Progettò spettacolare fuga dal carcere di Foggia, trasferito a Melfi il boss di Mattinata “Baffino”

L’operazione “Nel Nome del Padre” condotta dalla Guardia di Finanza svelò le trame di uno degli elementi di spicco del clan Romito. Ad incastrarlo alcune intercettazioni

Ha lasciato il carcere di Foggia Antonio Quitadamo detto “Baffino”, 42enne di Mattinata. L’uomo, ritenuto tra gli elementi di spicco del clan Romito, da anni egemone sul Gargano, è stato trasferito nella Casa Circondariale di Melfi nelle scorse ore. Una decisione giunta a seguito dell’operazione “Nel Nome del Padre”, durante la quale la Guardia di Finanza scoprì uno spettacolare progetto di evasione posto in essere dal boss mentre era rinchiuso nella cella numero 3 del penitenziario foggiano. Mesi di intercettazioni svelarono un piano ben studiato per scappare dal carcere la notte di Capodanno. Insieme a lui sarebbe fuggito anche un suo sodale.

Grazie ad alcuni smartphone introdotti nel penitenziario da detenuti brindisini, il boss era entrato in contatto con la moglie, il figlio e alcuni suoi gregari. Era praticamente tutto pronto. Utilizzando dei “capelli d’angelo” nascosti nella cucitura di una borsa fatta recapitare a “Baffino”, il boss avrebbe segato le sbarre per poi raggiungere i tetti della struttura e completare l’opera salendo a bordo di un enorme braccio metallico dotato di cestello che avrebbe condotto lui e il suo compare oltre le mura. Da una simulazione degli investigatori emerse che anche persone dalla scarsa capacità fisico-atletica come Quitadamo avrebbero facilmente portato a termine l’evasione.

La cella numero 3 del carcere di Foggia dove si trovava il boss

Durante l’operazione “Nel Nome del Padre”, i finanzieri, attraverso le intercettazioni delle telefonate di “Baffino”, trovarono anche alcuni fucili calibro 12 celati nei pressi di una masseria a Vieste. Armi tuttora sotto analisi per individuare eventuali collegamenti con episodi di sangue avvenuti sul Gargano. Infine, spuntò persino il progetto del boss di commettere un omicidio all’interno del carcere (idea subito sfumata per motivi rimasti ignoti).

Quitadamo, classe ’75, è in carcere dal 24 settembre 2017 dopo un periodo di latitanza di 72 giorni. Il suo curriculum, ricostruito nell’ordinanza “Nel Nome del Padre”, è di tutto rispetto: denunciato a piede libero per omicidio colposo, lesioni personali e sequestro di persona il 2 febbraio 2009, arrestato per minaccia e armi il 23 marzo 2009, arrestato per furto il 6 settembre 2011, per estorsione, droga e armi il 9 ottobre 2013, per estorsione il 20 febbraio 2014, condannato con sospensione condizionale della pena per estorsione il 27 agosto 2016, arrestato per estorsione, armi e rapina aggravata il 31 ottobre 2016, con obbligo di presentazione alla p.g. per ricettazione, armi e rapina il 29 aprile 2017 e, infine, arrestato per estorsione il 24 settembre 2017 dopo 72 giorni di latitanza.

Su di lui gravano, inoltre, due rinvii a giudizio, una condanna in primo grado per tentata estorsione continuata e un giudizio abbreviato del 18 gennaio 2018 per tentata estorsione continuata e ricettazione.

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