Un arsenale nascosto nel cuore di Foggia, tra pistole con matricola abrasa, fucili a pompa, un mitra Kalashnikov AK 47, silenziatori e centinaia di munizioni. È quanto hanno scoperto gli agenti della Direzione investigativa antimafia durante una perquisizione in un garage interrato di via Pellegrino Graziani, al termine della quale è stato arrestato in flagranza Giuseppe Trisciuoglio, 48 anni, figlio dello storico boss mafioso Federico Trisciuoglio detto “Enrichetto lo Zoppo” o “Polpetta”, morto ad ottobre 2022 dopo una lunga malattia.
L’uomo è accusato di detenzione illegale e ricettazione di armi da guerra e munizioni. A firmare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stato il gip Cecilia Massarelli, che ha accolto la richiesta del pm Giuseppe Mongelli, ritenendo non credibile la versione fornita dall’indagato, secondo cui l’arsenale sarebbe appartenuto al padre defunto e lui non avrebbe messo piede nel garage da almeno tre anni.
Il blitz e il sequestro
Gli agenti della Dia hanno notato Trisciuoglio entrare nei box interrati di un palazzo di via Graziani insieme a una donna. Pochi minuti dopo è scattata la perquisizione del garage, risultato nella sua disponibilità diretta: ne aveva le chiavi, così come il telecomando del cancello automatico della rampa.
All’interno, i carabinieri hanno sequestrato un vero e proprio arsenale: un mitra Kalashnikov AK 47 con due caricatori, due fucili calibro 12 (risultati rubati a San Marco in Lamis nel luglio 2023), un fucile a pompa, un revolver calibro 38, due pistole Beretta calibro 9 e 7.65 con matricole abrase, quattro silenziatori, oltre 630 munizioni, un cannocchiale di precisione per carabina, una divisa della polizia, dodici targhe, dieci telefonini, un casco integrale e un’ascia.

La difesa e le contestazioni del gip
Agli investigatori della Dia e al giudice, Trisciuoglio – come riporta La Gazzetta del Mezzogiorno – ha ripetuto di essere innocente. Ha sostenuto di non sapere nulla delle armi e di non entrare in quel box dal 2022. Ha ipotizzato che il materiale potesse appartenere al padre, figura storica della Società Foggiana. Il gip però ha rigettato questa linea difensiva, evidenziando come due fucili sequestrati siano stati rubati ben dopo la morte del padre e come le armi risultassero in perfetto stato di conservazione, suggerendo una manutenzione recente.
A rafforzare la tesi accusatoria, anche la circostanza che Giuseppe Trisciuoglio avesse accesso al garage e vi si fosse recato con una donna, poi identificata e ritenuta estranea alla vicenda. I magistrati hanno disposto l’invio delle armi a perizia per verificare eventuali collegamenti con episodi di criminalità avvenuti negli ultimi anni in provincia di Foggia.
Un passato segnato da arresti e condanne
Giuseppe Trisciuoglio non è un nome nuovo alle cronache giudiziarie. È stato coinvolto in numerose inchieste antimafia insieme al padre. Nel 2004 fu arrestato nel blitz Poseidon e successivamente assolto, mentre Federico Trisciuoglio fu condannato a 13 anni. Nel 2012 arrivò una nuova condanna a 7 anni e 2 mesi con l’operazione Piazza Pulita, per estorsioni aggravate alla società Amica, ex gestore dei rifiuti. Nel 2013 fu arrestato nel blitz Corona, che lo portò a una condanna per mafia e estorsione aggravata. L’ultimo arresto risaliva al dicembre 2017, dopo la definitiva condanna della Cassazione per Piazza Pulita.
Nel 2016, Giuseppe Trisciuoglio e il fratello Fabio furono vittime di un agguato davanti al loro autosalone in via De Amicis, rimasto senza conseguenze. Dietro quell’episodio, secondo le indagini, vi era la faida tra la famiglia Trisciuoglio e il clan dei fratelli Francavilla, oggi collaboratori di giustizia.
Ora, per Giuseppe Trisciuoglio, si apre un nuovo capitolo giudiziario. L’indagine sulle armi ritrovate nel box potrebbe svelare nuovi scenari sulla disponibilità di armamenti nella criminalità organizzata foggiana.