La Cassazione dice no a Rocco Moretti junior, 24 anni, “rampollo” del clan mafioso foggiano Moretti-Pellegrino-Lanza. Suo nonno è l’omonimo boss incontrastato della “Società”, da tempo al 41 bis nel carcere di L’Aquila. È in cella anche Pasquale Moretti, padre del 24enne. Rocco junior si è visto respingere il ricorso presentato in Cassazione dopo la condanna a 4 anni di carcere decisa dai giudici della Corte d’Appello. Ricorso respinto anche per il 27enne Davide Monti, al quale pure vennero inflitti 4 anni.
Lo scorso anno, in secondo grado, entrambi i giovani furono ritenuti colpevoli di tentata estorsione, danneggiamento e lesioni. Rocco junior punito in quanto mandante della bomba alla profumeria “Gattullo” nel gennaio 2019 ma anche per avere ordinato il pestaggio di un detenuto. L’attentato dinamitardo fu organizzato allo scopo di convincere i titolari dell’attività a versare il pizzo ai clan della Società Foggiana. A piazzare l’ordigno fu Monti. In secondo grado, i giudici della Corte d’Appello di Bari avevano inflitto 3 anni per tentata estorsione e danneggiamenti e un anno per il pestaggio al giovane nipote del boss, 2 anni e 8 mesi per l’attentato e 13 mesi per le lesioni a Monti. “Gattullo” fu colpita il 7 gennaio 2019, pochi giorni dopo l’incendio di una friggitoria del centro storico. Vicende per le quali scattarono gli arresti nell’ambito dell’operazione “Chorus”.
Nella sentenza della Cassazione che ha respinto i ricorsi, si legge che i due costrinsero le vittime “a versare una somma imprecisata di denaro, con violenza e minaccia consistita dapprima nel lancio di un bomba carta verso l’ingresso dell’esercizio commerciale dei Gattullo, la cui esplosione provocava il danneggiamento della saracinesca di esso, quindi nell’avvicinamento di Gattullo Alessandro, fratello di Marco, cui gli imputati sollecitavano il pagamento di una tangente, pena la chiusura dei tre esercizi commerciali gestiti a Foggia dalla famiglia Gattullo. È consistita altresì, in concorso fra loro e con altri soggetti, non tutti identificati, nell’aver provocato a A.S. lesioni consistite nella rottura dell’arcata sopracciliare sinistra”.
In particolare, nel ricorso, Moretti ha sostenuto che né Gattullo Antonio né Gattullo Marco conoscevano personalmente Moretti, sì che non è detto che chi aveva poi interloquito con Gattullo Alessandro fosse stato lo stesso Moretti, e comunque il tutto si era basato sulle dichiarazioni di Gattullo Alessandro, cui avevano prestato affidamento gli altri due Gattullo. Ha poi ricordato che la presunta vittima aveva negato di essere stata aggredita, e poi che nulla collega il ‘Rocco’ menzionato nei colloqui intercettati con la persona di Moretti”.
Ma per i giudici non ci sono dubbi sul collegamento con il giovane boss. “Quanto alla responsabilità di Moretti – si legge -, essa è stata dalla Corte barese ritenuta in modo sicuro sulla scorta del riferimento a tale ‘Rocco’ quale uno degli autori dell’aggressione, con la precisazione che nella sezione dell’istituto di pena che ne è stato teatro Moretti era l’unico detenuto ad avere tale prenome”.
Per tutti questi motivi, i giudici hanno dichiarato “inammissibili i ricorsi” con “condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila euro in favore della cassa delle ammende”.
Gli investigatori si servirono anche delle dichiarazioni rese agli investigatori da A.S., il quale raccontò che quel giorno di gennaio con il suo scooter accompagnò l’amico Davide Monti presso la profumeria di via Lecce. “A mia insaputa – disse A.S. – Monti piazzò un piccolo ordigno nei pressi della serranda della profumeria causando un danneggiamento” […] “Io sono scappato dopo la deflagrazione lasciando Monti in quel posto. Il motivo del gesto di Monti l’ho appreso nei vostri Uffici direttamente da lui. Mi ha detto che aveva avuto problemi col proprietario della profumeria per questioni di donne”.
Lo stesso Monti, in sede di interrogatorio, parlò di dissidi sentimentali: “Mi sono sentito offeso perché aveva contattato una ragazza che io sentivo in quel periodo. Allora ho comprato un ordigno su una bancarella a Capodanno”. La vicenda fu però smentita dal proprietario dell’attività commerciale e dalle stesse risultanze investigative.
Le vittime spiegarono che Rocco Moretti aveva chiesto loro “se per il fatto della bomba eravamo andati a piangere da qualcuno. Moretti disse che la bomba l’aveva fatta mettere lui e che entro un mese dovevamo iniziare a pagare pure noi la tangente. Io gli dicevo che gli affari ai negozi non andavano bene e lui replicava che avevamo tre negozi e che se non pagavamo ci faceva chiudere lui tutti i negozi. Gli dissi che sapevo che la bomba era stata messa per questioni di donne e mi ha risposto che gli autori del gesto non potevano certo dire alla polizia che si trattava di un tentativo di estorsione. Era stato lui stesso a suggerire agli autori di fornire quella versione in caso fossero stati scoperti”.
Sulla tentata estorsione di Moretti, la prova finale emerse dalle cimici piazzate dagli investigatori in sala d’attesa. Gli inquirenti captarono una conversazione delle vittime durante la quale risultò con chiarezza l’attività minacciosa del giovane criminale escludendo, di fatto, la storia della gelosia.