di A.S.
Patria, made in Italy, famiglia, legalità. “Solo grandi patrioti fanno grande l’Italia”. “Noi riconosciamo la nostra madre Patria solo quando siamo sul punto di perderla”. Con questi claim e con queste parole i dirigenti e militanti dei Fratelli d’Italia di Capitanata sono tornati dalla due giorni del congresso di Trieste. E con la suggestione del ricordo dello studente foggiano, nominato da Giorgia Meloni durante il suo intervento, il sedicenne Leonardo Manzi, detto Nardino, uno dei 6 italiani morti nei moti del 1953, durante la manifestazione del ritorno di Trieste all’Italia, quando una intera città triestina insorse per poter issare la bandiera italiana sul municipio.
“La nazione ha bisogno che le persone di buona volontà la difendano da qualsiasi straniero voglia occuparla, questa nazione ha bisogno che noi torniamo a credere in lei”, ha detto Meloni nel chiamare “i patrioti contro i traditori” e nel lanciare le nuove categorie di “chi ama l’Italia” e di chi la mette al fondo. “Prima l’Italia, prima gli italiani”, è lo slogan sovranista. Periferie contro salotti, il paradigma. La terza via tra il moderatismo di Forza Italia e l’estremismo della Lega di Salvini passa per Giorgia Meloni dall’affermazione di una nuova sovranità nazionale dentro l’Europa iniqua dell’euro.
Giuseppe Mainiero, Giandonato Lasalandra e gli altri hanno scelto come rappresentanti alla Direzione Nazionale per la Capitanata Gianvito Casarella, Antonella Zuppa e Salvatore Valerio. Una delegazione, selezionata per territori.
“Il nome del partito non è cambiato – spiega al nostro giornale web Ivan Russo, responsabile dell’organizzazione – tutti stanno fraintendendo, è rimasta nel simbolo la fiamma, mentre abbiamo abbandonato la dicitura An-Msi. C’è uno spostamento maggiore a destra rispetto al 1995, allo stesso tempo il ritorno di Crosetto mostra tutta la pacatezza della nostra identità, che sta soprattutto nel difendere la nostra italianità. C’è stato un appello ai patrioti. Il nostro è un nazionalismo, nel senso buono. Dobbiamo amare la nostra nazione, farci rispettare nel mondo”. In una avanzata della destra e dell’ultradestra soprattutto al Nord, qual è la differenza tra i Fratelli d’Italia e la Lega o anche Forza Nuova e gli altri gruppi? Secondo Russo è facile marcare una linea. “Dal 1992 ad oggi noi non siamo mai stati sfiorati da scandali, anche chi ha sbagliato, come Gianfranco Fini, è fuori, secondo lo schema di Giorgio Almirante”. La stessa cosa non si può dire della Lega o degli azzurri berlusconiani. La destra dei meloniani è anzitutto legalitaria, si rifà a Paolo Borsellino e ai valori della giustizia.
“Onestà, pulizia, correttezza, a noi il M5S non deve insegnarci nulla”, aggiunge il dirigente. “Giuseppe Mainiero è la dimostrazione lampante del nostro modo di fare politica. Quando una coalizione non rispetta i patti, non si può restare in maggioranza. Nella guerra in atto tra Fratelli d’Italia e Landella non c’è nulla di personale. Mainiero ha spiegato al sindaco che avrebbe dovuto aprire gli occhi su una tecnostruttura che con diversi colori politici ha creato debiti per l’Ente. Quella tecnostruttura andava smantellata e invece Landella si n’è fatto ammaliare”.
Resta però il tema dell’alleanza per le Politiche, che a Trieste non è stato ancora dipanato. “Noi non siamo stampella di nessuno – specifica Russo -. Giandonato Lasalandra non si è ancora seduto al tavolo. Angelo Cera si è fatto un film sulla sua possibile candidatura all’uninominale. Se noi dovessimo correre da soli, non prenderemmo nessun seggio al maggioritario, questo è scontato. Ma se dobbiamo andare con gli alleati, non possiamo accettare qualunque nome ci propinino. Se l’Udc vuole garantire Angelo Cera non potrà mettercelo nell’uninominale. Altra storia è invece quella di Giandiego Gatta, con lui problemi non ce ne dovrebbero essere”.