Bisogna essere amici dei mafiosi per non avere problemi. Questa, secondo il giudice che ha firmato l’ordinanza “Rodolfo”, sarebbe la filosofia di Franco Curcelli, imprenditore foggiano, titolare della Cereal Sud srl. “Gli amici tieniteli stretti, i nemici anche più stretti”, dicevano ne “Il Padrino”. E Curcelli con i boss locali si frequentava almeno da dieci anni. Soprattutto con Emiliano Francavilla che dal carcere scriveva tenere lettere rivolte all’amico Franco, alla dipendente della Cereal, Assunta Giampietro detta Claudia e “all’amore suo”, Gabriella Capuano, 39enne avvocato. Dalle missive emergono vere e proprie direttive, impartite dal boss a Curcelli e Giampietro, a relazionarsi per il pagamento delle tangenti estorsive con la Capuano, sua compagna. Ecco di seguito, le lettere integrali recuperate dall’ordinanza. Nel testo spunta anche un certo “tempo zero”, si tratterebbe di Rocco Dedda, l’uomo che riscuoteva tangenti per conto dei Sinesi-Francavilla, ucciso lo scorso gennaio a Foggia.
Prostitute per l’imprenditore
Sesso in cambio dei favori. Ecco perchè Vito Lanza, uomo di punta dei Moretti-Pellegrino, l’altro clan foggiano che riscuoteva tangenti da Curcelli, proponeva persino prostitute all’imprenditore: “Se vuoi fare una frecata amico mio, tengo una ragazza di 23 anni… vieni qua”. Curcelli alla Giampietro: “Lanza dice che tiene femmine una meglio, meglio, meglio…” “Eh, ma sono buglie”, risponde la donna. “Sulla prostituzione… ha detto manco un problema (con riferimento all’attività di sfruttamento della prostituzione a cui Vito Lanza sarebbe dedito)”. Giampietro: “Fa parte del mestiere, invece di tenerle in mezzo alla strada… (le prostitute nella cerchia di Lanza eserciterebbero l’attività in casa)”.
Piaga sociale
“I fatti sono odiosi e sono espressione di una vera e propria piaga sociale che pervade il territorio foggiano”, scrive il giudice nel motivare le esigenze cautelari. “I mafiosi foggiani non hanno remore ad instaurare con gli imprenditori rapporti di dipendenza continuativa forti del potere intimidatorio e del profondo senso di omertà inculcato nelle vittime”, queste ultime ormai “rassegnate e adeguate a tale meccanismo pur di poter continuare a lavorare“. Per il giudice “non è un caso che Curcelli e le dipendenti Giampietro e Del Mastro non abbiano mai collaborato”.
La mafia locale “incallita nel crimine”, è sempre pronta a “dissanguare l’imprenditore-vittima pur di raggiungere i propri obiettivi illeciti”. Il tutto alimentato da un “radicato senso di impunità”. “Subdolo e pericoloso appare Emiliano Francavilla. Egli infatti imposta, in maniera calcolata, un approccio amichevole con Curcelli, quasi “ruffiano” al fine di indurlo ai pagamenti, con cadenza costante e senza indispettirlo”.