“Uno buono ne teniamo mica lo possiamo escludere?”, è la battuta del candidato all’uninominale camerale San Severo Rosario Cusmai alle voci che questa mattina si rincorrevano su una possibile esclusione del professor Massimo Russo, candidato al Senato con i civici nel collegio maggioritario foggiano per una interpretazione larga della Legge Severino. Si stanno diffondendo delle fake news anche sul metodo di voto. C’è chi sostiene che sarebbe meglio votare solo sulle liste collegate al candidato per non rendere nulla la scheda. Tutte sciocchezze, la campagna elettorale si sta facendo subito “cattiva”.
“Rispondere a Mainiero è tempo perso – spiega qualcuno dello staff del civismo pugliese -. La legge è precisa e stabilisce i motivi di ineleggibilità. Tutto il resto, per analogie e similitudini, non riguarda il diritto costituzionale ad essere candidato”.
Nei giorni scorsi, ma già prima della deposizione delle liste, il dirigente del Fratelli d’Italia Giuseppe Mainiero aveva messo in dubbio la eleggibilità dell’amministratore unico di Sanitaservice e ad avvalorare la sua tesi aveva riportato, in una nota stampa, uno stralcio della sentenza di cassazione 26283/13, nella quale si legge che “la società in house, non pare in grado di collocarsi come un’entità posta al di fuori dell’ente pubblico, il quale ne dispone come di una propria articolazione interna. È stato osservato, infatti, che essa non è altro che una longa manus della pubblica amministrazione, al punto che l’affidamento politico mediante in house contract neppure consente veramente di configurare un rapporto contrattuale intersoggettivo (Corte Cost. n. 46/13)”.
“Queste ultime hanno delle società solo la forma esteriore, ma come s’è visto, costituiscono in realtà delle articolazioni della p.a. da cui promanano e non dei soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi – aveva rimarcato Mainiero ripercorrendo la sentenza -. Né consegue che gli organi di tale società, assoggettati come sono a vincoli gerarchici facenti capo alla p.a., neppure possono essere considerati, a differenza di quanto accade per gli amministratori delle altre società a partecipazione pubblica, come investiti di un mero munus privato, inerente ad un rapporto di natura negoziale instaurato con la medesima società. Essendo essi preposti ad una struttura corrispondente ad un’articolazione interna alla stessa p.a., è da ritenersi che essi siano personalmente a questa legati da un vero e proprio rapporto di servizio, non altrimenti di quel che accade per i dirigenti preposti ai servizi erogati direttamente dall’ente pubblico”.
Ma dov’è la verità e qual è la legge che norma tale presunta incandidabilità? Il decreto legislativo del 31 dicembre 2012, n. 235 è un testo unico, che dà disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. Nelle avvertenze alla lettera f parla di “prevedere che le condizioni di incandidabilita’ alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresi’ all’assunzione delle cariche di governo”.
Il decreto legislativo dell’8 aprile 2013, n. 39 norma le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, ma non comprende anche il diritto alla candidabilità.
“Nel nostro paese uno dei problemi conclamati è la proliferazione di norme che spesso non danno certezza del diritto e per questo a volte non vengono neanche applicate. Nel merito le norme sulla incandidabilità o sulle incompatibilità tra ruoli già esistono e in nessuna di esse (a quanto mi risulta) è prevista nel mio caso. Ora, è vero, si può sempre parlare di opportunità, sensibilità istituzionale, ecc… questi sono però concetti non definibili oggettivamente ma rientrano nel perimetro soggettivo di ognuno. Il mio perimetro prevede di comportarsi al meglio e nel rispetto del ruolo rivestito sempre, prima, durante e dopo le elezioni”, aveva scritto la settimana scorsa il prof Russo sui social.
A l’Immediato aggiunge altri elementi. “Ho firmato le cause di ineleggibilità, ex decreto 235 del 2012, ma è cosa diversa dall’inconferibilità – spiega il prof Russo a l’Immediato -. Il mio ruolo è quello di amministratore unico, sono un soggetto di vertice di società private in controllo pubblico. Mainiero confonde la figura di amministratore unico con quello del direttore generale della Asl, ma anche su questo l’articolo 3 comma 9 del decreto legislativo 502 del 1992, riguardante la Sanità, che prevedeva che il direttore generale si dimettesse 6 mesi prima di essere candidato, è stato abrogato dal decreto 39 del 2013. Pur essendo una società particolare, i dipendenti di Sanitaservice non sono dipendenti pubblici. La domanda è semplice: qual è la norma che vieta la mia elezione? Non possiamo restare attaccati ad una interpretazione, tra l’altro errata perché quella sentenza riguarda un’altra faccenda. Sul concetto di opportunità si può discutere, io potrei dire che è inopportuno che una bella ragazza si candidi. Quello che viene addebitato è una scorrettezza, una possibile gestione clientelare in campagna elettorale, ma la gestione clientelare dovrebbe essere un problema sempre. Credo invece che si vogliano mettere sul braciere delle tematiche per distogliere la campagna elettorale dai temi veri del territorio, si vuol creare confusione, individuando un nemico da colpire col lanciafiamme. Ma alla fine, se fossi incandidabile lo sarei anche se mi fossi dimesso”.
Il docente conclude con una battuta statistica da Calcolo delle Probabilità: “Se sono davvero ineleggibile, Mainiero dovrebbe essere contento, da un terzo di possibilità per la sua candidata al Senato passerebbe ad averne la metà. Puoi arrivare primo o secondo, vinci comunque, l’unico problema è arrivare terzo”.