• Contatti
mercoledì 21 Maggio 2025
No Result
View All Result
l'Immediato
  • Cronaca
  • Inchieste
  • Politica
  • Salute
  • Turismo
  • Cultura
  • Sport
  • Puglia
    • Bari
    • Bat
    • Cerignola e 5 Reali Siti
    • Foggia
    • Gargano
    • Grande Salento
    • Manfredonia
    • Lucera e Monti Dauni
    • Regione Puglia
    • San Severo e Alto Tavoliere
  • Cronaca
  • Inchieste
  • Politica
  • Salute
  • Turismo
  • Cultura
  • Sport
  • Puglia
    • Bari
    • Bat
    • Cerignola e 5 Reali Siti
    • Foggia
    • Gargano
    • Grande Salento
    • Manfredonia
    • Lucera e Monti Dauni
    • Regione Puglia
    • San Severo e Alto Tavoliere
No Result
View All Result
l'Immediato
No Result
View All Result

Home - Santacroce, l’impero del grano partito con il ‘tre ruote’. “Così Foggia è diventata il Granaio d’Italia”

Santacroce, l’impero del grano partito con il ‘tre ruote’. “Così Foggia è diventata il Granaio d’Italia”

La storia del commerciante originario di Deliceto, figlio di contadini, oggi 74enne. "Noi siamo gli ultimi custodi di una tradizione agricola che subisce quotidiani attacchi dalla concorrenza"

Di Gianni Flamini
23 Febbraio 2025
in Foggia, LA DAUNIA CHE VA
Condividi su FacebookCondividi su Twitter

Commerciare grano per Giovanni Santacroce significava salire in groppa al suo “tre ruote” e fare il giro quotidiano attraverso i poderi dei monti dauni e della piana del Tavoliere. Gli agricoltori si fidavano di quel giovanotto dall’aria diffidente, ma che riconoscevano intuitivamente uno di loro: l’accento tipicamente subappenninico, i modi genuini e l’innegabile fiuto per gli affari. È così che a furia di piazzare il grano con il “porta a porta”, Santacroce ha allargato la rete di contatti, è diventato negli anni un operatore di mercato attendibile e mai sopra le righe, si è guadagnato la fiducia dei produttori spesso disorientati dal mercato. Santacroce invece dispensando i suoi consigli prudenti, assicurando guadagno certo alle imprese, è riuscito a stabilire un patto non scritto basato sulla fiducia fra agricoltori e commercianti, due mondi che ancor oggi non sempre s’incontrano.

Oggi è uno dei «trader» più importanti del Granaio d’Italia, il punto di riferimento per centinaia di produttori nella piana del Tavoliere, un territorio da 7 milioni di quintali (il 20% della produzione nazionale). 

Qualche decennio fa, il 74enne commerciante originario di Deliceto, figlio di contadini, sognava in grande, anche se non avrebbe immaginato un futuro così radioso: «Con il mio trabiccolo riuscivo a malapena a ritirare circa 10 quintali alla volta di grano… Come sarei potuto arrivare ai livelli attuali?».

«Quel mezzo l’ho perso e non potete immaginare quanto mi dispiaccia – racconta Giovanni Santacroce in questa intervista concessa in esclusiva a l’Immediato – se lo ritrovassi adesso lo metterei all’ingresso della mia nuova azienda». Oggi la foto che raffigura Santacroce compare sulla chat di Whatsapp dell’imprenditore, ieri come oggi il suo profilo fortunato con l’affezionato mezzo lì vicino. E un po’ di inevitabile nostalgia traspare tra i ricordi di gioventù.

Attualmente il gruppo Santacroce ha una potenzialità di stoccaggio di circa 2 milioni di quintali e gestisce il mulino di proprietà visibile sulla superstrada Foggia-Candela all’altezza del bivio per Ascoli Satriano. L’imprenditore di Deliceto può essere considerato il simbolo del «fai da te», su come l’antica produzione granaria può diventare un business, per giunta autoctono. La sua carriera, condotta inizialmente con metodi artigianali e poi via via sempre più con intraprendenza industriale, è stata sostenuta da tanta ostinazione, passione e idee chiare. 

