La direzione provinciale del Pd ha approvato a maggioranza la relazione del segretario provinciale Piemontese. E’ l’ultimo di una serie di tweet che hanno scandito, intervento per intervento, gli scontri tra chi, nella riunione fiume di ieri sera durata oltre cinque ore, ha chiesto le dimissioni di Raffaele Piemontese e chi ha mostrato una posizione più morbida. L’unità del partito e “l’impossibilità di vivere perennemente un congresso”, non solo come spaccature derivanti dall’ultimo celebrato, ma come prospettiva futura, alla fine hanno prevalso. Insomma ci sono le regionali e le divisioni non aiutano, dunque qualche ammissione di errore da parte di Piemontese, una promessa di maggiore coerenza sulle primarie – ma non si capisce come- una condivisione di intenti. Resta al suo posto, il segretario.

Del resto che Piemontese non avrebbe rimesso il suo mandato, l’aveva detto subito, nonostante le pressioni da più parti. Il confronto non ha risparmiato critiche: hanno esplicitamente chiesto di lasciare Elena Gentile, Sergio Clemente- che però non è andato alla direzione- Tommaso Sgarro, il segretario cittadino di Cerignola che ha aggiunto: “Dovevi fare l’arbitro e ti sei messo a giocare”. Anche il consigliere regionale Dino Marino ha fatto un fugace cenno alle dimissioni, più netto è stato qualche esponente del nucleo di S. Severo: “Dovevamo votare per Miglio ma il circolo ha la sua autonomia”, con riferimento a quello del Pd che si è opposto a qualunque tentativo di conciliazione.
Lucera con un candidato di centrodestra cooptato dal Pd e da Emiliano, Orta Nova, che avrebbe pagato lo scotto di Iaia e della sua battaglia per la legalità, addirittura la non riconferma di Mongelli per la corsa a sindaco, questi i temi passati in rassegna dalla direzione. Con una specie di periodo ipotetico dell’irrealtà (se fosse capitato che….) Lorenzo Frattarolo ha riperso la fasi

della scelta del candidato: “Abbiamo umiliato Mongelli e scelto un candidato arrogante”. Il senno del poi e la piccola cronaca di quei giorni: “Sono stata aggredita dopo le primarie per averlo appoggiato”. Così parlò Elena Gentile, aggiungendo: “Hai sostenuto chi ti ha sostenuto al congresso, te lo dico con grande amarezza”, caro Raffaele.
Tutto questo vivace confronto è derubricato da Piemontese a “segno di un partito vivo”. In base al regolamento, dovrebbe essere l’assemblea degli iscritti a recepire le dimissioni del segretario. La precisazione è di Patrizia Lusi, candidata in coppia con Francesco Pastore. Quest’ultimo non ha usato mezzi termini in direzione, diversamente da molti suoi concilianti colleghi, volti nuovi. Oltre a chiedere le dimissioni, ha analizzato l’elettorato: “Noi percepiti come la borghesia e Landella come l’uomo del popolo”, e niente autoassoluzioni consolatorie: “Nonostante gli scarti dei numeri siano minimi, il risultato è negativo”.
Lusi non era d’accordo sulla remissione del mandato di Piemontese: “E’ stato eletto solo sette mesi fa, difficile in questo breve spazio creare unità nei territori, dobbiamo aprici alle associazioni, alle civiche, ai quartieri periferici che abbiamo trascurato, essere un partito inclusivo, come detto da Emiliano in direzione regionale facendo anche delle riunioni aperte”. E qui un cenno a Miglio: “La loro lista è fatta da molti dissidenti che non si sono più riconosciuti del Pd, gli strappi vanno ricuciti”.
Il povero Mariano Rauseo, segretario cittadino, ha mostrato tutta la sua estraneità alla vicenda apparentamento stretto tra socialisti e Marasco, alla presenza di Piemontese, nei giorni precedenti alle primarie: “Abbiamo perso a Fg perché non abbiamo fatto l’apparentamento e perché qualcuno ha barato alle primarie, io chiedo autonomia, ma non posso pagare le scelte fatte da altri”. Primarie gonfiate dai voti di alcuni socialisti, “quelli di Lonigro” che evidentemente hanno votato in quella sede, contribuito a far eleggere Marasco, e poi, ad accordo non rispettato con firma dell’architetto, hanno salutato: al ballottaggio sono andati al mare, e comunque non a votare. “Un’operazione scellerata, un accordo, anche senza valore giuridico, non rispettato”, dice Patrizia Lusi. Rauseo chiede autonomia, nelle sedi di partito in quei giorni si ragionò in base all’ ubi maior (Piemontese) minor cessat (Rauseo), solo che quest’ultimo proprio non lo sapeva.
Le urne hanno spazzato via gli accordi di palazzo firmati per superare lo scoglio primarie. Paolo Campo, ex segretario provinciale ed ex sindaco di Manfredonia, tra gli ultimi ad intervenire in direzione, ha spiegato il nodo Mongelli: “Anche per cause ascrivibili a lui era complicato candidarlo, il vero dato politico è che noi siamo ai minimi termini a Lucera e San Severo nonostante la crisi del centrodestra, i congressi non possono durare tre anni ma questa non è la sede dell’appendice congressuale e della ricerca di rivincite”. Il bicchiere mezzo pieno, sulla scia di Piemontese, si configura nella lotta fino alla fine: “Dopo 10 anni di governo complicato a Foggia siamo andati al ballottaggio e ce la siamo giocata”. Piemontese il gladiatore?