Peculato e “grattini”: due anni di reclusione per Monterisi, consigliere di Cerignola

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Nuovi guai giudiziari per l’amministrazione Metta di Cerignola. Questa volta ad inciampare è Michele Monterisi, consigliere comunale e tra i primi ad aver seguito, sin dal 2010, la cavalcata di Franco Metta a Palazzo di Città. Il 20 dicembre scorso, difatti, la Corte di Appello di Bari ha confermato una condanna per peculato a 2 anni di reclusione, pena sospesa, in relazione alla gestione della sosta tariffata avviata nel 2004 dall’allora giunta Giannatempo.

In manette, nel 2005, ci finì anche l’ex primo cittadino, salvo poi essere assolto nel 2010 con formula piena. Il peculato contestato a Monterisi, ha seguito un iter processuale contorto. Nel 2005 Cerignola viene segnata dall’inchiesta “grattini”. In manette ci finirono esponenti di primo piano della politica locale perché, secondo il pubblico ministero, c’era stato un miscuglio di interessi che aveva garantito postazioni di privilegio e di utili per alcuni imprenditori e politici. Le accuse per i 12 indagati, a vario titolo, furono di corruzione, turbativa d’asta, peculato, minacce a pubblico ufficiale. Nel 2008 il Tribunale di Foggia condannò tutti e 12 gli indagati; successivamente, nel 2010, la Corte di Appello di Bari li giudicò tutti innocenti ribaltando a sorpresa la sentenza foggiana. In quel momento, con l’avvenuta assoluzione, Antonio Giannatempo potè ricandidarsi e prendere nuovamente in mano la città di Cerignola, vincendo al ballottaggio contro il piddino Berardino Tonti.

Al ribaltone barese, però, seguì il ricorso in Cassazione promosso dal Procura Generale. La Cassazione nel 2013 rimandò indietro l’inchiesta, che da quel momento ha iniziato a correre sul filo della prescrizione. Così il 20 dicembre scorso, la Corte d’Appello di Bari ha riconfermato la condanna inflitta a Michele Monterisi (e altri due collaboratori) accogliendo quanto sostenuto dall’accusa, perché i tre “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ed in concorso tra loro, nella qualità di soci e dirigenti della cooperativa Falcone e, pertanto, nella qualità di incaricati del pubblico servizio di parcheggi, grattini e rosso stop nel Comune di Cerignola, avendo la disponibilità del denaro versato dagli utenti del servizio, in luogo del consegnare al Municipio la quota spettante allo stesso, se ne appropriavano e lo destinavano alla cooperativa”. In sostanza, la cooperativa che aveva vinto l’appalto, di cui Monterisi era parte integrante, tratteneva i soldi dei cittadini senza versarli nelle casse comunali traendone un ingiusto guadagno.

Due giorni fa, a 10 anni dall’inizio dell’inchiesta, si è aggiunto un altro tassello al mosaico giudiziario: la Corte d’Appello di Bari – uniformandosi all’indirizzo della Cassazione- ha confermato le condanne ai danni di tre persone per il reato di peculato. Tra queste, appunto, vi è Michele Monterisi, oggi consigliere comunale e difeso nell’ultima udienza dall’avvocato Paola Tortorella. In aula, al momento della sentenza di condanna, anche l’avvocato Stella Vigliotti designato nel 2005 dal Comune di Cerignola, che nel frattempo si era costituito parte civile.

Per quanto riguarda la posizione di Michele Monterisi, nel cerchio magico del sindaco di Cerignola Franco Metta, dovrebbero aprirsi gli spiragli per l’applicazione della legge Severino con la relativa sospensione dalla carica consiliare: la Cassazione sarà chiamata ad esprimersi nei prossimi 18 mesi, per confermare o rigettare la condanna a 2 anni di reclusione inflitta al consigliere comunale civico.



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