“Il quadro della criminalità foggiana è molto complesso e lo stiamo seguendo con molta attenzione. Serve un contrasto serio contro rapine e omicidi efferati. Rinforzi? Ne sono già arrivati ma altri ne arriveranno”. È stato concreto e lucido il capo nazionale della Polizia di Stato, il prefetto Lamberto Giannini, ospite dell’Unifg per una lectio magistralis sul terrorismo degli anni di piombo e quello più attuale islamico.
Presenti tutte le massime istituzioni del territorio invitate dal rettore Pierpaolo Limone e dalla sua delegata Rossella Palmieri. Netto il questore Ferdinando Rossi: “Abbiamo bisogno che la Squadra Stato si allunghi. Occorre una panchina lunga per avere risultati migliori”.
Il procuratore Ludovico Vaccaro: “La relazione col territorio è la missione principale dell’Unifg che ha già ospitato le più alte cariche dello Stato. La presenza del prefetto Giannini è l’ulteriore riprova di una attenzione speciale della polizia verso questo territorio. Non è una attenzione a parole, ma è una vicinanza concreta ed operativa: lo dimostrano le recenti operazioni svolte insieme al servizio centrale operativo con gli agenti sotto copertura penetrati nello spaccio a San Severo e l’altra sugli assalti ai blindati. Abbiamo in programma altre importanti attività di indagine. Questo territorio vive un paradosso, un ossimoro: siamo una delle ultime province d’Italia per servizi, scontiamo un ritardo culturale, sociale ed economico dovuto alla criminalità. Abbiamo anche grandi opportunità, ben presto se ci saremo liberati della criminalità organizzata, questo territorio potrà sfruttare le proprie risorse”.
Quando è arrivato il momento di Lamberto Giannini, con una lunga carriera resa luminosa dagli arresti dei terroristi del professor Marco Biagi, il capo della polizia ha dissertato per circa un’ora delle Brigate Rosse, dello Stato islamico e dei vari passaggi normativi che hanno modificato l’ordinamento nazionale e internazionale.
“Una società per potersi difendere da fenomeni criminali aggressivi mutanti deve essere in grado di fornire degli strumenti normativi idonei a fronteggiare il tipo di minaccia e deve farlo in anticipo per prevenirla. Tutto questo si ottiene con uno sforzo sistemico. C’è una rincorsa continua ma si può riuscire a munire la società di qualche step di sicurezza. Alla fine degli anni Settanta avevamo degli articoli del codice Rocco. In quegli anni il Paese si trova a fronteggiare una serie di aggressioni importanti con la strategia della tensione e iniziano una serie di manifestazioni con una serie di turbative. Le Br lasceranno per oltre un decennio una scia terribile di sangue insieme ad altre formazioni di altre matrici. A connotare una chiara escalation ci furono i sequestri, con quello di Sossi a Genova”, ha illustrato in esordio.
Poco dopo ci sarà il caso Moro, cui seguì una legislazione premiale. Lo Stato interviene inserendo norme che individuano due figure: il pentito e il dissociato ossia chi prende le distanze dal portato ideologico dell’organizzazione.
Giannini ha poi seguito la guerra del Golfo, poi Bosnia, Serbia, Croazia e i foreign fighters.
“Iniziano ad accadere fatti che sembrano lontani da noi in Kenia e Tanzania quando vengono distrutte due ambasciate degli Stati Uniti. Un episodio cambia il mondo, l’11 settembre con l’attacco alle Torri Gemelle. Arrivano allora grandi innovazioni per il nostro codice penale, si inizia a prevedere anche coloro che attentano e attaccano altri Stati. Non guardiamo più al nostro paese sovrano ma ci consideriamo parte di una comunità internazionale e in più c’è un’altra rivoluzione: si attinge ad una norma che avevamo per la mafia. La lotta è globalizzata”.
Scambi di dati con una novità: il legislatore dà la possibilità di avviare le intercettazioni preventive con le acquisizioni di tabulati e senza la necessità del vaglio di un giudice e senza l’utilizzo come elemento di processo ma solo per prevenire.
“Dopo il 2001 scoppia la seconda guerra del Golfo dove avremo la perdita di Nassiriya. Dopo questo fatto si istituisce il comitato che coordina intelligence e forze dell’ordine per uno scambio di informazioni”.
Londra e Madrid saranno sotto attacco islamico. Le forze di polizia si concentrano sui lupi solitari, ricorda Giannini.
“Con la nascita dell’autoproclamato stato islamico, noi abbiamo un’organizzazione terroristica che diventa uno Stato: dopo le primavere arabe si creano dei vuoti di potere guidati da figure iconiche per creare un califfato dove poter praticare la sharia. Assistiamo al flusso di migliaia di persone per mettersi al servizio del califfato e per esportare la rivoluzione religiosa. Secondo le stime circa 6mila persone sono partite dall’Europa, si sono arruolati in una organizzazione terroristica, un fatto senza precedenti”.
Sulla rivista Dabik la bandiera del califfato si issa a Piazza San Pietro. Giungeranno poi l’attacco al museo ebraico di Bruxelles e quello al giornale Charlie Hebdo: “Anche qui c’è un passaggio importante di riforma. Si cerca di avere una legislazione che ci possa preservare e si punta tutto sui foreign fighters, su chi si arruola e si organizza per fare dei viaggi all’estero o si auto addestra”.
All’epoca Giannini userà un volantino della brigatista foggiana Nadia Desdemona Lioce con una citazione di Mao per scorgere le differenze con il terrorismo islamico. 10 anni prima dell’omicidio di Biagi aveva scritto: “Le montagne sono alte ma con ogni colpo di zappa si abbasseranno”. Il terrorismo rosso era lento e metodico. Quello islamico istantaneo e rapidissimo. “Dovemmo studiare la diversa postura per contrastare il terrorismo islamico”.
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