Il miglior panettone (vegano) d’Italia è del Gargano. Gambero Rosso premia il forno Sammarco

“È vegan correct ma non punitivo. Il segreto del Panterrolio è quello di non scimmiottare il panettone classico. Antonio Cera, titolare del forno Sammarco, fa cose strane ma non astruse. Nel suo dolce di Natale animal free ha sbrigliato la creatività e l’ha sposata al territorio centrando in pieno l’obiettivo. Farina di grano tenero Abbondanza integrale, zucchero, olio evo di peranzana, burro di cacao, lecitina di soia, olive (cellina di Nardò candite da Corrado Assenza) e cioccolato – e nient’altro! – uniti al lievito madre danno vita a un dolce basso che nell’aspetto esterno è molto vicino al fratello burro e uova, con la superficie color castagna. L’impasto è violaceo e un po’ serrato ma soffice, arricchito da gocce di buon cioccolato e dalle succulenti olive semicandite al posto di uvetta e agrumi. Il naso ci porta in un affascinante mondo vegetale fatto di sentori minerali e tostati, di legno, mandorle, carrube, lievito madre e buon pane integrale raffermo. Il sapore è gradevolmente austero e poco dolce. Lascia la bocca un po’ grassa e patinata ma senza disturbare più di tanto”.

È questa la motivazione del Gambero Rosso per il premio al miglior “anti panettone” d’Italia. Nell’articolo curato da Mara Nocilla viene spiegata la complessità alla base di un prodotto che di diritto sbanca la concorrenza dei “grandi lievitati natalizi vegani, dolci simili al panettone ma realizzati senza uova, né burro, né latte”.

“Quest’anno – scrivono sul portale – le prove per il panettone sono state tantissime nella redazione del Gambero Rosso: con ben tre degustazioni realizzate alla cieca (per ora, ma ce ne saranno delle altre) da un panel costituito da pasticcieri, esperti in analisi sensoriale, giornalisti e critici enogastronomici, e anche un chimico industriale, con ripetuti allineamenti e riassaggi con l’obbiettivo di stilare classifiche il più equilibrate possibile. Nelle tre sessioni abbiamo voluto scoprire il migliore panettone della sua categoria: alta pasticceria, aziende specializzate e, ultima, vegano. Ebbene sì. Noi lo abbiamo chiamato anti panettone, perché panettone, anche ai termini di legge, non si può chiamare. Si tratta di prodotti che soddisfano la richiesta di una piccola fetta di consumatori che segue un’alimentazione priva di derivati animali, “il 2,8% della popolazione adulta” precisa Paola Cane, direttore dell’Osservatorio VEGANOK (il 3% secondo il Rapporto dell’Eurispes e la ricerca Eurisko pubblicati nel 2017, che però includono i bambini n.d.r.), con un incremento del 2,1% rispetto al 2016 e un giro d’affari intorno ai 700 milioni di euro”. Un mondo, quello vegano, attualmente senza regole. ‘Non esistono linee guida dell’alimentazione vegetariana e vegan, nonostante siano state invocate dal regolamento UE 1169/2011, articolo 36” denuncia Paola Cane ‘attualmente ci sono solo autocertificazioni volontarie e disciplinari privati che possono essere più o meno talebani o permissivi’. Un far west del cibo animal e cruelty free con una crescita non solo dei consumi: anche della palatabilità, di pari passo all’aumento della domanda, ‘soprattutto nei dolci, come è successo con i prodotti gluten free’. La prova provata è il dolce di Natale primo classificato, vegan correct sì, ma non punitivo. La dimostrazione che quando si getta il cuore oltre l’ostacolo ortodossia vegana e bontà possono andare d’accordo””.

“Comunque la pensiate – concludono – c’è sempre più interesse per questo regime alimentare che, nel caso specifico dei dolci tipici del Natale, incappa in ostacoli di non poco conto: il divieto di utilizzare burro, uova e latte esclude tre degli ingredienti principali di questi lievitati. Non è stato semplice, per noi, trovare delle alternative valide”.