Lo hanno circondato, picchiato, umiliato. Poi, mentre lo lasciavano a terra con una costola fratturata, qualcuno si è assicurato che tutto fosse ripreso col telefono. Una violenza crudele e gratuita, resa ancora più feroce dal fatto che la vittima è un ragazzo disabile di 15 anni, diabetico, invalido al 100% e di origini straniere. È accaduto mercoledì 16 aprile nella stazione ferroviaria di Galatina, in provincia di Lecce. Una baby gang composta da otto o nove giovanissimi ha accerchiato il ragazzo colpendolo con pugni, calci e persino una cintura in pelle.
Il tutto è stato filmato da una ragazza – forse la fidanzata di uno degli aggressori – che si sente pronunciare frasi agghiaccianti: “Devo riprendere tutto, oggi siamo qui con la gang del bosco… amò, dentro ci sono le telecamere”. Il video, caricato in un primo momento su Instagram, è stato rimosso dopo alcune ore, ma è già stato acquisito dalla polizia, insieme ai filmati delle telecamere di sorveglianza presenti nella stazione.
La madre: “Guardate quel video, non giratevi dall’altra parte”
A chiedere che il video venga visto e condiviso non è un’opinione pubblica indignata, ma la madre del ragazzo aggredito, che ha scelto consapevolmente di non nascondere l’orrore, nella speranza che possa servire a sensibilizzare e a far emergere i responsabili. “Loro lo hanno cancellato, ma io voglio che sia pubblico – ha dichiarato, intervistata da la Repubblica Bari –. Voglio che nessuno distolga lo sguardo dalla violenza del branco, voglio che le persone capiscano cos’è il bullismo, cosa può fare a un ragazzo indifeso”.
Il figlio, che ha riportato una frattura con 25 giorni di prognosi, è sotto choc, ma la sua famiglia non ha intenzione di restare in silenzio. Il video dell’aggressione è diventato ora anche uno strumento di giustizia, utile agli investigatori per identificare i componenti del branco.
La gang del bosco e la violenza esibita
Nel filmato, che circolava sui social prima della rimozione, si vede uno dei ragazzi sfilarsi la cintura e colpire il quindicenne con violenza, lasciandolo a terra e poi fuggendo. Gli autori si vantavano della propria “impresa” con riferimenti a una presunta “gang del bosco”, quasi a sottolineare un’identità di gruppo, fatta di prepotenza e di esibizionismo digitale.
La polizia sta lavorando per identificare ogni singolo responsabile, anche grazie alle riprese delle videocamere presenti nella stazione. Gli inquirenti non escludono che ci possano essere precedenti episodi legati agli stessi aggressori.
Un appello che diventa denuncia collettiva
“Serve una presa di coscienza collettiva – è l’appello della madre –. Mio figlio ha subito un’aggressione solo perché è fragile, diverso, e non può difendersi. È stato colpito due volte: dai pugni e dal silenzio. Non lasciamolo solo”.
Un gesto di coraggio, il suo, che rompe il muro dell’omertà e invita a non chiudere gli occhi davanti a episodi sempre più frequenti e spesso minimizzati. Il video dell’aggressione non è solo prova di un reato, ma specchio di una società che troppo spesso ignora, finché la violenza non arriva sotto casa.