Dalla sanità privata alla tivù, passando per la politica. L’Immediato ha intervistato Potito Salatto, imprenditore ed ex vicesindaco di Foggia nella Giunta Ciliberti, vertice dell’omonimo gruppo proprietario di diverse cliniche in Puglia e Basilicata (“Villa Igea” a Foggia, “Centro Vita” a Cerignola, “Madonna della Libera” a Rodi Garganico, “San Michele” a Manfredonia e “Luccioni” a Potenza). Dalle sue parole emerge uno spaccato di crisi profonda, dal quale si può uscire solo “fuggendo”. Dopo il mito della Romania è la volta dell’Albania o della Polonia. Sullo sfondo, il miraggio della rivoluzione “possibile” con Michele Emiliano. Quell'”amico di vecchia data” che non dovrà “farsi trascinare nelle solite logiche politiche”. Salatto è anche vicepresidente regionale di Aiop (Associazione italiana ospedalità privata).
Dottor Salatto, da tempo gli imprenditori della sanità privata denunciano – ormai inascoltati – lo stato di crisi del settore. Ma davvero è colpa della politica e non delle scelte degli imprenditori?
La vera responsabilità non è né nella politica né nell’impresa, quanto piuttosto nei cosiddetti manager e nei dirigenti. Stiamo affrontando una crisi senza precedenti semplicemente perché vengono fissati degli accordi che poi vengono puntualmente disattesi. Peraltro, l’intero settore è paralizzato dal clamoroso ritardo nella contrattazione. Prima ci è stato detto, nei primi sei mesi del 2013, di mantenere il pregresso; poi ci è stato dato un anticipo della somma prevista, fino a quando non sono cambiate le regole e ci ritroviamo in perdita.
Sta parlando della clinica San Michele di Manfredonia?
Quello è l’esempio emblematico. Siamo accreditati per 35 posti letto nelle branche di geriatria e lungodegenza. Tale dotazione è figlia delle intese raggiunte in fase di riapertura della casa di cura dopo i noti fatti del 2010. Gli accordi iniziali prevedevano il mio impegno (allora era socio, NdR) a prendere in carico il problema della clinica, conservando il maggior numero di dipendenti possibile (superiore a quanto richiesto dalla norma) a fronte di una riconversione delle branche attuali. Tutto questo avrebbe comportato un riadeguamento del tetto di spesa – stando alle dichiarazioni dell’assessore regionale di allora – di almeno 2,8 milioni di euro. Cifra che avrebbe consentito alla società di coprire i costi di gestione necessari e in parte imposti dalla situazione sociale di Manfredonia. Ad oggi, dopo innumerevoli ispezioni di ogni genere, e dopo diversi e indefiniti tetti di spesa, ci ritroviamo a gestire una casa di cura con 2.176.000 euro, situazione che provoca uno stato di irreversibile crisi economico-finanziaria. Perciò dovrò prendere provvedimenti gravi ma necessari…
Il suo è un esplicito riferimento ai licenziamenti. Non sarebbe il primo peraltro…
A gennaio sarò costretto a lasciare per strada 60-70 persone. È l’effetto delle decisioni della politica e dei vertici dell’Asl di Foggia, che ormai non mi lasciano alternative.
Eppure il direttore generale, Attilio Manfrini, non la pensa proprio così, visto che ci sono 6 milioni di euro di prestazioni effettuate sulle quali bisogna far chiarezza.
Ci hanno fatto tutte le verifiche di questo mondo, sin dal 2010, quando venne riconosciuta dal dottor Franco Carella la riconversione nosologica. Nel 2011 ci verificarono le attività ambulatoriali. Ad ottobre dello stesso anno fu la volta del servizio mensa. A marzo del 2012 il Nir, nucleo ispettivo regionale, sente il bisogno di acquisire documentazioni già più volte consegnate, prima di revocarci l’autorizzazione alla radiodiagnostica: elemento decisivo per il fabbisogno della popolazione e gli introiti della casa di cura. Da gennaio 2013 ripartono i controlli, a luglio ci chiedono la verifica dei requisiti generali di autorizzazione e accreditamento. Persino i Vigili del Fuoco, nel 2014, vogliono avere lumi sui requisiti strutturali e organizzativi.
E sulle prestazioni che ha da dire?
