Una nuova tac e 12 posti letto in più. Dal Pronto soccorso di Foggia prende corpo il modello di ospedale per intensità di cura, proprio nei giorni in cui l’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) dirama i dati sui tempi di attesa dei pazienti. Gli Ospedali Riuniti, secondo i dati ministeriali, sono in fascia positiva, superando di gran lunga molti ospedali romani ed alcuni nosocomi simili per numero di accessi del nord Italia. Ma si può migliorare ancora. Senza considerare il caso limite dell’Annunziata di Cosenza (il 23 per cento dei pazienti ha atteso oltre le 24 ore in corsia), infatti, in molte strutture la percentuale di pazienti che attendono un giorno intero è alta, tra il 12 ed il 17 per cento: si tratta del del Sant’Andrea, del Filippo Neri, del Policlinico di Tor Vergata, del Pertini e del Sant’Eugenio a Roma.
Poco sotto c’è il San Giovanni Bosco di Torino. Mentre, dall’altra parte del grafico – strutture con oltre l’85 dei pazienti trattati nelle 12 ore – c’è il Santobuono di Napoli che è riuscito a trattare pressoché ciascuno dei suoi oltre 100mila accessi in meno di mezza giornata. In Puglia, la situazione nei centri capoluogo di provincia non è particolarmente critica. Al Perrino di Brindisi il 99 per cento degli accessi (circa 60mila in un anno, dati 2014) viene trattato entro le 12 ore, mente l’1 per cento in un arco temporale che va dalle 12 alle 24 ore. Segue il SS Annunziata di Taranto (98 per cento entro le 12 ore, il 2 per cento oltre le 24 ore). Situazione molto simile al Policlinico di Bari, dove il 97 per cento trova risposta entro le 12 ore, l’1 per cento tra 12 e 24 ore, il resto dopo le 24 ore. A Foggia la percentuale di risposta nelle 12 ore scende di poco, al 94 per cento, e aumenta lievemente la forbice tra le 12 e le 24 ore (4 per cento), mentre il resto (2 per cento) viene trattato oltre le 24 ore. Un gradino sotto, il Vito Fazzi di Lecce, fermo al 93 per cento: qui aumenta (5 per cento) la capacità di risposta oltre le 24 ore.
Il “modello” Foggia
Dal 2010 in viale Pinto si sta provando a ridisegnare l’organizzazione interna del Pronto soccorso, con l’attivazione di posti letto per la medicina d’urgenza e la semi intensiva. Sono in corso i lavori per aumentare la dotazione, che nel giro di qualche settimana passerà da 13 a 25 letti. “Abbiamo ribaltato il paradigma – spiega il direttore Vito Procacci -, nella concezione tradizionale i pazienti venivano trasferiti direttamente nel reparto ritenuto più idoneo dove veniva trattato, magari in maniera inappropriata. Adesso, invece, vengono stabilizzati in Pronto soccorso – dove possono rimanere fino a 72 ore -, e soltanto dopo vengono trasferiti alla struttura più idonea. Ciò che conta, ora, è il lavoro di equipe che viene svolto qui: il paziente va via già con un quadro chiaro”. La logica si interseca con lo sforzo aziendale di definire i Pdta, i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali. L’obiettivo è quello di evitare che i pazienti facciano “giri a vuoto” all’interno delle strutture, o che facciano prestazioni o ricoveri inappropriati, indicatori decisivi nella determinazione dell’abbassamento della qualità dell’offerta e dell’aumento dei costi. La nuova Tac, che verrà inaugurata presumibilmente a dicembre, servirà a ridurre notevolmente i tempi di attesa per completare gli esami, che ora sono di un’ora e mezza. Secondo gli operatori questa latenza verrà pressoché annullata con la nuova macchina appena acquistata per il Pronto soccorso.
I numeri del Pronto soccorso
Gli accessi negli ultimi anni hanno subito un incremento, passando dai 61mila del 2013 a più di 63mila nel 2014 e nel 2015. Nel primo semestre del 2016, se ne contano 30.978: la gran parte riguarda codici verdi poco critici (14.530) e gialli mediamente critici (14.451); i codici bianchi sono stati 44, i neri (deceduti) 5, mentre i rossi ben 1947.