Il Tribunale di Roma ha condannato le Ferrovie dello Stato al risarcimento di 200mila euro alla vedova e i due figli di un operaio di Foggia morto di mesotelioma da esposizione ad amianto accogliendo un ricorso presentato dagli avv. Daniela Cataldo ed Ezio Bonanni, Presidente Osservatorio Nazionale Amianto.
Dal 1969 l’uomo ha lavorato alle dipendenze di RFI come aggiustatore meccanico nelle Officine Grandi Riparazioni di Foggia occupandosi della manutenzione dei rotabili ferroviari, motori, tubazioni, cavi elettrici, etc. Nonostante la resistenza delle Ferrovie è stato dimostrato che la fibra killer è stata utilizzata nelle carrozze e nei locomotori, e che coloro che vi hanno lavorato, purtroppo hanno subito elevata esposizione. L’operaio, al quale dopo 14 mesi è stato diagnosticato un mesotelioma da esposizione ad amianto che, dopo una lunga agonia, lo ha ucciso all’età di 69 anni lasciando la moglie vedova (63 anni), e i due figli (di 37 e 33 anni), infatti lavorava in un unico grande ambiente insieme tutte le maestranze, e adesso è in corso un vero e proprio fenomeno epidemico di malattie asbesto correlate, in particolare di mesoteliomi. La sua vicenda è simile a quella di tanti suoi colleghi, morti a Torino, come a Bologna, e la storia delle OFR delle Ferrovie è caratterizzata dalla strage di lavoratori esposti ad amianto, che in qualche caso ha colpito anche i familiari.
Ferrovie dello Stato aveva contestato la pretesa con la motivazione che “solo a partire dalla metà degli anni ’70 vi è stata la presa di coscienza circa la pericolosità della esposizione a fibre in amianto”. Non è stata dello stesso avviso il giudice Antonella Casoli che invece ha richiamato precedenti sentenze sottolineando che “già negli anni ‘50 esisteva un’ampia letteratura scientifica che richiamava gli effetti dannosi dell’amianto e ha ribadito la responsabilità per aver esposto l’operaio “a elevatissime concentrazioni di polveri e fibre di amianto, contenute nei materiali manipolati e comunque aerodisperse nell’ambiente di lavoro”, ma anche perché avrebbe “omesso di mettere a disposizione dei lavoratori dispositivi di protezione individuale, quali mascherine e tute da lavoro e di informare il lavoratore sui rischi connessi” all’amianto.
“Siamo soddisfatti del risultato, ma non è giusto che le persone esposte alla fibra killer e i loro familiari debbano affrontare un calvario giudiziario perché siano riconosciuti i loro diritti – dichiara Bonanni, che ribadisce “la necessità di una nuova cultura dell’impresa che sia rispettosa della sicurezza sul lavoro, che eviti infortuni e malattie professionali e che superi la logica che vede contrapposte le maestranze e i loro datori di lavoro, perché tutti gli sforzi siano concentrati sulla tutela della salute in un ambiente di lavoro sano“.
L’ultimo Rapporto mesoteliomi pubblicato nel febbraio 2022 e aggiornato al 2018 ha censito 696 casi tra i dipendenti di FS (fino al 2015 erano 619). I numeri sono ancora parziali, perché tre regioni non hanno inviato i casi registrati dal 2016. Ma è solo la punta dell’iceberg, perché poi dal 2015 al 2021 l’ONA ha censito ulteriori 200 casi, il che ha portato a circa 1000 decessi solo per mesotelioma e sfiora i 3000, tenendo conto di tutte le altre malattie asbesto correlate, portando ad un complessivo numero di 4000 morti, escludendo le ditte esterne di coibentazione delle carrozze ferroviarie.