Cosa ha significato per lei commerciare grano nel Granaio d’Italia, un po’ come comprare e vendere il gelato agli eschimesi? 

«Significa vendere grano di ottima qualità, un prodotto superiore rispetto a quello che si può trovare nel resto della penisola. Anche se i tempi sono cambiati rispetto a quando cominciai a occuparmene quasi mezzo secolo fa: le importazioni dall’estero hanno ridimensionato il valore delle produzioni locali, commercialmente parlando il grano prodotto in provincia di Foggia non viene considerato, come dovrebbe essere, dall’industria molitoria nazionale. Conta il prezzo, ma al ribasso. Spesso gli agricoltori sono costretti a svendere il loro prodotto, accadeva tanto tempo fa e avviene tuttora».

Forse perchè il bacino di produzione foggiano viene considerato sui mercati per la sua quantità, non si è mai pensato a un marchio di tutela della qualità. 

«Siamo cittadini del mondo, non ci sono più primati da difendere. Il grano arriva da ogni parte del mondo e buona parte del mondo mangia la pasta. Noi siamo gli ultimi custodi di una tradizione agricola che subisce quotidiani attacchi dalla concorrenza a volte poco trasparente, dovuta alle importazioni indiscriminate di merce dall’estero».

Il gruppo da lei presieduto è tra le maggiori centrali di stoccaggio del Centro-Sud, come ha potuto crescere così tanto se l’agricoltura e il sistema granario è così indifeso?

«Nei nostri silos stocchiamo mediamente circa 2 milioni di quintali, fortunatamente abbiamo una clientela che abbiamo saputo conquistare, ci ha sempre seguito con molta fiducia, traendo a sua volta dei vantaggi economici garantiti dall’affidabilità finanziaria dal nostro modo di operare».

Gli agricoltori sostengono di essere presi per la gola dalle regole di un mercato spesso fuori controllo, ma quando il prezzo sale nessuno batte ciglio. Vecchia storia.

«Noi siamo stati sempre rispettosi delle esigenze di mercato degli agricoltori, personalmente mi sento uno di loro anche se, a volte, rappresento per loro una controparte. Sono figlio di contadini, ho vissuto nelle masserie di una volta e respirato quell’aria. Ho anche lavorato nei campi, avevo la passione per la terra. Le cose però sono profondamente cambiate da quei tempi, le origini non si dimenticano e insieme alle origini c’è il rispetto per il lavoro dell’agricoltore che non va mai sottovalutato».

D’accordo, ma lei acquista grano per rivenderlo. Se il mercato non gira a rimetterci sono sempre i produttori.

«Se gli agricoltori avessero continuato a subire perdite in tutti questi anni non ci sarebbe più un’azienda agricola in giro. E invece per fortuna non è così. Oggi però stiamo tornando al latifondo di una volta, questo è un dato su cui riflettere. Con dieci ettari non ci fai più niente, sul grano si lavora e si fattura in misura interessante solo sulle grandi superfici. E la qualità per fortuna comincia a essere riconosciuta: un buon 50% del grano ritirato viene macinato nel nostro mulino di Ascoli Satriano, in quegli impianti trasformiamo in semola solo grano della provincia di Foggia. Abbiamo alcuni nostri clienti che ci chiedono solo quel tipo di grano, qualitativamente elevato. Un altro 30-40% della nostra semola viene acquistata da un importante pastificio della zona».

Quale pastificio?

«Preferirei non dirlo».

Non sarebbe comunque disdicevole, sta dicendo che in giro c’è pasta prodotta esclusivamente con grano foggiano.

