Due sorelle foggiane, imprenditrici, Antonella e Daniela Sebastiano, si rivolgono ad un avvocato per risolvere alcune questioni societarie e si ritrovano dentro ad un incubo colmo di incredibili trovate, fatto di pignoramenti, falsi giudiziari, sentenze inventate, rischi finanziari e truffe legali. Un caso talmente eclatante da rimbalzare a livello nazionale grazie alla trasmissione Le Iene che, con un servizio del 2015 condotto dal giornalista Giulio Golia, aveva indagato sulla condotta dell’avvocato evidenziandone la gravità, vede coinvolte non solo le sorelle Sebastiano, sue clienti che per prime hanno sporto denuncia, ma anche avvocati, tra cui Stefano Scillitani costituitosi parte civile, e giudici del Tribunale foggiano vittime delle falsificazioni dell’avvocato Marciello.
Ebbene oggi quell’incubo è parzialmente finito: l’avvocato Ugo Marciello, denunciato nel 2013 per falso e truffa ai danni di due sue clienti, è stato condannato dal Tribunale di Lecce alla pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione, al pagamento delle spese processuali ed interdetto dalla professione di avvocato per 2 anni. Condannato in primo grado, dovrà risarcire il danno (da liquidarsi) e dovrà pagare una provvisionale di 25.000 euro in favore delle parti civili delle due donne, denuncianti. Il Tribunale ha dichiarato, inoltre, la falsità di tutti gli atti oggetto di giudizio.
Ma andiamo con ordine e ripercorriamo i nudi fatti. La Guardia di Finanza di Foggia nel gennaio 2015 nel dispositivo scriveva che l’avvocato “modificava atti di ricorsi realmente esistenti (decreti ingiuntivi e/o richieste di sequestro redatti da altri colleghi) presentandoli, successivamente, al personale degli uffici giudiziari competenti che, inconsapevolmente, li notificava ai clienti del suo studio legale”. La storia è talmente assurda che, anche Le Iene, hanno dovuto lavorarci un anno e mezzo prima di mandare in onda il servizio.
Marciello avviava di fatto un iter giudiziario, in realtà inesistente, convincendo i suoi assistiti a conferirgli il mandato per impugnare i provvedimenti da lui stesso artificiosamente realizzati. Era un esperto nel creare ulteriori atti giudiziari falsi che, in sostanza, attestavano l’accoglimento dei ricorsi da lui presentati procedendo anche all’annullamento di decreti ingiuntivi e di richieste di sequestri cautelativi. Tutto finto.
I clienti e nel caso di specie le sorelle Sebastiano, convinte di aver vinto la loro causa, successivamente si sono ritrovate con la casa pignorata, su cui agiva Marciello pronto a sottrarre i beni delle donne, conseguendo quindi un ingiusto profitto a danno di ignari assistiti. Stando alle carte processuali, in Tribunale nessuno sarebbe suo complice, benché siano coinvolte le firme di numerosi giudici e colleghi di Marciello. Ma sarebbero tutte firme false.
Risale al 2015, la misura cautelare ai suoi danni degli arresti domiciliari insieme all’interdizione temporanea dalla professione. La fase processuale, durata ben 4 anni e conclusasi con la sentenza di primo grado a firma del Giudice della Prima Sezione Penale del Tribunale di Lecce, Sergio Tosi, ha visto accolte integralmente le richieste formulate dagli avvocati Simone Moffa, Angelo Masucci e Marco Scillitani, difensori delle parti civili. Il pm, Maria Vallefuoco, infatti, aveva chiesto l’assoluzione di Marciello, difeso dall’avvocato Francesca Conte del Foro di Foggia, ritenendo che la responsabilità della falsità degli atti fosse addebitabile ad un altro soggetto, rimasto ignoto.
Le due sorelle oggi possono finalmente respirare, vedere una luce, in una vicenda triste, complessa e ingegnosa, ideata magistralmente ai danni delle malcapitate clienti, che nel corso degli anni gli hanno corrisposto migliaia di euro a titolo di onorari per procedimenti inesistenti. Un piano, quella ideato dal Marciello, perfettamente riuscito approfittando proprio del rapporto di stima che l’avvocato Marciello aveva instaurato con le proprie clienti. Quando sono cominciati ad arrivare i pignoramenti, le due donne non si spiegavano gli eventi: come era possibile che la casa venisse pignorata se avevano vinto la causa? Tutto l’architrave della truffa è apparso alla due sorelle davvero paradossale a maggior ragione perché Marciello era entrato in famiglia, instaurando un rapporto di fiducia e di amicizia. E tutto al fine di carpire la massima dedizione da parte delle clienti, predisponendole ad aiutarlo, economicamente e moralmente. E nel frattempo si faceva pagare per delle cause inesistenti.
Per l’intera famiglia la condanna di primo grado è stata una soddisfazione immensa, perché ad un certo punto si era persa la fiducia, il processo infatti è durato 4 anni. Nella città della Quarta mafia, una storia di fantasia non può che vivere su una architrave ingegnoso.