La norma che impone ai sindaci candidati alle elezioni regionali di dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura finisce nel mirino del ministero dell’Interno, che ne evidenzia le criticità e preannuncia un possibile ricorso. Con una nota trasmessa a Palazzo Chigi, il Viminale ha espresso “perplessità” sull’articolo 219 della legge di bilancio 2025 della Regione Puglia, ritenendolo una limitazione del diritto di elettorato passivo per i primi cittadini.
La norma contestata e il rischio di impugnazione
La legge regionale, approvata a scrutinio segreto, impone ai sindaci in carica di dimettersi almeno sei mesi prima delle elezioni regionali, anticipando di fatto quanto previsto dalla normativa nazionale. Il ministero dell’Interno ha evidenziato come questa disposizione sia “non in linea” con le regole generali stabilite dalla legge 165/2014, che prevede per i sindaci l’obbligo di dimissioni solo entro la data di presentazione delle candidature, ovvero 30 giorni prima del voto.
Secondo il Viminale, la nuova norma potrebbe creare un danno eccessivo ai sindaci e alle comunità locali, impedendo loro di portare a termine il mandato amministrativo senza alcuna certezza di essere effettivamente candidati alle elezioni regionali.
Lo scontro istituzionale e i prossimi passi
La legge di bilancio, approvata dal Consiglio regionale il 18 dicembre 2024 e pubblicata il 31 dicembre, è attualmente sotto esame da parte del governo, che ha ancora 20 giorni per decidere se impugnarla. Se la Regione Puglia non dovesse correggere l’articolo 219, lo scontro potrebbe finire direttamente davanti alla Corte Costituzionale.
In un contesto politico regionale già complesso, appare difficile un accordo rapido per modificare la norma e scongiurare l’impugnazione. Il rischio è che la questione si trasformi in un nuovo braccio di ferro tra la Regione e il governo nazionale, con ricadute sulle prossime elezioni e sulle strategie politiche dei sindaci pugliesi.
La norma che impone ai sindaci candidati alle elezioni regionali di dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura finisce nel mirino del ministero dell’Interno, che ne evidenzia le criticità e preannuncia un possibile ricorso. Con una nota trasmessa a Palazzo Chigi, il Viminale ha espresso “perplessità” sull’articolo 219 della legge di bilancio 2025 della Regione Puglia, ritenendolo una limitazione del diritto di elettorato passivo per i primi cittadini.
La norma contestata e il rischio di impugnazione
La legge regionale, approvata a scrutinio segreto, impone ai sindaci in carica di dimettersi almeno sei mesi prima delle elezioni regionali, anticipando di fatto quanto previsto dalla normativa nazionale. Il ministero dell’Interno ha evidenziato come questa disposizione sia “non in linea” con le regole generali stabilite dalla legge 165/2014, che prevede per i sindaci l’obbligo di dimissioni solo entro la data di presentazione delle candidature, ovvero 30 giorni prima del voto.
Secondo il Viminale, la nuova norma potrebbe creare un danno eccessivo ai sindaci e alle comunità locali, impedendo loro di portare a termine il mandato amministrativo senza alcuna certezza di essere effettivamente candidati alle elezioni regionali.
Lo scontro istituzionale e i prossimi passi
La legge di bilancio, approvata dal Consiglio regionale il 18 dicembre 2024 e pubblicata il 31 dicembre, è attualmente sotto esame da parte del governo, che ha ancora 20 giorni per decidere se impugnarla. Se la Regione Puglia non dovesse correggere l’articolo 219, lo scontro potrebbe finire direttamente davanti alla Corte Costituzionale.
In un contesto politico regionale già complesso, appare difficile un accordo rapido per modificare la norma e scongiurare l’impugnazione. Il rischio è che la questione si trasformi in un nuovo braccio di ferro tra la Regione e il governo nazionale, con ricadute sulle prossime elezioni e sulle strategie politiche dei sindaci pugliesi.