«Il 70-80% del grano da noi acquistato dagli agricoltori foggiani ha già la sua collocazione finale. Abbiamo uno zoccolo duro di clienti che chiede il nostro prodotto perché si assicura una certa qualità. Ci resta a volte un 20% di merce che riusciamo comunque a vendere a distanza di qualche mese dal raccolto. Questo a dimostrazione di come il grano prodotto nel Granaio d’Italia resti il più richiesto, alla faccia delle critiche».

Tuttavia la gran parte dell’industria molitoria si affida alle importazioni dall’estero.  Il grano viene miscelato, nessuno ne fa mistero.

«Per quanto ci riguarda, la quota di grano meno importante, ovvero che noi reputiamo di una qualità inferiore, si limita a un 15-20% dell’intero raccolto da noi acquistato e conservato nei silos. Quantitativo che comunque riusciamo a commercializzare senza problemi».

Grano “meno importante”, cosa intende?

«Grano dal peso specifico inferiore, con una quantità di proteine più ridotta. Serve anche questo genere di prodotto».

Ma come si può parlare ancora di “grano foggiano” con tutte le miscele e le contaminazioni che si registrano con cadenza regolare? 

«Proprio in virtù di ciò noi abbiamo dei centri di stoccaggio forse esagerati. Gli agricoltori non sono più nelle condizioni di conservare il grano che producono come accadeva fino a trent’anni fa, noi lo acquistiamo dopo la trebbiatura garantendoci l’autenticità della produzione. L’80% del grano raccolto nella piana del Tavoliere è già nei nostri silos a luglio, al massimo si arriva fino a settembre. Garantiamo condizioni ottimali di conservazione del prodotto, anche a un anno dal raccolto, eventualità che però accade di rado».

Facciamo la conta dei vostri centri di stoccaggio partendo dalla casa madre di Deliceto. 

«A Deliceto stocchiamo circa 400mila quintali, ad Ascoli abbiamo mulino e stoccaggio pari ad altri 700mila quintali di grano, nell’impianto ex Coseme (dove abbiamo effettuato l’intervista: ndr) siamo sotto il milione di quintali, con dei silos ancora in costruzione».

Conservare grano è un business intramontabile per la provincia di Foggia?

«Lo è certamente da generazioni. Oltre ai nostri 2 milioni di quintali c’è il resto della produzione locale pari a circa altri 5 milioni che deve trovare collocazione presso altri operatori di mercato».

A Deliceto stocchiamo circa 400mila quintali, ad Ascoli abbiamo mulino e stoccaggio pari ad altri 700mila quintali di grano

Qual è la forza economica oggi del gruppo Santacroce?

«La forza del gruppo è sicuramente aver creato una organizzazione di persone fidate e preparate quali dipendenti, collaboratori interni ed esterni, ma la vera forza sono stati, sono e saranno i nostri agricoltori che nel tempo ci hanno dato fiducia».

Quale futuro lei vede ancora per la monocoltura, pratica superata da chi considera l’agricoltura fonte di creatività e passione, oltre che di profitto?  

«Esisterà sempre un futuro per il grano in questa provincia almeno fino a quando le risorse idriche di questo territorio resteranno le stesse di oggi. Si è obbligati a coltivare grano, inutile girarci intorno».

Eppure è proprio questa l’accusa che viene mossa all’agricoltura foggiana, il grano prima di tutto nonostante l’Ue abbia chiuso i generosi finanziamenti a sostegno.

«Oggi l’Unione europea dovrebbe continuare a sostenere gli agricoltori, i giardinieri del territorio. Se non ci fossero loro vedremmo per i campi sterpaglie molto alte. Parlare di immobilismo del settore agricolo è ingiusto, tutte le colture alternative al grano hanno bisogno dell’acqua. Al grano invece di acqua ne serve meno, peraltro sarebbe antieconomico ricorrere all’irrigazione su centinaia di ettari. Si interviene con l’irrigazione di soccorso soltanto in determinate stagioni o situazioni particolari».

