“Posso essere ricattato da chi arriva a prendere 24mila euro in un mese?”. Il direttore dell’Asl di Foggia, Attilio Manfrini, entra a gamba tesa sui “medici paperoni” del 118. La necessità di tagliare 1 milione di euro di prestazioni aggiuntive (l’ennesima spending review) si scontra con la coperta cortissima del personale. Se non assumi per via del blocco del turnover e delle assunzioni, qualcuno dovrà pur rispondere al bisogno di assistenza dei cittadini. E non potrebbe essere altrimenti in un’azienda, come l’Asl di Foggia, dove ogni anno vengono gestiti più di 1,2 miliardi di euro.
Così, l’ex direttore dell’azienda di Piazza della Libertà, Ruggiero Castrignanò, decise di stipulare una convenzione per colmare i “buchi” del personale: con le ore aggiuntive rispetto a quelle di servizio si poteva così mettere una pezza all’emergenza. Solo che, nel frattempo, la Regione Puglia avrebbe segnalato al nuovo direttore, Attilio Manfrini, di annullare in autotutela quel provvedimento (perchè non è mai stato recepito da Bari), e di tagliare di molto quella spesa eccessiva: “Da allora – spiega l’ingegnere cerignolano – sono iniziati i problemi con l’Ordine dei medici di Foggia. Sono iniziati quelli che per me sono dei ricatti veri e propri. Gli ordini di servizio che vengono fatti servono solo a coprire le postazioni più a rischio: è evidente che se a Zapponeta si fanno 10 prestazione al mese e a Cerignola se ne fanno 1000, ci sono certamente delle esigenze differenti. Il problema vero, invece, è quello della qualità delle prestazioni durante le ore aggiuntive…”.
La risposta arriva a poche ore dall’accusa di un operatore, secondo il quale “sabato scorso la postazione di Cagnano Varano è rimasta scoperta di medico per cinque ore” dopo il trasferimento di una unità e ambulanza a Torremaggiore.
La spada di Damocle del personale rischia ancora una volta di gettare nel baratro l’assistenza in un settore chiave, quello dell’emergenza-urgenza: “Abbiamo 40 postazioni e servirebbero almeno 105 medici – chiosa il manager dell’Asl -, al momento ne abbiamo solo 75. Il gap, chiaramente, va coperto, ma non con i ricatti. Servono almeno altri 25 medici”. Con questi numeri, e con l’esigenza di coprire la richiesta di prestazioni, si presta il fianco ad enormi rischi: “Cosa accade se mentre un medico, durante le ore aggiuntive, sta facendo una sutura e arriva un’emergenza? Serve precisare nel merito ogni prestazione, e su quella deve essere fatto il pagamento, non in maniera forfettaria com’è stato fatto finora”.
La reazione di alcuni medici è altrettanto forte, dopo l’accusa di essere pagati troppo rispetto all’effettivo lavoro svolto: “Manfrini forse ha imparato il ‘metodo Boffo’ – replica Francesco Marino -, altrimenti non si comprende il motivo per cui dice quanto guadagniamo e non quanto lavoriamo, cioè 3 o 4 volte il dovuto. Certo, la soluzione non può essere quella dell’esternalizzazione del servizio con quell’obbrobrio del ricorso alle cooperative, mentre, dall’altra parte, si è internalizzato con Sanitaservice”.
In ogni caso, rimane l’aspetto dell’eccessivo ricorso alle “ore aggiuntive”, che in alcuni casi arrivano sino a 300 per un singolo medico. Roba da uscir pazzi (o ricchi). Difatti, rispetto ad un’ora “ordinaria” di lavoro, quella aggiuntiva costa all’azienda 55 euro: circa 20 euro in più. Basta farsi due conti per capire a quanto ammonta il lauto bottino. Ma per fare cosa?
Al momento, nessuno sembra saperlo. “Serve mettere ordine nella materia, pagando le prestazioni secondo un tariffario che preveda costi differenti per le diverse prestazioni – precisa Manfrini -, prima di limitare notevolmente il monte ore attuale”. Da una parte, dunque, l’Ordine dei medici presieduto da Salvatore Onorati si appella alla “dignità dei medici”. Dall’altra, l’Azienda punta tutto sul contenimento della spesa, con Manfrini pronto a “segnalare tutto alla Corte dei conti”. Ma, in tutta questa storia, c’è ancora qualcuno che pensa alla salute dei cittadini-pazienti della Capitanata?