La norma che impone ai sindaci candidati alle elezioni regionali di dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura finisce nel mirino del ministero dell’Interno, che ne evidenzia le criticità e preannuncia un possibile ricorso. Con una nota trasmessa a Palazzo Chigi, il Viminale ha espresso “perplessità” sull’articolo 219 della legge di bilancio 2025 della Regione Puglia, ritenendolo una limitazione del diritto di elettorato passivo per i primi cittadini.
La norma contestata e il rischio di impugnazione
La legge regionale, approvata a scrutinio segreto, impone ai sindaci in carica di dimettersi almeno sei mesi prima delle elezioni regionali, anticipando di fatto quanto previsto dalla normativa nazionale. Il ministero dell’Interno ha evidenziato come questa disposizione sia “non in linea” con le regole generali stabilite dalla legge 165/2014, che prevede per i sindaci l’obbligo di dimissioni solo entro la data di presentazione delle candidature, ovvero 30 giorni prima del voto.
Secondo il Viminale, la nuova norma potrebbe creare un danno eccessivo ai sindaci e alle comunità locali, impedendo loro di portare a termine il mandato amministrativo senza alcuna certezza di essere effettivamente candidati alle elezioni regionali.
Lo scontro istituzionale e i prossimi passi
La legge di bilancio, approvata dal Consiglio regionale il 18 dicembre 2024 e pubblicata il 31 dicembre, è attualmente sotto esame da parte del governo, che ha ancora 20 giorni per decidere se impugnarla. Se la Regione Puglia non dovesse correggere l’articolo 219, lo scontro potrebbe finire direttamente davanti alla Corte Costituzionale.
In un contesto politico regionale già complesso, appare difficile un accordo rapido per modificare la norma e scongiurare l’impugnazione. Il rischio è che la questione si trasformi in un nuovo braccio di ferro tra la Regione e il governo nazionale, con ricadute sulle prossime elezioni e sulle strategie politiche dei sindaci pugliesi.
La norma che impone ai sindaci candidati alle elezioni regionali di dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura finisce nel mirino del ministero dell’Interno, che ne evidenzia le criticità e preannuncia un possibile ricorso. Con una nota trasmessa a Palazzo Chigi, il Viminale ha espresso “perplessità” sull’articolo 219 della legge di bilancio 2025 della Regione Puglia, ritenendolo una limitazione del diritto di elettorato passivo per i primi cittadini.
La norma contestata e il rischio di impugnazione
La legge regionale, approvata a scrutinio segreto, impone ai sindaci in carica di dimettersi almeno sei mesi prima delle elezioni regionali, anticipando di fatto quanto previsto dalla normativa nazionale. Il ministero dell’Interno ha evidenziato come questa disposizione sia “non in linea” con le regole generali stabilite dalla legge 165/2014, che prevede per i sindaci l’obbligo di dimissioni solo entro la data di presentazione delle candidature, ovvero 30 giorni prima del voto.
Secondo il Viminale, la nuova norma potrebbe creare un danno eccessivo ai sindaci e alle comunità locali, impedendo loro di portare a termine il mandato amministrativo senza alcuna certezza di essere effettivamente candidati alle elezioni regionali.
Lo scontro istituzionale e i prossimi passi
La legge di bilancio, approvata dal Consiglio regionale il 18 dicembre 2024 e pubblicata il 31 dicembre, è attualmente sotto esame da parte del governo, che ha ancora 20 giorni per decidere se impugnarla. Se la Regione Puglia non dovesse correggere l’articolo 219, lo scontro potrebbe finire direttamente davanti alla Corte Costituzionale.
In un contesto politico regionale già complesso, appare difficile un accordo rapido per modificare la norma e scongiurare l’impugnazione. Il rischio è che la questione si trasformi in un nuovo braccio di ferro tra la Regione e il governo nazionale, con ricadute sulle prossime elezioni e sulle strategie politiche dei sindaci pugliesi.
