
di MICHELE IULA
Una cittadella della salute di 25 ettari, al pari del Policlinico di Bari. Un accesso “monumentale” su viale Pinto, funzionale allo snellimento del traffico che non consente attualmente una efficiente mobilità. Nuovi parcheggi e un’elisuperficie. Il nuovo ospedale di Foggia e la riqualificazione del monoblocco, con la demolizione delle opere obsolete (le prime risalgono agli anni Cinquanta), in alcuni casi a rischio crollo in caso di eventi sismici. Il governatore Michele Emiliano, durante la prima visita istituzionale (l’ultima volta è stato ricoverato a causa della rottura del tendine d’Achille), ha potuto valutare direttamente la necessità di intervento, soprattutto negli “ipogei” delle palazzine senza ascensore tra il pronto soccorso e la rianimazione: qui, tra i pilastri di discutibile fattura, qualcuno ha pensato bene di piazzare un crocifisso, quasi una richiesta d’aiuto divino contro potenziali eventi nefasti.
Il neo direttore generale Vitangelo Dattoli ha fissato la deadline dell’immane progetto, naturale prosecuzione del lavoro dell’ex dg Tommaso Moretti, presente all’incontro di oggi. Entro un anno il percorso di riqualificazione dovrà essere concluso. Il policlinico di Foggia cambierà volto, ancora una volta, dopo l’intensificazione dei cantieri durante il governo Nichi Vendola. Ma il completamento del “contenitore” dovrà essere accompagnato da un corposo intervento sulla dotazione organica, dopo gli errori di valutazione – al ribasso, come ha sottolineato il rettore Unifg Maurizio Ricci – all’inizio degli anni Duemila. I dati sul personale, infatti, sono “deprimenti”, utilizzando la terminologia del dg.
Mancano all’appello ben 767 unità: 130 medici, 391 infermieri, 208 per il personale tecnico-sanitario e 38 altre figure necessarie per gli apparati amministrativi. Una voragine che difficilmente potrà rendere “concorrenziale” il nosocomio di riferimento del nord della Puglia. Finora, come sottolineato, i dipendenti hanno fatto più del dovuto per garantire i servizi e limitare la fuga di pazienti verso le altre regioni frontaliere. Uno sforzo che non potrà essere replicato per molto tempo ancora.
“I risultati raggiunti finora a Foggia fanno onore a questa provincia – ha spiegato Dattoli -, a gennaio avremo l’ennesimo risultato di rilievo con il primo trapianto dell’equipe del professor Carrieri. Dal punto di vista urbanistico e delle strutture, il 2018 sarà un anno decisivo: risolveremo gran parte dei problemi di questo ospedale. Il dipartimento di emergenza-urgenza e l’area cardio-toraco-vascolare saranno tasselli importanti per questo rilancio. Nelle more, è arrivata in questi giorni la risposta – in soli 30 giorni – dal direttore del dipartimento sanità, Giancarlo Ruscitti, per risolvere le criticità strutturali del monoblocco. Tutti segnali positivi, che danno il senso della volontà di far diventare questo policlinico un punto di riferimento della Puglia”.
Emiliano, sul punto, è stato chiaro: “Più volte è stato citato il policlinico di Bari come modello, e questo va bene. Ma qui si può avere molto di più, ma bisogna andare a prenderselo”. Un messaggio che non lascia spazi interpretativi. Il progetto urbanistico ambizioso presentato oggi, che ha trovato ampia condivisione da parte del sindaco di Foggia Franco Landella, dovrà essere la base per il rilancio della sanità pubblica foggiana proprio nel periodo di maggiore flessione. L’impressione è che si tratti di un giro di boa decisivo. In questa partita di rilievo regionale, un ruolo importante verrà giocato dall’attivazione della Cardiochirurgia, una delle richieste più pressanti degli ultimi tempi. Anche in questo caso, tuttavia, oltre agli interventi strutturali, serve il personale. “I concorsi sono partiti, speriamo di far coincidere la tempistica per essere pronti nel momento opportuno”.
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Gli hub su cui innestare lo sviluppo sono sei: il centro trapianti (verrà attivato all’inizio del 2018), il centro immuno trasfusionale (officina di riferimento dell’area Nord), la procreazione medico assistita (passerà dal primo al terzo livello, diventando l’unico centro pubblico in Puglia), la stroke unit, la nuova sede ed il potenziamento del Cav e lo sten stemi. L’altro tema di cui dovrà prendersi cura la politica regionale è quello delle scuole di specializzazione. Non proprio una faccenda accademica, visto il ruolo di compensazione degli squilibri di personale degli specializzandi. L’impegno richiesto a Bari è di 1,3 milioni di euro (20 milioni in 15 anni) per colmare i mancati trasferimenti. Il rischio è che, nel giro di due anni, si perdano ben sei scuole (anatomia patologica, chirurgia plastica, endocrinologia, oftalmologia e ortopedia). “Questa è una ipotesi da scongiurare – ha concluso Emiliano -, perché chi si specializza fuori poi non torna qui per lavorare. Oltre al blocco del turnover, che ha messo in ginocchio la sanità pugliese, ci troveremmo con l’impossibilità di assumere anche se ci saranno le risorse economiche”.