Nei consultori familiari distribuiti nel territorio provinciale sono già palpabili i risultati dell’opera di prevenzione in relazione all’alto tasso di abortività nell’ambito del progetto “Stop Ivg: diffondere la contraccezione e prevenire l’interruzione volontaria di gravidanza”. Lo hanno confermato gli operatori dei 21 consultori di tutti i distretti dell’Asl di Foggia coinvolti nel progetto proposto dall’Ong “Solidaunia” e adottato dall’azienda sanitaria locale, con il sostegno economico dell’azienda farmaceutica MSD Italia, in occasione dell’incontro del 29 marzo scorso, presso la sala conferenze del presidio ospedaliero “Tatarella” di Cerignola. Ginecologi, psicologi, sociologi e mediatori culturali, si sono confrontati sulle strategie di intervento e le buone prassi nella presa in carico dei percorsi di interruzione di gravidanza tra le donne straniere. È stata per loro un’occasione per scambiarsi esperienze e analizzare aspetti positivi e criticità, guidati dagli esperti dell’Università La Sapienza di Roma, Maurizio Marceca, del Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive, e Maria Laura Russo, sociologa e ricercatrice. “Questo momento formativo è un approfondimento del corso che è già stato fatto l’anno scorso sulle problematiche relative alle donne immigrate e al ricorso all’Ivg. Serve soprattutto per formare alcuni operatori che saranno loro stessi i formatori di tutti quanti gli altri operatori dell’equipe territoriale. È una formazione a cascata”, ha spiegato Anna Michelina d’Angelo, direttore del Distretto socio-sanitario di Cerignola e coordinatore scientifico del progetto finalizzato a diffondere la cultura della contraccezione per prevenire l’interruzione volontaria di gravidanza. Avvalendosi anche dell’ambulatorio mobile dello Sportello di Cittadinanza del Distretto socio-sanitario di Cerignola, gli operatori, uscendo fuori dalle strutture ospedaliere e dai consultori, bussano alla porta delle destinatarie del progetto, informandole su tutti i metodi contraccettivi, tra cui quello di ultima generazione, consistente nell’inserimento, effettuato negli ambulatori ospedalieri, di una piccolissima canula sottocute che protegge la donna da gravidanze indesiderate per tre anni. Dalle considerazioni venute fuori dai gruppi di lavoro che hanno preso parte all’incontro formativo è emersa l’esigenza di facilitare, attraverso un protocollo tra ospedale e consultorio, la prenotazione diretta dell’eventuale intervento e la necessità di una “maggiore pubblicità negli ospedali e nelle farmacie” dell’esistenza dei consultori e dei servizi offerti all’utenza femminile immigrata. Oltre alla carente informazione istituzionale, tra i punti di debolezza c’è anche l’assenza di una certificazione di professionalità dei mediatori culturali, come ha sottolineato Roberta Marasco. “Noi che andiamo a fare un lavoro di raccolta della volontà di una donna nel percorso di interruzione di gravidanza -ha chiarito l’assistente sociale dell’Asl di Foggia-, dobbiamo essere certi che alla donna venga comunicato quanto diciamo. Relativamente all’intervento della mediazione culturale ne abbiamo tutti condiviso la positività, ma chiediamo la possibilità di essere garantiti”. Una preoccupazione che trova risposta nel recente avviso pubblico che consentirà all’azienda sanitaria locale di disporre di un mediatore culturale per distretto, in servizio presso i consultori.