La norma che impone ai sindaci candidati alle elezioni regionali di dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura finisce nel mirino del ministero dell’Interno, che ne evidenzia le criticità e preannuncia un possibile ricorso. Con una nota trasmessa a Palazzo Chigi, il Viminale ha espresso “perplessità” sull’articolo 219 della legge di bilancio 2025 della Regione Puglia, ritenendolo una limitazione del diritto di elettorato passivo per i primi cittadini.
La norma contestata e il rischio di impugnazione
La legge regionale, approvata a scrutinio segreto, impone ai sindaci in carica di dimettersi almeno sei mesi prima delle elezioni regionali, anticipando di fatto quanto previsto dalla normativa nazionale. Il ministero dell’Interno ha evidenziato come questa disposizione sia “non in linea” con le regole generali stabilite dalla legge 165/2014, che prevede per i sindaci l’obbligo di dimissioni solo entro la data di presentazione delle candidature, ovvero 30 giorni prima del voto.
Secondo il Viminale, la nuova norma potrebbe creare un danno eccessivo ai sindaci e alle comunità locali, impedendo loro di portare a termine il mandato amministrativo senza alcuna certezza di essere effettivamente candidati alle elezioni regionali.
Lo scontro istituzionale e i prossimi passi
La legge di bilancio, approvata dal Consiglio regionale il 18 dicembre 2024 e pubblicata il 31 dicembre, è attualmente sotto esame da parte del governo, che ha ancora 20 giorni per decidere se impugnarla. Se la Regione Puglia non dovesse correggere l’articolo 219, lo scontro potrebbe finire direttamente davanti alla Corte Costituzionale.
In un contesto politico regionale già complesso, appare difficile un accordo rapido per modificare la norma e scongiurare l’impugnazione. Il rischio è che la questione si trasformi in un nuovo braccio di ferro tra la Regione e il governo nazionale, con ricadute sulle prossime elezioni e sulle strategie politiche dei sindaci pugliesi.
La norma che impone ai sindaci candidati alle elezioni regionali di dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura finisce nel mirino del ministero dell’Interno, che ne evidenzia le criticità e preannuncia un possibile ricorso. Con una nota trasmessa a Palazzo Chigi, il Viminale ha espresso “perplessità” sull’articolo 219 della legge di bilancio 2025 della Regione Puglia, ritenendolo una limitazione del diritto di elettorato passivo per i primi cittadini.
La norma contestata e il rischio di impugnazione
La legge regionale, approvata a scrutinio segreto, impone ai sindaci in carica di dimettersi almeno sei mesi prima delle elezioni regionali, anticipando di fatto quanto previsto dalla normativa nazionale. Il ministero dell’Interno ha evidenziato come questa disposizione sia “non in linea” con le regole generali stabilite dalla legge 165/2014, che prevede per i sindaci l’obbligo di dimissioni solo entro la data di presentazione delle candidature, ovvero 30 giorni prima del voto.
Secondo il Viminale, la nuova norma potrebbe creare un danno eccessivo ai sindaci e alle comunità locali, impedendo loro di portare a termine il mandato amministrativo senza alcuna certezza di essere effettivamente candidati alle elezioni regionali.
Lo scontro istituzionale e i prossimi passi
La legge di bilancio, approvata dal Consiglio regionale il 18 dicembre 2024 e pubblicata il 31 dicembre, è attualmente sotto esame da parte del governo, che ha ancora 20 giorni per decidere se impugnarla. Se la Regione Puglia non dovesse correggere l’articolo 219, lo scontro potrebbe finire direttamente davanti alla Corte Costituzionale.
In un contesto politico regionale già complesso, appare difficile un accordo rapido per modificare la norma e scongiurare l’impugnazione. Il rischio è che la questione si trasformi in un nuovo braccio di ferro tra la Regione e il governo nazionale, con ricadute sulle prossime elezioni e sulle strategie politiche dei sindaci pugliesi.
