“Prosciolto perché il fatto non sussiste”. Nell’udienza preliminare di ieri, lunedì 31 gennaio 2022, sono cadute le accuse mosse dalle denunce di Vincenzo Colapietro nei confronti di Stefano Colelli, direttore del servizio provinciale di emergenza-urgenza 118 del Policlinico Riuniti di Foggia. Le accuse riguardavano presunte discrasie nel curriculum di Colelli, ma i giudici non hanno rilevato illeciti.
“Le testimonianze dirette, le acquisizioni documentali, le foto, i tabulati telefonici, gli interrogatori e ogni altro riscontro scaturito dall’attività investigativa della Procura hanno confermato appieno quanto Stefano Colelli aveva sempre sostenuto difendendosi dalla poderosa macchina del fango messa in moto negli ultimi mesi – riporta una nota stampa inviata alle testate con il commento di Colelli -. Una macchina del fango che aveva tirato in ballo anche la Commissione Giudicatrice del concorso regolarmente vinto da Stefano Colelli in virtù di competenze, titoli, esperienza e meriti alla base del suo incarico di direttore del servizio provinciale di emergenza-urgenza 118 del Policlinico Riuniti di Foggia. Ieri, nell’udienza preliminare, lo stesso Colelli ha risposto a tutte le domande del Pm e del Gup”.
“La verità per le persone perbene viene sempre a galla – ha dichiarato Colelli -. Al termine di questa incredibile e sconcertante vicenda, lasciatemi dire che non si può giocare in modo così sporco sulla vita e la professionalità delle persone, di un uomo come me, che tanti sacrifici ha dovuto fare per raggiungere un alto profilo professionale. Si rischia di impazzire nell’attesa che, nelle sedi opportune, emerga la verità dei fatti e che essa spazzi via la montagna di fango accumulatasi in mesi e mesi di feroce campagna mediatica e social. Mi sono sentito calpestato e infangato, con azioni che sono entrate di prepotenza nella mia vita privata, violandola, con pesanti ricadute su una serenità familiare a lungo messa a repentaglio. Amici, familiari e conoscenti hanno visto il mio nome e la mia reputazione associati ad accuse e atti completamente infondati. Ecco, alla fine di questo lungo tormento, voglio sia chiaro che il mio direttore generale, Vitangelo Dattoli, ha agito sempre nel rispetto delle regole in questa vicenda, come ogni singola persona tirata in ballo e messa nel tritacarne mediatico. Ringrazio il mio avvocato Michele Dell’Aquila, che ha saputo mettere in fila i fatti, i documenti, le testimonianze e ogni altro utile elemento per spalare tutto il castello di fango messo su in questi mesi. Ringrazio le tante persone che mi sono state vicine, che hanno creduto all’onestà e alla trasparenza di ogni mia singola azione e parola in questa vicenda. Anche grazie a loro, sono riuscito ad affrontare tutta questa assurda vicenda mantenendo un livello di calma e lucidità essenziale per continuare a fare il mio lavoro giorno per giorno, in un periodo storico reso ancora più difficile dal dramma della pandemia. Continuerò a lavorare per migliorare un servizio essenziale per i cittadini, da oggi con ancora più forza ed entusiasmo”.
La difesa di Colapietro
Il legale di Colapietro, l’avvocato Michele Vaira non si sbilancia dopo l’esito del giudizio: “Commenterò eventualmente la sentenza dopo averla letta”. Vaira non ha presenziato all’udienza di ieri e spiega il motivo: “Perché la denuncia del dottor Colapietro era finalizzata ad accertare fatti, non a chiedere risarcimenti. I fatti sono chiari: un corso della durata di due giorni è stato frequentato solo in parte dal dottor Colelli, per sua stessa ammissione. Al termine di una breve presenza è stato rilasciato un attestato. La Procura contestava un falso nel curriculum. L’attestato c’è. Come sia stato ottenuto è un altro discorso, e rileva su un piano diverso dal diritto penale. Il dottor Colapietro sosteneva che la presenza il secondo giorno del corso era incompatibile con l’attività lavorativa del Colelli. Una circostanza – conclude Vaira – confermata dalle indagini e dallo stesso protagonista della vicenda”. (In alto, Colapietro e Colelli)