Per il momento non c’è nulla di concreto, se non qualche slide alla Renzi. Ma il “piano di riordino” sanitario della Puglia già fa parlare parecchio. Le chiusure degli ospedali annunciate dal braccio operativo di Michele Emiliano, Giovanni Gorgoni, durante l’ultimo incontro a Bari, sono viste con scetticismo da parte degli addetti ai lavori. Il motivo? Sui “tagli” non c’è nessun atto politico ufficiale, nessun passaggio in giunta né in commissione. Eppure quelle sintesi, piene di “dati asettici senza senso”, sono numeri che non tengono per nulla in conto i bisogni di salute dei territori.
“Emiliano ha fatto peggio del peggior Vendola – ha dichiarato a l’Immediato il vicepresidente della Regione, Giandiego Gatta -, il documento che è stato dichiarato è un oltraggio alla provincia di Foggia”. Del resto, l’avvocato manfredoniano non poteva dire il contrario, se è vero che l’ospedale sipontino soffre da tempo il paradosso di un presidio di base alla porta del Gargano, dove ogni estate arrivano milioni di turisti. “Se così fosse – ci dicono fonti accreditate -, sarebbe una mazzata alla salute. Ci sono regolamenti che stabiliscono la ripartizione degli ospedali per livelli di complessità, e la provincia di Foggia, nelle intenzioni, non ha un centro di primo livello. Si considerano i numeri, non i bisogni di salute delle popolazioni”.
Difatti, la ripartizione del rapporto posti letto-popolazione è fatta su base regionale, ma nessuno ha tenuto conto (almeno finora) della composizione orografica della Capitanata: i Monti Dauni (con le strade dissestate) e il Gargano sono una prerogativa unica rispetto al contesto regionale. Diverso è il caso del Salento, dove sono state garantite le 6 strutture esistenti. “So benissimo che per arrivare dal Subappennino al primo centro di secondo livello (gli Ospedali Riuniti di Foggia) ci vuole più di un’ora – afferma il direttore dell’Asl, Vito Piazzolla -, ma so anche che c’è un disequilibrio del 65 per cento tra costi e ricavi. Inoltre, come mai in provincia di Foggia ci sono 220 ricoveri ogni 1000 abitanti rispetto alla media di 158 in Puglia? A queste domande bisognerà dare una risposta in termini pratici”.
Tutte questioni che non vengono tenute in grande considerazione dai territori. “Non abbiamo le schede dettagliate degli ospedali – ci spiegano dai nosocomi del territorio -, non sappiamo quali reparti vorranno tenere in piedi e se la disciplina del decreto 70 verrà rispettata, e come…”. Nel frattempo, i sindaci si mobilitano. A cominciare da Cerignola, dove Franco Metta e la sua giunta hanno messo a punto una richiesta molto chiara: “Il Tatarella deve essere centro di primo livello”. “Non cadiamo nelle provocazioni del governo Emiliano – spiega il sindaco cerignolano -, non faremo mai la guerra tra poveri, scannandoci per qualche posto letto in più. Siamo consapevoli di quello che abbiamo, delle nostre eccellenze e dei reparti insostituibili, come la fibrosi cistica che fa mobilità attiva e la dialisi che al momento ha in cura 100 pazienti. Dove andranno domani, a Foggia forse? Evidentemente sul punto qualcuno continua ad essere un po’ confuso”. Per questo, l’interlocuzione con il sindaco di San Severo Francesco Miglio è serrata. “Giovedì faremo una manifestazione cittadina per esprimere il nostro dissenso, ci vogliono condannare a rinunciare alle nostre eccellenze nella salute, ma faremo di tutto per evitare di retrocedere di un solo centimetro, senza cadere nel trabocchetto preparato a Bari, secondo il quale dovremmo scannarci per strappare qualcosina in più rispetto all’annientamento dei servizi preparato da Gorgoni”.
Fermento si registra anche a Lucera (con il sindaco Antonio Tutolo alle prese con l’ennesima battaglia per salvare il “Lastaria”) e Manfredonia, dove Angelo Riccardi aspetta di vedere le carte per partire all’attacco. Nel frattempo, c’è qualcuno che comincia ad avere nostalgia dell’ex governatore Raffaele Fitto: “Almeno lui ebbe il coraggio di girare i comuni, affrontando le resistenze”. E perdendo le elezioni nel 2005. Ecco, forse è questo il punto: riuscirà il governatore-assessore Emiliano a fare l’equilibrista tra i tagli imposti dal governo centrale e la necessità di consenso politico? Al momento, pare proprio di no.
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