In Puglia la sanità resta un lusso per molti cittadini. Nel 2023, infatti, l’8,4% della popolazione ha rinunciato a curarsi, un dato superiore alla media nazionale del 7,6%. Allo stesso tempo, la spesa sanitaria privata pro-capite nella regione si attesta a 499 euro, ben al di sotto della media nazionale di 730 euro.
I numeri emergono dal Report dell’Osservatorio Gimbe sulla spesa sanitaria privata in Italia nel 2023, commissionato dall’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute (Onws) e presentato al Cnel. Il documento fotografa un divario sanitario evidente tra Nord e Sud, con le regioni meridionali e quelle in Piano di rientro che presentano minori risorse pro-capite e maggiori difficoltà di accesso alle cure.
Più spesa privata, più servizi: il gap tra Nord e Sud
Il report sottolinea come le Regioni con migliori performance nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) siano anche quelle con una spesa sanitaria privata superiore alla media nazionale. Questo dato conferma due aspetti fondamentali: da un lato, un reddito più elevato permette una maggiore capacità di spesa sanitaria; dall’altro, il basso livello di spesa out-of-pocket non indica automaticamente una maggiore tutela pubblica, ma piuttosto una difficoltà economica che impedisce ai cittadini di accedere a cure private.
La situazione della Puglia, così come di altre regioni del Mezzogiorno, si inserisce in questo quadro. Il basso valore della spesa pro-capite non è necessariamente un segnale di efficienza del sistema sanitario regionale, ma può piuttosto riflettere le difficoltà economiche delle famiglie e una minore capacità di coprire autonomamente i costi delle prestazioni sanitarie.
Un sistema in affanno tra liste d’attesa e disuguaglianze
Il problema dell’accesso alle cure in Puglia si intreccia con altre criticità del sistema sanitario, tra cui le lunghe liste d’attesa per visite specialistiche ed esami diagnostici, che spingono sempre più cittadini a rivolgersi alla sanità privata o, in molti casi, a rinunciare del tutto alle cure.
Il report Gimbe evidenzia quindi la necessità di rafforzare il servizio sanitario pubblico, garantendo equità di accesso alle cure e riducendo il peso della spesa sanitaria sulle famiglie, soprattutto nelle regioni economicamente più fragili.