra nel tempo libero. Quindi è naturale che un centro commerciale resti aperto nei festivi e comunque quando i clienti lo richiedono. E la risposta dei clienti nei festivi dimostra che questa richiesta è forte, risultando queste giornate quelle nettamente con maggiori afflussi. Ma tutto questo non si rileva perché si tratta di un dibattito ideologico”, spiegano dal management. “Il lavoro festivo esiste ed è disciplinato dalle norme e dai contratti nazionali. E, se il dibattito non fosse ideologico, di questo bisognerebbe occuparsi e preoccuparsi: del rispetto delle norme e dei contratti, della tutela dei diritti dei lavoratori in tema di turni, straordinari, festivi. Il problema emerge laddove il lavoro straordinario e festivo viene effettuato senza le dovute tutele. Su questo occorrerebbero più controlli e punizioni verso gli imprenditori che operano fuori dalle regole”, la conclusione.