Siamo in emergenza idrica dall’agosto 2024, ricorda stagioni simili?

«Ne abbiamo vissute di annate così. E’ sempre stata dura, anche per il grano: se non piove le piantine non cresceranno adeguatamente, oltre al danno la beffa. Il concime, in assenza di adeguate precipitazioni, può essere un danno alla coltivazione. Molti agricoltori sono oggi in balia delle onde e anche noi non sappiamo come andrà a finire questa stagione. Oltretutto fare investimenti in un quadro del genere diventa assurdo oltre che molto rischioso, peraltro con la volatilità attuale di mercato il costo di concimi e fertilizzanti continua a salire».

Dove sta andando l’agricoltura di questo territorio e quali consigli darebbe a un amico di fiducia, un parente stretto sul futuro di questa grande risorsa economica e produttiva continuamente minacciata da siccità, cambiamenti climatici, insidie di mercato?

«Non sono in grado di dare consigli, l’agricoltura avrà comunque un futuro in questa provincia. Ci saranno alti e bassi, come insegna la storia. Si tornerà al passato, all’epoca del latifondismo: centinaia di ettari nelle mani di una sola persona. La tendenza sembra questa, sono già scomparsi tanti piccoli agricoltori. È inutile coltivare grano oggi se hai pochi ettari».

Sarà un ritorno al passato su basi più moderne, oppure lo considera un arretramento della libertà d’impresa che ha determinato il trionfo della campagna foggiana negli ultimi cinquant’anni?

«Crescita non ne vedo. Ormai il mondo coltiva tutto ed ha tutto, il prodotto si compra dove costa meno. Un po’ come la produzione di scarpe oppure di automobili, oggi si acquista dalla Cina a prezzi più concorrenziali. Sta avvenendo la stessa cosa per il grano».

” Si tornerà al passato, all’epoca del latifondismo: centinaia di ettari nelle mani di una sola persona”

Sugli scaffali di molti supermercati la pasta viene venduta tra mille varianti: dai grani antichi, al rinomato Senatore Cappelli. Ovviamente i prezzi cambiano. Il consumatore in realtà cosa compra?

«Stiamo parlando di una piccolissima nicchia di mercato. E poi se parliamo di qualità non possiamo certo dire che la pasta di grano Senatore Cappelli sia l’unico prodotto di qualità sul mercato, ce ne sono tanti fatti anche con altri tipi di grani di qualità».

Il marketing secondo lei migliora la filiera, oppure c’è chi specula con certe etichette?

«Può essere speculazione anche quella, ma non vedo gravi distorsioni: nessuno si arricchirà mai se guadagna un centesimo in più su un pacco di pasta venduto per un mercato di nicchia».

Quindi dà ragione ai pastai secondo cui rincarare il pacco di pasta di 20-30 centesimi è ininfluente per le famiglie?

«Parliamo di una goccia nell’Oceano e comunque se la qualità di un grano è buona credo che convenga a chiunque spendere 10-20 centesimi in più in cambio di una pasta di qualità. Non vorrei neanche metterla su questo piano, perché un pacco di pasta ha un prezzo abbordabile per chiunque. Non regge il confronto, ad esempio, con l’olio: servono almeno 15 euro al chilo per comprare del vero extravergine. Purtroppo però non tutti i consumatori sono avveduti e attenti ai prezzi ed a certe dinamiche, a mio avviso parte della merce venduta nei supermercati dovrebbe essere lasciata al suo posto. La gente a volte non si rende conto di quanto sia più utile risparmiare su un capo di abbigliamento piuttosto che sul cibo. La salute viene considerata un bene trascurabile».

Ci sono in commercio grani, semole di scarsa qualità?

«Non direi, anche la pasta che costa meno non danneggia la salute di chi la consuma».

