
di ANTONELLA SOCCIO
Una sconfitta su tutta la linea per il Comune di Foggia sull’ex distretto militare. All’esito dell’udienza pubblica dello scorso 7 novembre 2017, in data odierna, la sezione II del Tar di Bari, in ordine al ricorso presentato dalle famiglie alloggiate nella ex Caserma Oddone, ha pronunciato un’ordinanza collegiale con la quale riconferma la sospensione dei provvedimenti di sgombero impugnati. E ha disposto ulteriori prescrizioni in capo al Comune di Foggia rinviando la causa per la discussione al 20 marzo del 2018.
Gli avvocati Savino Pipoli e Alfonso Buono sono più che soddisfatti. “Il Tar ha disposto un ulteriore rinvio al 20 marzo 2018, il dato è significativo perché entro il maggio del 2018 il Comune dovrebbe giustificare l’utilizzo dell’immobile al Demanio, certificando nel dettaglio il suo cambio di destinazione d’uso”, spiega a l’Immediato l’avvocato Buono. L’Ente comunale in tutti questi mesi non è ancora riuscito a giustificare il suo “bisogno” strutturale della caserma.
Perché sgomberare le famiglie? Quali progetti ci sono per l’ex distretto? Come si intende razionalizzare la dispersione delle sedi comunali? Le risposte dell’Ente sin qui sono state insoddisfacenti, per il Tar. Secondo la giustizia amministrativa, infatti, il Comune non ha saputo dare giustificazioni adeguate a fronte della presunta valorizzazione del patrimonio immobiliare da attuare.
“Nel provvedimento si dice anche al Comune di inviare al Tribunale una relazione sui singoli individui e di illustrare a che a titolo le famiglie vivono nell’ex distretto. Tutti i ricorrenti erano soggetti sgomberati dallo Scivar nel 1999, uno stabile definito non idoneo dopo le indagini post crollo del palazzo di Viale Giotto. Quelle famiglie furono allocate lì per la questione dell’emergenza abitativa da un decreto di Agostinacchio”, continua il legale.
Il Tar chiede di fare una verifica su ciascuna famiglia (ne sono 19) rimasta all’ex distretto. Altri soggetti, con assegnazioni temporanee, in questi mesi, sono andati via. Ma 19 sono i nuclei invece che hanno piena legittimità ad occupare quella struttura e che hanno le carte in regola. Nel frattempo, come si sa, sono state rese operative dall’allora dirigente, l’ingegner Potito Belgioioso, anche le utenze, con la messa in uso di singoli contatori per l’erogazione dell’acqua e dell’energia elettrica (per il gas le famiglie provvedono con le bombole). Il Tar dunque sospende le ordinanze del sindaco Franco Landella e invita a fare la mappatura delle situazioni abitative, per verificare se la situazione di emergenza abitativa è stata superata oppure no.
“2 anni fa abbiamo subito il sequestro della struttura e poi il dissequestro da parte del Tribunale del Riesame. Ora l’ordinanza ha subito queste battute d’arresto. Secondo l’Ente pubblico quelle erano famiglie abusive. Ebbene, il riscontro giudiziario dice l’opposto contrario: non sono abusivi. Noi sosteniamo che non siano occupanti abusivi. Inoltre, oggi si è normalizzata la situazione evitando di far gravare le spese dell’acqua e della luce sulla collettività. Si è data una stabilità ulteriore a tutta la vicenda”.
Anche l’avvocato Pipoli è ottimista nei confronti dei suoi assistiti. “Il Tar ha confermato la sospensiva, i ricorrenti possono continuare ad occupare gli alloggi, ha invitato il Comune di fare una relazione, l’Ente non è riuscito a giustificare il motivo per cui l’ex distretto dovrebbe diventare sede di nuovi uffici pubblici o una zona verde. Si ritiene che prevalgano le esigenze abitative rispetto a quelle della ordinanza. Il Comune sostiene di adibire quei locali per altre finalità, ma queste finalità sono bocciate dalla giustizia amministrativa. Perché l’utilizzo abitativo avrebbe dovuto cedere il passo ad una funzione ad uso uffici pubblici?”
In questo interrogativo c’è tutto il corpo della tesi difensiva. Quel bene nasce come Demanio militare e col decreto Monti è stato trasferito all’ente locale, che avrebbe dovuto valorizzarlo. “Ma la valorizzazione come uffici pubblici e aree a verde deve essere bilanciata da altri interessi. L’esigenza abitativa non può essere mai recessiva rispetto ad altri usi”, conclude Pipoli.