Anche. I controlli tecnico-sanitari sulla regolarità delle prestazioni erogate sono stati altrettanto frequenti. In alcuni casi, prestazioni liquidate in acconto e quindi saldate solo dopo il completamento dei controlli, verifiche e approvazioni mensili dell’apposita commissione ispettiva dell’Asl e della Svim Service, società barese incaricata dei controlli. Poi è iniziata la fase dell’Uvar (Unità di Valutazione dell’ Appropriatezza dei Ricoveri). L’ultima, del dicembre 2011, ha incaricato i medici dell’Asl di Bari, tra i quali si segnala la particolare presenza dell’ormai noto dottor Picciariello, con la quale ha stipulato una convenzione onerosa, di effettuare nuove verifiche straordinarie per il periodo 2008-2010, che tra l’altro era già stato verificato e liquidato. Da quest’ultimo controllo è emerso un verbale di contestazione assolutamente incompleto, nel quale si trova un elenco di cartelle cliniche idonee o meno senza alcuna traccia delle motivazioni addotte per tale giudizio. Nè si è mai avuta risposta alla nostra richiesta di chiarimento.
Negli ultimi tempi il suo nome è stato affiancato al suo competitor Paolo Telesforo. I vostri interessi non sono mai stati così vicini come in questo momento. Lei ne ha bisogno per non cadere sotto l’ascia del decreto Balduzzi.
Ci sono 36 posti letto che dovranno essere destinati alle cliniche della provincia di Foggia. Ne va dell’assistenza per il territorio e della tenuta economica e occupazionale delle imprese. Il governo Monti ha voluto imporre un limite minimo di 60 posti letto alle cliniche, per favorire la fusione tra i gruppi. Con i 36 posti letto, da dividere con Telesforo, risolveremmo il problema. Altrimenti bisognerà trovare soluzioni alternative…
Nella partita entra sicuramente il futuro del Don Uva. Pensa di poter chiudere l’operazione con Telesforo?
Sicuramente, a meno che lui non voglia farlo con i baresi. In via Lucera lasciano ogni anno per strada 3 milioni di euro, soldi assegnati e mai spesi. Uno spreco se si pensa che c’è una grandissima richiesta di quelle prestazioni. Non si può lasciar morire un’eccellenza del territorio. È questo il momento dell’unità per far si che un importante presidio – non solo per la Capitanata ma per la Puglia – venga gestito dai foggiani. Ma serve comprendere come dovrebbe essere gestita l’intera partita debitoria, superiore ai 500 milioni di euro, per gran parte di esposizione nei confronti degli istituti di previdenza. La partita in questo caso deve essere gestita dallo Stato.
Non le sembra contraddittorio annunciare tagli da una parte e acquisizioni dall’altra?
No, perché ogni situazione fa storia a sé. Manfredonia è in perdita, e un imprenditore non può accollarsi un rosso in bilancio per troppo tempo. Diverso è il caso del Don Uva, che a regime, dopo tre anni di attività per la messa in sicurezza dei conti, potrebbe cominciare a produrre con risultati interessanti.
Negli ultimi anni ha più volte annunciato di voler andare via, magari in Russia o in Romania. Davvero pensa che non si possa fare più impresa in Puglia?
Ci ho pensato diverse volte. Ma non credo sia il caso investire in quei territori, ci sono altre realtà più interessanti. Pensa all’Albania o, soprattutto, alla Croazia, un Paese in fermento dopo l’entrata nell’Unione europea. Continuo a pensarci, non posso negarlo. E non è detto che non possa farlo un giorno…
Chi può far maturare questa idea, forse il prossimo governatore?
La politica è importante nel nostro settore. Finora abbiamo assistito alla corsa al carro di Michele Emiliano. Lo conosco da moltissimo tempo, e con lui abbiamo molte idee comuni. Certo finora la politica sanitaria non è stata delle migliori, abbiamo avuto manager che non hanno gestito al meglio il denaro pubblico. Forse con l’ex sindaco di Bari potremmo avere tutti qualche chance di riscatto in più. Anche perché potrebbe davvero essere l’ultima occasione per una regione che deve far di tutto per allineare le province sul terreno della crescita, senza continuare a lasciare volutamente la Capitanata indietro.
Un’ultima domanda è doverosa, dopo tutti gli allarmi sulla chiusura delle televisioni locali in Puglia. Che fine farà Teleblu?
L’intenzione è quella di venderla entro marzo 2015. Ma devo metterla nelle mani giuste. Ho parlato anche con Euclide Della Vista, editore di Teleradioerre, proponendogli una gestione a 10mila euro al mese. Sto aspettando di capire quale sarà la giusta operazione. Una cosa è certa: con la tivù sto perdendo molti soldi ogni anno. E sicuramente non ho più voglia di continuare su questa strada.