E sui grani dall’estero si può stare tranquilli? Lei non si è mai sbilanciato troppo sull’argomento, pur preoccupandosi che non rimanesse invenduto il grano foggiano.

«Il grano che arriva dall’estero è quasi tutto buono e di ottima qualità. Non mi fiderei del grano in arrivo da certi paesi».

Quali paesi?

«Il grano canadese, pur essendo di buona qualità, non convince. Per un semplice motivo: serve il sole per far maturare il chicco, è questa la legge della natura. A Foggia ce l’abbiamo, così come nei Paesi del mediterraneo. Nel Nord America non ci sono le stesse condizioni pedoclimatiche, tanto è vero che i produttori ricorrono al glifosato, un erbicida, dunque un agente chimico, per portare a maturazione milioni di quintali di grano importati anche nel nostro paese. È una maturazione impropria, la pianta viene portata alla rottura del suo ciclo di vita».

Il grano canadese viene importato in grandi quantità dai pastifici italiani, com’è possibile che si continui ad acquistarlo ed a miscelarlo con i grani italiani senza un divieto delle autorità di controllo?

«Il grano canadese, così come i grani di altri paesi, è utilizzato in miscela per produrre gran parte della pasta venduta nel mondo. Presenta ottimi requisiti proteici e di resa nella cottura».

Lei è su piazza da cinquant’anni, la foto che la ritrae insieme al furgoncino con il quale ritirava il grano l’ha tirata fuori negli ultimi tempi, perché?   

«Avevo sedici anni, era il 1967 e quello è stato il mio primo furgoncino con il quale facevo i primi affari con il grano. Altri tempi. Ero stanco di lavorare la terra, pensai di avere doti nel commercio, inizialmente sui generi alimentari. Quella foto rappresenta l’inizio della mia carriera, peccato non aver più il triciclo nella mia autorimessa altrimenti ne avrei fatto un simbolo della mia attività, dei passi compiuti in questi anni».

Com’è cambiato il mercato e le trattative con i produttori cerealicoli in così tanti anni?

«È cambiato tutto, in tutti i campi. Anche lei non svolge più la sua professione di giornalista come la faceva quando ha cominciato. Sicuramente le novità intervenute sono positive, in più però c’è da dire che una volta eravamo molto più semplici, ci si fidava di più l’uno dell’altro. Oggi invece siamo tutti più intelligenti, escluso me, ci si fida molto di meno. Così va il mondo».

Il futuro del gruppo Santacroce è nelle mani di suo figlio Nicola, ma un gruppo di queste dimensioni può essere ancora condotto a livello familiare?

«Fino ad ora, anche se è stata costituita una SPA, il gruppo è stato gestito a livello familiare… prima da me e mia moglie che mi ha supportato, ed ora da mio Figlio.

Devo dire che forse questa gestione è stata anche un punto di forza che ci permesso di offrire un servizio più adeguato agli Agricoltori.
Il futuro è nelle mani di mio figlio che, fin da piccolo, ha partecipato alla vita aziendale e che, con il tempo, ne ha preso le redini in mano.
La mia più grande soddisfazione sarebbe vedere entrare in azienda anche qualcuno dei miei 5 nipoti».

Per acquistare grano con regolarità cosa proponeva in cambio agli agricoltori: prezzi migliori, pagamenti immediati, consegne più puntuali o cos’altro?

«Compravo e pagavo subito. E poi ritornavo a ricomprare. Non potevo fare grandi quantità di stoccaggio, avevo un filo diretto con loro questo sì».

E lei a sua volta a chi vendeva?

«Ad altri commercianti più grandi e capienti di me, il primo su piazza era la buonanima di don Gennaro Casillo che ancor oggi merita riconoscenza e rispetto per il modo in cui conduceva le sue contrattazioni con gli agricoltori. Lui era già strutturato e aveva già stoccaggio e mezzi, io ho seguito il suo esempio e con il mio “tre ruote” facevo quegli itinerari. E’ stato certamente un modello di riferimento Gennaro Casillo».

