“Grazie per questa certezza non scontata: non essere mai stata sola. Vi voglio bene tutti ragazzi, il treno parte oggi, non si ferma. Oggi una scuola ha avuto il coraggio di schierarsi e di urlare per interrompere l’omertoso silenzio degli ultimi tempi. È in giorni come questi che ti rendi conto che la speranza per un futuro migliore senza discriminazioni esiste e spetta a noi tenerla viva. È successo lo straordinario. Grazie a tutte e tutti, sto annegando in un mare di affetto che mi lascia stordita. Grazie grazie”. Sono questi alcuni messaggi scritti da Angelica Placentino, una studentessa di San Giovanni Rotondo, rappresentante d’istituto allo statale Magistrale Maria Immacolata vittima di vergognosi messaggi minatori e insulti. Ma la scuola si è schierata con lei e ha espresso tutta la solidarietà replicando a silenzio e omertà di altri. Questo il racconto.
“Istituto statale Magistrale Maria Immacolata. È l’anno scolastico 2018/2019.
Alla nostra rappresentante d’istituto Angelica Placentino, vengono attribuite colpe che non sono sue. Si genera un odio GRANDE, COLLETTIVO. Quest’odio non ha il coraggio di dire qual è il suo nome ma ha un’esigenza spropositata di mostrarsi.
Angelica riceve dei messaggi minatori ANONIMI.
Viene chiamata PUTTANA, le si dice di ANDARE A CASA. Leggerli, capirli, è scioccante, doloroso.
Ma c’è la forza di denunciare, di rendere pubblico questo male. Dinanzi a
questo tentativo… silenzio.
Poi ci sono gli attacchi verbali in pubblico, silenzio. La violenza non si ferma.
Compare una scritta sotto casa sua ”PLACENTINO LESBICA REPRESSA”.
Ma Angelica non sta zitta, denuncia. La collettività risponde con un gentilissimo silenzio.
Viene disegnata una svastica, simbolo del partito nazionalsocialista tedesco,
il simbolo di Hitler.
L’insulto vuole diventare più grande.
Assume toni politici, di cui è dubbia la consapevolezza.
Lo scempio sembra terminato. E invece arriva un ultimo crudele colpo: ”Dimettiti perché ci fai schifo”. Non si chiede. Si impone.
”Meglio su una statale che in consiglio di istituto”, si ritiene.
”Guardati le spalle STRONZA”
A questo punto della narrazione voi cosa vi aspettereste? Silenzio, ovvio.
E invece no, questa scuola oggi parla.”
Così ci presentiamo questa mattina: vestiti di azzurro, con dei segni blu sul volto.
Così entriamo nella nostra scuola oggi noi di #Blu.
Consapevoli di una triste storia, in quattro giorni abbiamo contattato cinquantadue persone.
Cinquantadue persone che ci aiutassero a raccontare, a denunciare la violenza, l’ipocrisia, l’omertà che in questi mesi sono nate e cresciute nella scuola.
Raccontiamo di una nostra amica/compagna/sconosciuta che è stata vittima della forma di violenza più comune tra noi giovani: il bullismo.
Lo facciamo tramite spiegazioni, monologhi, riflessioni, poesie improvvisate, colori, scritte.
Lo facciamo con un’organizzazione che quasi non esiste, presi dalla foga di farci ascoltare.
Raccontiamo realtà devastanti, vere. Raccontiamo di silenzio, di pesi sulla coscienza, di persone che si sono piegate al male.
Spieghiamo che in cinquantadue ci avrebbero ascoltati, in questi contesti se sei da solo non servi.
Spieghiamo l’importanza del non ostentare una violenza crudele di cui non si comprende il significato.
“Non facciamolo perché siamo giovani”.
Non accusiamo. Riflettiamo. Per farlo ci siamo permessi di apportare modifiche a De Andrè.
“Per quanto noi ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti”.
Veniamo ascoltati, capiti.
C’è chi si alza e urla: “Oggi scelgo da che parte stare”.
C’è chi ricorda : “Ancor prima di essere persone, siamo LIBERI di essere persone”.
C’è chi grida :” Ciò che c’è di più importante è guardare al futuro!”
Lacrime. E poi applausi. E poi ancora interventi.
Oggi vedo una scuola che si alza in piedi.
Che non rimane seduta.
Vedo una scuola che è stanca di stare zitta.
“Se sono puttana perché ho un’idea e la porto avanti, vi invito ad essere tutte puttane”.
Dice Angelica commossa.
Non esiste violenza tra queste mura. Esistiamo solo noi. Solo noi che gridiamo in cinquantadue, poi in cento, poi in duecento che siamo UNO SOLO.
Che siamo noi contro tutto il male. Contro l’ipocrisia.
“La guerra vince l’ipocrisia dei nostri hashtag e dei nostri finti
dispiaceri, ma soprattutto cova la voglia di vivere, lottare, senza che ognuno
di noi si senta vissuto. La guerra cova la giusta fame, una fame curiosa, di
sapere, conoscere, migliorarsi e farsi sentire. Ma l’ipocrisia, ragazzi, ci uccide.
Ora, quando presto questa partaccia sarà finita, guardatevi dentro, scegliete
magari il silenzio o un urlo vomitato in una stanza, ma smettiamola di essere
dei vili e scegliamo chi essere. Io oggi ho scelto la straordinarietà, alla stupida
ordinarietà.”
Qualcuno ha scelto chi essere piangendo. Qualcun altro dialogando. Altri hanno brindato. Noi ci siamo abbracciati.
Qualcuno però ha scelto chi essere disegnando, ancora una volta, delle svastiche.
Noi rispondiamo con dei fiori al vostro orrore.
E voi?
Giovani del paese,
del mondo,
come rispondereste?