Luigi Ferro e Pietro De Lia alla sbarra. Oggi l’udienza preliminare del processo per le intimidazioni agli imprenditori agricoli di San Severo, Apricena e San Marco in Lamis. Ferro alias “Gino di Brancia”, 52 anni, nome di spicco della criminalità garganica, avrebbe vessato numerose persone. Attraverso la minaccia di danneggiamenti e violenza “costringeva gli imprenditori agricoli proprietari dei terreni collocati in zona ‘Brancia’ di San Marco in Lamis – riportano le carte dell’inchiesta – a parcheggiare i loro mezzi presso la sua masseria per ‘tenerli al sicuro’ dietro pagamento di un compenso annuo tra 1000 e 4000 euro e a consegnargli gratuitamente la paglia”. Inoltre, costringeva le vittime “ad accettare di far pascolare i suoi animali sui loro campi gratuitamente”. Il tutto condito dall’aggravante “di aver agito nei confronti di persone ultra sessantacinquenni”. Tra le vittime, una ventina di persone, figurano infatti alcuni anziani. La gip Roberta Di Maria ha disposto il “giudizio immediato” sia per Ferro che per il 41enne De Lia.
Si sono costituiti come parte offesa la famiglia Luciani, parenti dei contadini uccisi nella strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017, la Fai Antiracket e l’imprenditore Lazzaro D’Auria che da qualche anno vive sotto scorta perché bersaglio della mafia foggiana. Nel processo mancano le costituzioni dei tre Comuni dove sono avvenuti i fatti.
La vicenda ricostruita dai carabinieri
L’arresto di Ferro e De Lia risale ad ottobre 2021 quando i carabinieri presentarono il conto ai due indagati. Secondo l’impianto accusatorio, i due sammarchesi, “in concorso tra loro – scrissero i militari in una nota stampa -, avrebbero costretto gli imprenditori agricoli proprietari dei terreni collocati nei pressi della località ‘Brancia’ (San Severo) a servirsi della ditta da loro controllata per la mietitura e a cedere parte del guadagno a Ferro, nonché a parcheggiare i loro mezzi presso la sua masseria dietro cospicuo pagamento annuo. In caso di ingaggio di ditta diversa da quella da loro controllata, gli imprenditori agricoli, subivano pressioni e successivi danneggiamenti”. “Avevano molta paura a causa della forza intimidatoria di Ferro”, spiegarono i carabinieri in conferenza stampa. “Incuteva soggezione”.
L’indagine scaturì dal ritrovamento di due block notes (in cui erano annotati nomi e cifre) nell’abitazione di un pregiudicato di San Marco in Lamis (estraneo a questa inchiesta), perquisita nell’ambito dei servizi ad alto impatto attuati dopo la strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017. Gli investigatori del Nucleo Operativo della Compagnia di San Giovanni Rotondo, “insospettiti dai nomi e dalle cifre, avviarono una peculiare attività di indagine volta a capirne il contenuto e il motivo di tali annotazioni, risultate essere le pesature quotidiane del raccolto dei cereali. Emerse, attraverso le escussioni di numerosi testimoni (seppur alcuni dei quali reticenti), una costante e ben organizzata attività criminale, la quale si avvaleva della forza intimidatoria e coercitiva al fine di privare gli agricoltori della capacità di autodeterminarsi nella scelta delle ditte di cui servirsi per la mietitura di orzo e grano, pena danneggiamento dei mezzi di lavoro e altre forme di violenza”.