Ogni giorno in Capitanata ci sono almeno quattro donne che chiamano in Questura per denunciare episodi di violenza a loro danno. È il triste bilancio emerso a margine della conferenza tenutasi presso la Parrocchia di Lourdes ad Orta Nova, dove sono intervenuti Alfonsina De Sario (commissaria della Polizia di Stato e referente dell’ufficio minori e vittime vulnerabili), Antonio D’Amore (responsabile III Sezione squadra mobile reati contro la persona) e Maria Grazia Corcelli (III sezione squadra mobile). In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, la Polizia di Stato ha voluto incontrare la comunità ortese che negli ultimi anni è stata teatro di cruenti femminicidi, un’occasione in più per dialogare con una realtà ancora ferita e provata dalle terribili notizie di cronaca.
Una vera e propria emergenza che esige una certa conoscenza degli strumenti che la legge mette a disposizione per prevenire il reato e per perseguire i responsabili. Dopo una cronistoria delle conquiste sociali al femminile nell’ordinamento italiano, i relatori si sono soffermati sulle modifiche introdotte dalla legge 69 del 2019, cosiddetta del “Codice Rosso”, la quale ha velocizzato i provvedimenti a carico dei responsabili delle violenze e ha cercato di tutelare in maniera tempestiva le vittime. Dopo questo cambiamento voluto dal Legislatore, secondo quanto confermato anche dai relatori, sarebbero aumentate le denunce. Ma questo non è bastato ad arginare un turbine di violenze che continua ad investire la Capitanata e che mette a dura prova anche gli uffici della Questura, dove ogni giorno transitano donne da ascoltare e da convincere ad esporre le proprie problematiche.
“All’interno della Questura di Foggia – spiega il commissario D’Amore – abbiamo adibito degli spazi distensivi e arredati in maniera accogliente, per venire incontro alle donne o ai minori che li frequentano. Uno di questi spazi è stato creato grazie ad una donazione del musicista Giovanni Allevi. Mettere a loro agio queste persone che hanno subito delle violenze è fondamentale per la buona riuscita delle indagini. Tante donne non denunciano perché non hanno un’indipendenza economica dal proprio marito/aggressore e pensano di non riuscire più a badare ai figli. Per questo motivo è fondamentale anche il ruolo dei cittadini informati dei fatti e della comunità in generale per il reinserimento di queste donne”.
Sul tema del reinserimento ci sarebbero ancora molti step da fare in Capitanata. Se da un lato aumentano i centri anti-violenza dove le donne posso avere ascolto e consulenza, non sono ancora abbastanza i rifugi sicuri dove le vittime possano trovare riparo in situazioni di emergenza. Anche nella città capoluogo scarseggiano queste strutture. Nel frattempo in alcune regioni di Italia si sta sperimentando il Protocollo Zeus, un percorso rieducativo per gli uomini violenti – destinatari di ammonizione o provvedimento restrittivi – per indagare nella propria coscienza ed isolare il seme della violenza. Queste sono le speranze per far sì che in futuro questa strage silenziosa possa terminare.