Parla Elio Aimola, ex presidente della defunta Amica spa di Foggia. Lo fa a poche ore dalle elezioni ma “non c’è niente di politico” precisa all’inizio della conferenza stampa di stamattina. “Dopo 5 anni di silenzio ho necessità di fare il punto su una serie di procedimenti giudiziari che mi hanno visto attore”. Aimola è affiancato dagli avvocati, Francesca Rondinone e Nicola Zingrillo. L’ex capo dell’azienda municipalizzata che si occupava della raccolta rifiuti non ci sta a passare per il responsabile del fallimento di Amica. Il suo dito è puntato soprattutto contro l’amministrazione Ciliberti. “Ero il controllato, non il controllore”. Aimola punta a sfatare quello che lui chiama “un luogo comune”, ovvero che sia stato lui a portare Amica alla chiusura. “Il Comune non si è mai assunto alcun costo. ‘Trova i soldi’ mi veniva detto. Intanto mi è stato prima bloccato l’impianto di biostabilizzazione e poi la raccolta differenziata quando ormai era pronta a partire”.
La situazione debitoria
L’ex numero uno di Amica dà immediatamente la colpa ai debiti ereditati. “Io sono solo il quinto dei presidenti. Prima di me (da quando è società per azioni, ndr) ci sono stati Antonio Di Biase, Colomba Mongiello, Antonio Ricci e Michele Milano ad interim. Trovai un’azienda con ben 8,2 milioni di debiti. Inoltre, il corrispettivo annuo che il Comune versava all’Amica per il contratto di servizio di 16 milioni di euro era versato con notevole ritardo arrivando a circa 15 milioni di arretrati nel settembre del 2009 (di cui 12,5 milioni riconosciuti). Sono diventato presidente a giugno del 2007. Proprio in quel periodo e fino a maggio 2009, l’azienda, nonostante le grosse difficoltà, varò il piano strategico per la differenziata, il regolamento igiene urbana, il piano industriale, i progetti per Capitanata 2020, il riassetto societario, la ripresa dei lavori per la realizzazione dell’impianto di biostabilizzazione”. In quel lasso di tempo, Aimola chiese di acquisire liquidità certificando i crediti vantati nei confronti del Comune. Secondo ciò che leggiamo dal documento fornito da Aimola alla stampa, “l’esposizione debitoria del Comune certificata in data 21 settembre 2009 era considerevole. Sintomatica della gravissima, progressiva, decomposizione strutturale dell’assetto finanziario del Comune (e di riflesso di Amica) che sarebbe poi sfociata quando il Comune indusse il fallimento dell’azienda per evitare la dichiarazione di dissesto finanziario. Un modo – secondo Aimola -, per sottrarre il Comune stesso dall’obbligo di farsi carico della debitoria della sua partecipata contratta per lo svolgimento di pubblici servizi essenziali per la città”. L’epilogo della vicenda è la costituzione di Amiu Puglia. Aimola si chiede: “Se la partecipazione al 30% dell’Amiu è di 6.429.000 euro perchè si partecipa con solo il 20% e con parte degli immobili che dovevano servire alla ricapitalizzazione di Amica? La palazzina di via Miranda è stata totalmente ristrutturata con i soldi di Amica!”
Le infiltrazioni mafiose
Aimola fu coinvolto nel blitz “Piazza Pulita” che avrebbe scoperto delle infiltrazioni mafiose all’interno dell’azienda di igiene urbana. Secondo la tesi dell’accusa, l’ex presidente di Amica favorì la cooperativa Fiore in cambio di piaceri personali, anche economici.
Tra questi il pagamento del funerale del padre, circa 1500 euro, la riparazione del paraurti della sua automobile e la sostituzione della batteria del suo scooter. Secondo la tesi dell’accusa Aimola “nella qualità di presidente di Amica ha favorito l’ascesa imprenditoriale della cooperativa Fiore service mediante atti e comportamenti, che si sono poi rivelati totalmente illegittimi”. La Fiore, nella ricostruzione dell’accusa, è subentrata alla cooperativa Oes. Secondo il suo presidente, ad interrompere il contratto fu l’Amica “senza specificare i motivi” . Così la Fiore avrebbe avuto “ripetuti contratti di cottimo fiduciario del valore complessivo di 498mila euro”. Per non parlare del governo dei clan sulla stessa azienda e del clima di intimidazione che si respirava negli anni scorsi. Temi sui quali Aimola ha mostrato non poco imbarazzo. “Chiesi una relazione sui dipendenti che non lavoravano ma non ebbi riscontri. Durante il mio mandato ho licenziato solo un lavoratore perchè diede uno schiaffo a un suo superiore”. Riguardo ai presunti favori alla Cooperativa Fiore Service il procedimento penale è ancora in corso al Tribunale di Foggia.
I procedimenti penali
Sul falso in bilancio con riferimento ai bilanci 2007 e 2008, Aimola è stato assolto perchè il fatto non sussiste.
Sull’omesso versamento di ritenute d’acconto riguardo l’anno fiscale 2008 è stato disposto il dissequestro dei beni e lo sblocco dei conti correnti. Procedimento archiviato.
Rigettata dal Tribunale la richiesta del Questore di Foggia che nell’aprile 2012 voleva la sorveglianza speciale su Aimola perchè ritenuto un uomo con “pericolosità criminale e propensione a delinquere”.
Su di lui però, pende ancora l’accusa di abuso d’ufficio per aver trasformato il rapporto di lavoro del direttore generale della società in un rapporto a tempo indeterminato senza aver proceduto a una selezione pubblica. Aimola venne condannato a un anno di reclusione e, ad oggi, è in corso il processo alla Corte d’Appello di Bari. Altri procedimenti penali sono pendenti relativi all’omissione dei versamenti previdenziali.