È arrivata nel pomeriggio di ieri la sentenza di primo grado per Giuseppe Rendina, agricoltore 48enne di Trinitapoli, condannato all’ergastolo per il duplice omicidio premeditato di Gerardo e Pasquale Davide Cirillo, padre e figlio cerignolani di 58 e 27 anni, uccisi il 30 luglio 2022 nei pressi di un campo di carciofi al confine tra Cerignola e Zapponeta, che gestivano insieme all’imputato.
Secondo la ricostruzione accolta dai giudici della corte d’assise di Foggia, l’omicidio sarebbe maturato per motivi economici: Rendina avrebbe sparato per non restituire 20mila euro ricevuti in prestito da Gerardo Cirillo. Il verdetto è stato emesso dopo oltre quattro ore di camera di consiglio, al termine di un processo iniziato il 15 settembre 2023, interamente incentrato sulla valutazione della premeditazione e sulla pena, dal momento che l’imputato aveva confessato il delitto nel novembre 2022.
Condanne accessorie e risarcimenti
Oltre all’ergastolo, la corte ha disposto per Rendina un anno di isolamento diurno, tre anni di libertà vigilata al termine della pena e il risarcimento alle undici parti civili con una provvisionale complessiva di 760mila euro. La richiesta dell’ergastolo era stata avanzata dal pm Alessio Marangelli e dall’avvocato Michele Pierno, legale dei familiari delle vittime, che aveva richiesto due milioni di euro di risarcimento.
L’avvocato difensore dell’imputato ha già annunciato appello, ribadendo la richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche e l’esclusione della premeditazione.
Due delitti in quattro mesi con la stessa arma
Rendina è imputato anche in un secondo processo, tuttora in corso, per l’omicidio di Giuseppe Ciociola, agricoltore sessantenne di Zapponeta, ucciso l’11 marzo 2022 con un colpo di pistola. Secondo l’accusa, anche in quel caso il movente fu un prestito non restituito, stavolta da 60mila euro. Sarebbe stata la stessa arma, mai ritrovata, ad essere utilizzata in entrambi i delitti: le perizie balistiche sui bossoli avrebbero confermato la compatibilità.
Proprio in quanto indagato per l’omicidio Ciociola, Rendina era sotto intercettazione ambientale tramite il suo telefono: è grazie a queste registrazioni che, nell’estate 2022, fu possibile ascoltare in tempo reale i colpi esplosi contro i Cirillo. Una prova decisiva.
“Non dico niente a nessuno”: le implorazioni prima degli spari
I colpi esplosi contro Pasquale Davide Cirillo furono registrati nel primo pomeriggio del 30 luglio. Mezz’ora più tardi, la stessa sorte toccò al padre Gerardo, tornato sul posto per cercare il figlio. “Giuseppe, non dico niente a nessuno, noooo…”, avrebbe implorato l’uomo prima di essere colpito. I cadaveri furono rinvenuti il giorno successivo, nascosti sotto tubi d’irrigazione, dopo la denuncia di scomparsa da parte dei familiari.
La versione dell’imputato: “Ho avuto paura”
Durante il processo, Rendina ha ricostruito i fatti sostenendo di aver agito “per paura”, dopo essere stato minacciato da Gerardo Cirillo con una pistola, mentre il figlio gli avrebbe impedito di allontanarsi. “Sapevo che in campagna c’era una pistola nascosta, la presi e sparai a Davide. Poi arrivò il padre e sparai anche a lui. Infine rincorsi il figlio e lo colpii ancora”, ha dichiarato l’imputato in aula lo scorso 24 novembre.
“Ho perso la mia famiglia. Era meglio se mi facevo sparare io”, ha detto tra le lacrime.
La tesi dell’accusa: “Omicidio premeditato”
Per la procura e le parti civili, invece, si è trattato di un omicidio premeditato, commesso da un uomo che aveva già ucciso e che quel giorno aveva disdetto ogni altro impegno pur di restare solo con le vittime. La pistola, secondo l’accusa, era stata portata da casa, e le modalità del duplice delitto dimostrano piena consapevolezza e determinazione.
Con la sentenza di ieri si chiude il primo capitolo giudiziario di uno dei fatti di sangue più drammatici degli ultimi anni in Capitanata. Ora si attende l’esito del secondo processo per l’omicidio Ciociola. Anche in quel caso, a dominare è il sospetto di una scia di sangue legata ai soldi.