“Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Foggia e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trani, hanno preso cognizione della lettera inviata il 9 dicembre scorso e firmata dai Consiglieri Giudiziari laici nominati dal Consiglio Nazionale Forense su indicazione dei rispettivi Consigli dell’Ordine del Distretto”. Lo riporta una nota stampa diffusa dai legali. “Occorre, prima di ogni altra cosa, rinnovare la fiducia e la stima nei riguardi dei tre professionisti che sono stati individuati – si legge -, quali rappresentanti del libero Foro, in seno al Consiglio Giudiziario di Bari, così come va ulteriormente rimarcata la stima e la collaborazione nei confronti del Presidente della Corte di Appello di Bari, Francesco Cassano, e del Procuratore Generale presso la medesima Corte, Annamaria Tosto.
Sin dal primo giorno dei loro rispettivi insediamenti, i rapporti tenuti dai due alti magistrati con l’Avvocatura sono stati improntati sempre al rispetto reciproco ed alla massima collaborazione, nella consapevolezza di agire tutti nell’unico interesse superiore: il buon funzionamento della Giurisdizione. È, pertanto, con vivo sconcerto che si apprende che il primo atto importante del nuovo Consiglio Giudiziario, insediatosi da poco più di un mese, sia quello della soppressione del cosiddetto “diritto di tribuna” dei consiglieri laici, già previsto dal vigente regolamento per effetto di una riforma medio tempore intervenuta.
Si legge nella richiamata missiva, infatti, che i componenti togati eletti hanno proposto con viva forza la modifica del regolamento nel senso ora illustrato. Lo sconcerto è reso ancor più profondo non riuscendo ad individuare traccia di una sola ragione che possa giustificare tale iniziativa, soprattutto in considerazione che il diritto in parola, dal momento della sua introduzione, è stato esercitato dai componenti laici in maniera esemplare senza alcun nocumento per il sereno e regolare funzionamento del Consiglio Giudiziario”.
E ancora: “Diviene allora inevitabile spiegarsi i motivi di fondo che hanno indotto i proponenti a sostenere tale involuzione del regolamento nel senso di una preconcetta e profonda sfiducia e una grande disistima nei confronti dell’Avvocatura in generale, dei Consigli dell’Ordine e, infine, dei Consiglieri giudiziari laici. Tale impostazione tradisce la inaccettabile idea che l’Avvocatura sia da considerarsi soggetto estraneo alla Giurisdizione e che questa invece sia patrimonio nella esclusiva disponibilità e gestione della Magistratura.
Questo pensiero, tuttavia, è di una arretratezza concettuale e culturale sconfinata, in quanto non soltanto in aperto contrasto con i principi generali del nostro Ordinamento e della Carta Costituzionale, ma in grave distonia con la posizione assunta da autorevoli esponenti della Magistratura che hanno sostenuto, già da diversi anni, l’importanza del contributo dell’Avvocatura nella gestione del Servizio Giustizia: tra i primi possiamo ricordare il Presidente Emerito della Corte di Cassazione Giovanni Canzio, nonché il Presidente della Corte Francesco Cassano e la Procuratore Generale Annamaria Tosto.
Allo stesso modo il Primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione, Piero Curzio, in occasione della sua prima uscita nella sede dell’Ordine degli Avvocati di Bari ha espresso l’importanza della necessaria e indispensabile collaborazione con gli Organi di rappresentanza dell’Avvocatura. È ormai sempre più prevalente l’affermazione che sia giunto il momento che le vicende interne alla Giurisdizione (tranne quelle che riguardino la sicurezza o la privacy del singolo magistrato) siano conosciute e conoscibili dai cittadini e dalla società civile, offrendo loro un comportamento trasparente mai improntato al corporativismo ed al negazionismo.
Si pensi che anche la Corte Costituzionale ha avviato un vero e proprio progetto di trasparenza dei rapporti con la società civile, inviando tutti i propri Componenti nei vari consessi per far conoscere il lavoro e l’importanza del Giudice delle leggi, ma anche affrontando il dialogo con i cittadini. Si aggiunga che la più recente normativa statale ha imposto ai vari organi ed enti la via della trasparenza, affinché chiunque possa conoscere in modo legittimo i lavori svolti e le modalità operative di quelle strutture organizzate e il Parlamento ha all’esame un disegno di legge che riconosce il diritto di tribuna in questione.
Oltre la metà dei Consigli Giudiziari del nostro paese ha già compiuto il passo in avanti verso il riconoscimento in favore dell’Avvocatura della qualità di soggetto imprescindibile e protagonista fondamentale della Giurisdizione. Ebbene, la previsione costituzionale della presenza di componenti laici in seno agli organi giurisdizionali, anche quelli apicali, risponde proprio all’esigenza di garantire la partecipazione della collettività, per il tramite di qualificati esponenti, alla gestione della funzione primaria dello Stato.
Rinchiudersi, oggi, nel segreto della camera di consiglio costituisce un enorme passo indietro della magistratura proprio nei confronti dei cittadini, in nome dei quali viene esercitata la funzione giudiziaria. Gli Avvocati in rappresentanza dei cittadini costituiscono una risorsa da valorizzare anche e soprattutto all’interno degli organi di gestione della giurisdizione e di controllo sull’operato della Magistratura proprio perché portatori di interessi generali e scevri da condizionamenti di appartenenza alla stessa compagine professionale”.
Poi concludono: “La collaborazione ed il contributo dell’Avvocatura non può essere richiesto soltanto quando si tratta di investire fondi per il funzionamento degli uffici giudiziari, e allo stesso tempo venga lasciata fuori la porta (anzi, in questo caso, venga sbattuta fuori dalla stanza) quando si tratta di assistere, e solo di assistere, a decisioni importanti sul funzionamento di quegli stessi uffici. L’iniziativa in parola rappresenta un gravissimo strappo ai rapporti istituzionali con gli organi di rappresentanza dell’Avvocatura da sempre improntati a un sereno confronto e al dialogo costruttivo con la Magistratura. Senza trascurare l’impatto negativo che tale arretramento susciterebbe nella percezione da parte del foro e dell’intera comunità. Per tali imprescindibili ragioni si auspica un ripensamento da parte dei proponenti al fine di scongiurare l’inevitabile incrinamento della sinergica collaborazione tra le componenti della Giurisdizione, non essendo disposta l’Avvocatura ad essere confinata al subalterno ruolo di ospite indesiderato”.