Una diagnosi drammatica e la previsione di pochi mesi di vita. Il mondo diventa improvvisamente un luogo oscuro, come il male riscontrato. Le relazioni precipitano, favorendo i processi della malattia. L’unica speranza è nel cervello. Così, un gruppo corposo di foggiani ammalati di cancro (Gama), si incontra periodicamente nella sala conferenze della Radioterapia degli Ospedali Riuniti di Foggia, con l’ex direttore sanitario Antonio Battista ed il dottor Nino Prudente, per “curarsi” con le cure complementari: dal Reiki al tango. Un percorso che, accoppiato alle cure tradizionali, permette di uscire dal tunnel della solitudine, allungando la vita.
“Siamo un gruppo di avanguardia – ammette Battista -, perché la lotta con il cancro, se è solitaria, è difficilissima. Ormoni e sistema nervoso centrale, attraverso le nostre emozioni, governano tutto l’individuo. E se l’ansia non viene gestita, si attivano processi deleteri – dal fumo alla cattiva alimentazione – che provocano compensazioni autodistruttive. Quando invece migliorano le relazioni, migliora anche l’organismo. Per questo, il policlinico di Foggia punta a divenire polo di riferimento delle cure complementari“.
A molti, nella sala piena di pazienti, avevano diagnosticato pochi mesi di vita. Invece, dopo anni di attività – dalla fitoterapia all’omeopatia, sino allo Yoga -, gli spettri sono stati allontanati di molto. “La salute – hanno precisato – è prevenzione primaria, per questo siamo convinti che non servono medici e infermieri, quanto piuttosto filosofi e psicologi”. Salubrità dell’aria, della terra e dell’acqua – quindi del cibo – sono fattori determinanti. “Qui non ci limitiamo a fare quattro chiacchiere tra amici, ma puntiamo a divenire il presidio d’eccellenza in Puglia”.
Del resto, basta guardare ai dati sciorinati dal dottor Prudente per comprendere quale sia il potenziale di questa frontiera. “Il 70 per cento del nostro cervello è caratterizzato dalla componente emotiva, che condiziona il Dna e produce effetti sulle mutazioni cancerogene. La paura, dunque, fa il gioco del cancro: chi pensa negativo perde il 25 per cento dell’efficacia dei farmaci della chemio“. La “teoria delle 3 P”, con i pilastri della prevenzione e della “preghiera dell’abbandono”, incrocia le dinamiche ancestrali dell’uomo. “Riscontri importanti – ha precisato Prudente – mi sono arrivati dai pazienti musulmani, i quali quando chiedo ‘come stai?’, mi rispondono: Inshiallah, come vuole Dio”. Scienza e fede così si intersecano nel cervello primordiale dell’uomo. “I limiti della medicina sono ancora troppi – affermano -, tra i dubbi più importanti c’è quello della crescita del diabete. E sul cancro le zone d’ombra sono troppe…”.
Medici e salutisti, le storie di chi ce l’ha fatta
Qualcuno fumava 30 sigarette al giorno. Qualcun altro, invece, seguiva un’alimentazione ferrea e praticava sport tutti i giorni. Due stili di vita completamente differenti, sfociati nello stesso male. “Provo rabbia per la mia malattia – spiega Paola -, ho sempre avuto una vita sana, facevo la maratoneta. Quando a giugno ho scoperto di avere un carcinoma, mi sono chiesta: dove ho sbagliato?”. La domanda come un martello le ha ingolfato la mente. Adesso, la risposta arriva dalle relazioni, dallo scambio emotivo nel gruppo.
“Lo stress delle domande senza risposta è endogeno, molto più dannoso dell’esogeno, favorisce i processi degenerativi del cancro”, precisano i medici. Proprio per mettere in evidenza le storie “paradossali”, le malattie che scaturiscono da stili di vita impeccabili, è stata proposta una “banca dati” precisa. Perché l’unica ancora al momento sicura è lo studio dei dati statistici. Prima dei numeri, tuttavia, c’è l’uomo con la sua carica di umanità. “Grazie al cancro – ha spiegato Anna Maria – ho capito l’importanza delle coccole“. Altri hanno compreso quali possano essere le ripercussioni negative della malattia. “Da quando mi sono ammalata mi sembra di essere un’appestata – ammette un’insegnante foggiana -, non ho più ricevuto nemmeno una telefonata dagli ‘amici’ storici“. Fino a chi ha dovuto rinunciare alla vita matrimoniale precedente. “Io e mio marito siamo due medici, quando mi hanno riscontrato il male lui è sparito”, dichiara una giovane donna. Un caso che si inserisce nella media statistica italiana, dove il 21 per cento degli uomini fugge dalla responsabilità, al cospetto dell’1,8 per cento delle donne. “Nel frattempo, mi sono risposata”, replica ridendo e intercettando lo spirito della comunità foggiana che ha dichiarato guerra al cancro con l’ottimismo.