Erjon Rameta detto “Antonio l’albanese” si è avvalso della facoltà di non rispondere. Scena muta davanti al gip per il 32enne accusato di aver fatto saltare in aria il pub “Poseidon” e il centro per anziani “Il Sorriso di Stefano”.
Il giovane si trova ora rinchiuso nel carcere di Foggia, penitenziario che conosce bene in quanto già frequentato nel 2015 quando venne arrestato per droga; Rameta era infatti già noto alle forze dell’ordine per traffico di cocaina. Di lui ha parlato agli inquirenti Carlo Verderosa, 38enne pentito della mafia foggiana, collaboratore di giustizia dal 18 dicembre 2019, giorno in cui decise di chiudere i conti con il passato, abbandonando la sua batteria d’appartenenza, il gruppo Moretti-Pellegrino-Lanza. I verbali d’interrogatorio di Verderosa sono stati acquisiti in vari processi contro la “Società Foggiana”.
Il neo pentito ha indicato Rameta come “persona a disposizione dei clan”, riferendo di averlo incontrato anche in carcere dove era conosciuto, appunto, come “Antonio l’albanese”, noto per i suoi tatuaggi e amante di belle auto e film sui gangster. Passioni raccontate dalla pagina Facebook del bombarolo che compare in numerose fotografie risultate preziose agli inquirenti. È stato proprio un tatuaggio a tradire “Antonio”, una corona sulla mano sinistra accompagnata dalla lettera M, riconosciuta dagli investigatori durante ore ed ore di analisi dei video.
Sulla testa del 32enne pendono gravi indizi di colpevolezza, ora al vaglio della DDA di Bari alla quale sono stati trasmessi gli atti per competenza. Inizialmente i due episodi erano separati, sull’esplosione al Poseidon procedeva la Procura di Foggia mentre per la bomba al “Sorriso” si era già mossa la magistratura antimafia barese.
Il gip del tribunale dauno ha convalidato il fermo di Rameta trasmettendo gli atti al collega barese che ora ha 20 giorni di tempo per emettere un’ordinanza di arresto bis. (In alto, Rameta; nel riquadro, Verderosa)