Lei era già allora un commerciante o forse aspirava ad esserlo?

«Guardavo gli altri, io ci provavo. Ho imparato tanto in questo modo».

Il primo silos quando è arrivato?

«L’ho costruito a Catenaccio, vicino Deliceto, dove ancor oggi c’è il mio quartier generale. Aveva una capacità di 100mila quintali, arrivò nei primi anni Ottanta».

C’è stata anche un’evoluzione di queste strutture, dal cemento armato all’acciaio. Meglio prima o adesso?

«Sono cambiate le tecnologie e molti di noi ci siamo allineati. Diciamo che costruire un silos in acciaio comporta un costo più accessibile rispetto al quelli in cemento».

Quanto futuro vede davanti al Granaio d’Italia?

«Il fattore climatico si preannuncia come un problema molto arduo, credo invece nella qualità del grano italiano che non potrà essere messo in discussione dalla concorrenza, a volte sleale, di altri mercati. Sarà una sfida difficile, ma ce la possiamo fare dipenderà soltanto dalle nostre forze».

Seguici anche su Instagram – Clicca qui

Ricevi gratuitamente le notizie sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come

Tags: FoggiaSantacroce
Articolo precedente

Foggia, volontari in azione: Via Rosati ripulita da La Via della Felicità

Articolo successivo

Cerignola inarrestabile, batte il Sorrento ed è sempre più primo. La decide Salvemini

Articoli correlati

Il CUS Foggia verso i CNU 2025: studenti-atleti pronti a rappresentare l’Università ad Ancona

Vincenzo Vito Chionna

Calcio Foggia, la palla passa all’amministratore giudiziario Chionna. “Tolleranza zero sulle infiltrazioni”

Elettrocardiogramma e Holter in oltre cento farmacie della provincia: la nuova frontiera della sanità di prossimità

Borgo Incoronata, De Leonardis: “Regione e Comune di Foggia garantiscano servizi ai residenti anziché moltiplicare i ghetti”

Ciliento con Salvini sul cantiere della SS16: “Opera strategica per sicurezza e mobilità in Capitanata”

Foggia, nuova circolazione stradale sperimentale in Piazzale Vittorio Veneto davanti alla stazione

Ultime Notizie

Foggia

Il CUS Foggia verso i CNU 2025: studenti-atleti pronti a rappresentare l’Università ad Ancona

Il rettore Lo Muzio saluta la delegazione: entusiasmo, spirito di squadra e l’obiettivo di superare le sette medaglie conquistate lo...

Elettrocardiogramma e Holter in oltre cento farmacie della provincia: la nuova frontiera della sanità di prossimità

Borgo Incoronata, De Leonardis: “Regione e Comune di Foggia garantiscano servizi ai residenti anziché moltiplicare i ghetti”

Ciliento con Salvini sul cantiere della SS16: “Opera strategica per sicurezza e mobilità in Capitanata”

CIA Puglia a Emiliano: “Stop all’assalto del fotovoltaico, salviamo i campi agricoli”

Foggia, nuova circolazione stradale sperimentale in Piazzale Vittorio Veneto davanti alla stazione

Quotidiano online registrato presso il Tribunale di Foggia, n. 3/2014 Società editrice: iMEDIA srls P.IVA 03942360714

  • Cookies policy
  • Privacy Policy
IMPOSTAZIONI PRIVACY

Copyright © 2023

No Result
View All Result
  • Cronaca
  • Inchieste
  • Politica
  • Salute
  • Turismo
  • Cultura
  • Sport
  • Puglia
    • Bari
    • Bat
    • Cerignola e 5 Reali Siti
    • Foggia
    • Gargano
    • Grande Salento
    • Manfredonia
    • Lucera e Monti Dauni
    • Regione Puglia
    • San Severo e Alto Tavoliere

Copyright © 2024