Tentata estorsione ai danni di diversi imprenditori locali, detenzione e porto abusivo di armi ed esplosivo in luogo pubblico, attentati dinamitardi, furti di automezzi, favoreggiamento, ricettazione e spaccio di sostanze stupefacenti. Tanta roba per un gruppetto di criminali made in San Severo protagonista dell’operazione “Dirty Bomb”. I carabinieri del Comando Provinciale di Foggia hanno finalmente dato un volto ai responsabili di numerose estorsioni avvenute nell’Alto Tavoliere negli ultimi mesi. Manette per Pietro Paolo Bonaventura, 39 anni, Mario Altomare La Pietra, 39 anni, Nicola Bredice, 34 anni, Fabio Sordillo, 39 anni, Michele Severino Fratello, 47 anni, Domenico Diomedes, 48 anni, Antonio Putignano, 37 anni e Gianluigi Savino, 53 anni. Altri 3 indagati risultano irreperibili e sono tuttora attivamente ricercati.
L’indagine, condotta attraverso attività tecnica e innumerevoli servizi di osservazione e pedinamento dai carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di San Severo, è nata in un contesto di drammatica tensione ingenerata da una serie di atti intimidatori ai danni di esercenti commerciali ed imprenditori, che, a partire dall’estate del 2012 hanno subìto numerose richieste estorsive. Il famoso “pizzo” da pagare.
Le vittime erano inizialmente contattate mediante missive minatorie in cui si chiedeva il versamento di somme di denaro che andavano dai 50.000 ai 200.000 euro, sulla base di una valutazione che i malviventi elaboravano in merito alle capacità finanziarie dell’imprenditore, minacciando gravi ritorsioni in caso di mancato pagamento o di richiesta di intervento delle Forze di Polizia.
Gli episodi estorsivi, avvenuti tra luglio 2012 e maggio 2013, posti in essere nei confronti di esercenti commerciali ed imprenditori dell’hinterland sanseverese, sono contestati ed addebitati a Bonaventura e La Pietra. Dopo l’invio delle lettere minatorie e la richiesta di denaro non soddisfatta, seguivano esplosioni di bombe carta poste sul parabrezza delle autovetture di proprietà delle vittime oppure davanti alla porta di casa o ancora sotto la saracinesca dell’esercizio commerciale che, oltre ai danni materiali provocati, avrebbero potuto ferire gravemente i passanti. Nel corso del tempo, la serie di attentati ha finito per creare un naturale stato di paura nelle vittime enfatizzato dalle minacce telefoniche.
Dopo l’esito di alcuni accertamenti svolti sui soggetti intestatari delle schede telefoniche utilizzate per le telefonate, i carabinieri del Nucleo Operativo di San Severo hanno iniziato ad indagare sui due sanseveresi. Dal riconoscimento locale è emerso che a telefonare era sempre Bonaventura. Un riconoscimento confermato anche dagli accertamenti fonici effettuati dal Ris di Roma che ha comparato la voce delle telefonate con quella del soggetto registrata durante alcune intercettazioni ambientali. L’attento ascolto delle conversazioni ha permesso di riscontrare la presenza accanto a Bonaventura del complice Di Pietra che interveniva nei dialoghi telefonici.
L’identità degli autori è stata poi accertata anche dalle immagini estrapolate dai sistemi di video sorveglianza installatati nei luoghi di interesse per le indagini. In particolare i due indagati sono stati ripresi, insieme, in un esercizio commerciale, all’atto di ricaricare proprio la scheda utilizzata per le chiamate estorsive: qualche minuto dopo, infatti, una vittima ha ricevuto l’ennesima telefonata di minaccia. Tali immagini comparate con quelle che avevano registrato alcuni attentati, l’analisi della conformazione fisica, del modo di deambulare ed il riconoscimento di alcuni vestiti hanno dato la certezza che fosse stato proprio Bonaventura ad eseguire uno degli attentati dinamitardi ai danni di un’autovettura. Ulteriore accertamento tecnico ha permesso di verificare che l’apparecchio telefonico utilizzato per le estorsioni era nel di proprietà di Di Pietra che si era servito di una persona straniera a lui vicina per intestare le schede.
Dall’attenta analisi delle missive indirizzate alle vittime è emersa, inoltre, la loro comune matrice, risultando tutte pressoché identiche quanto a forma e contenuto. Le buste che le contenevano erano infatti emesse da una medesima società, l’indirizzo risultava scritto con la stessa macchina da scrivere poiché tutte avevano il medesimo difetto di timbratura della lettera “A”. Inoltre, alcune avevano anche lo stesso timbro postale con identico giorno di inoltro.
Le indagini hanno stabilito come, a vario titolo, i due principali indagati insieme agli altri odierni arrestati si dedicassero alla consumazione di furti di ogni genere, perlopiù di mezzi di locomozione (auto, moto, camion, un trattore e finanche un generatore di corrente del valore di 30.000 euro) e alla commissione di ulteriori delitti quali favoreggiamento nell’occultamento della refurtiva, spaccio di sostanza stupefacente, detenzione e porto illegale in luogo pubblico di una pistola e ricettazione di un autocarro, tutti in concomitanza ma sganciati dalle fattispecie estorsive.
In particolare l’attività tecnica ha consentito di acclarare precise responsabilità in merito ai furti a carico di Sordillo, Giuseppe Bonaventura (fratello di Pietro Paolo), Diomedes, Putignano e Fratello. Bredice, invece, è accusato di aver favorito l’occultamento del generatore rubato. Savino dovrà rispondere della ricettazione di un autocarro, delitto commesso assieme a Diomedes e Putignano. Alcuni episodi di spaccio e detenzione di sostanza stupefacente sono a carico di due dei tre soggetti ancora da catturare.
Gli arrestati