La norma che impone ai sindaci candidati alle elezioni regionali di dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura finisce nel mirino del ministero dell’Interno, che ne evidenzia le criticità e preannuncia un possibile ricorso. Con una nota trasmessa a Palazzo Chigi, il Viminale ha espresso “perplessità” sull’articolo 219 della legge di bilancio 2025 della Regione Puglia, ritenendolo una limitazione del diritto di elettorato passivo per i primi cittadini.
La norma contestata e il rischio di impugnazione
La legge regionale, approvata a scrutinio segreto, impone ai sindaci in carica di dimettersi almeno sei mesi prima delle elezioni regionali, anticipando di fatto quanto previsto dalla normativa nazionale. Il ministero dell’Interno ha evidenziato come questa disposizione sia “non in linea” con le regole generali stabilite dalla legge 165/2014, che prevede per i sindaci l’obbligo di dimissioni solo entro la data di presentazione delle candidature, ovvero 30 giorni prima del voto.
Secondo il Viminale, la nuova norma potrebbe creare un danno eccessivo ai sindaci e alle comunità locali, impedendo loro di portare a termine il mandato amministrativo senza alcuna certezza di essere effettivamente candidati alle elezioni regionali.
Lo scontro istituzionale e i prossimi passi
La legge di bilancio, approvata dal Consiglio regionale il 18 dicembre 2024 e pubblicata il 31 dicembre, è attualmente sotto esame da parte del governo, che ha ancora 20 giorni per decidere se impugnarla. Se la Regione Puglia non dovesse correggere l’articolo 219, lo scontro potrebbe finire direttamente davanti alla Corte Costituzionale.
In un contesto politico regionale già complesso, appare difficile un accordo rapido per modificare la norma e scongiurare l’impugnazione. Il rischio è che la questione si trasformi in un nuovo braccio di ferro tra la Regione e il governo nazionale, con ricadute sulle prossime elezioni e sulle strategie politiche dei sindaci pugliesi.
La norma che impone ai sindaci candidati alle elezioni regionali di dimettersi sei mesi prima della scadenza della legislatura finisce nel mirino del ministero dell’Interno, che ne evidenzia le criticità e preannuncia un possibile ricorso. Con una nota trasmessa a Palazzo Chigi, il Viminale ha espresso “perplessità” sull’articolo 219 della legge di bilancio 2025 della Regione Puglia, ritenendolo una limitazione del diritto di elettorato passivo per i primi cittadini.
La norma contestata e il rischio di impugnazione
La legge regionale, approvata a scrutinio segreto, impone ai sindaci in carica di dimettersi almeno sei mesi prima delle elezioni regionali, anticipando di fatto quanto previsto dalla normativa nazionale. Il ministero dell’Interno ha evidenziato come questa disposizione sia “non in linea” con le regole generali stabilite dalla legge 165/2014, che prevede per i sindaci l’obbligo di dimissioni solo entro la data di presentazione delle candidature, ovvero 30 giorni prima del voto.
Secondo il Viminale, la nuova norma potrebbe creare un danno eccessivo ai sindaci e alle comunità locali, impedendo loro di portare a termine il mandato amministrativo senza alcuna certezza di essere effettivamente candidati alle elezioni regionali.
Lo scontro istituzionale e i prossimi passi
La legge di bilancio, approvata dal Consiglio regionale il 18 dicembre 2024 e pubblicata il 31 dicembre, è attualmente sotto esame da parte del governo, che ha ancora 20 giorni per decidere se impugnarla. Se la Regione Puglia non dovesse correggere l’articolo 219, lo scontro potrebbe finire direttamente davanti alla Corte Costituzionale.
In un contesto politico regionale già complesso, appare difficile un accordo rapido per modificare la norma e scongiurare l’impugnazione. Il rischio è che la questione si trasformi in un nuovo braccio di ferro tra la Regione e il governo nazionale, con ricadute sulle prossime elezioni e sulle strategie politiche dei sindaci pugliesi.