Un fitto calendario di eventi si dispiegherà da questo weekend e nei prossimi mesi a Rocchetta Sant’Antonio per il 250esimo anniversario della consacrazione della Chiesa Matrice dell’Assunzione della Beata Maria Vergine, realizzata sui Monti Dauni nel 1758.
Affidati al professor Giuseppe Dibisceglia della Pontificia Università Salesiana della Facoltà Teologica Pugliese gli appunti di storia e le riflessioni storiografiche nel 250° della Dedicazione della chiesa madre, mentre domani alle ore 11 la solenne celebrazione eucaristica nel giorno dell’anniversario della dedicazione sarà presieduta da Monsignor Luigi Renna Vescovo della Diocesi.
Nel comitato per le celebrazioni che dureranno un anno fino alla prossima estate, ha un ruolo guida l’ex preside Pasquale Bonnì, il quale ha recuperato storia ed aneddoti sulla Chiesa Matrice, dallo stile architettonico tardo barocco, sulle famiglie e sulla società dell’epoca. Sul monaco redentorista, San Gerardo Maiella, e su Monsignor Nicola D’Amato, il vescovo coltissimo. “Col sole radente la nostra cattedrale acquista una particolare luce, è una chiesa svettante verso l’alto che non si appesantisce, anche all’interno con le tre navate cerca l’altezza. Gli archi a tutto sesto regalano una ampia sensazione di libertà, creano un effetto di rapidità”, spiega al nostro giornale web.
La Chiesa Matrice di Rocchetta di certo affascina il visitatore, soprattutto per la sua localizzazione in una piazza piccola, dentro una cornice che non ci si aspetta. La verticalità maestosa colpisce e dà il segno di quanto la moltiplicazione spaziale e scenica del Barocco insieme ai suoi effetti di meraviglia potessero coinvolgere anche i piccoli borghi di collina.
La comunità della Diocesi di metà del ‘700, di cui facevano parte solo Rocchetta e Lacedonia, era portatrice di una spiritualità sì devozionale, ma anche ben piantata a terra. Nel paese si affacciavano i ceti emergenti della borghesia terriera in un territorio in cui il clero aveva ancora un potere fortissimo. Su 3216 abitanti, 44 erano preti, 10 diaconi e 6 novizi.
La costruzione della Chiesa quindi fu un’emergenza devozionale e una manifestazione di potere della borghesia, ma anche una esigenza ecclesiale per riunire i diversi rioni, Cittadella, Rione Lampione e il San Giovanni dove vivevano gli artigiani e i commercianti. Rocchetta del resto era un punto di passaggio, un paese inserito nella via di transito della Valle del Calaggio. La ferrovia decisiva e tra le prime d’Italia verrà solo un secolo dopo.
“I lavori della realizzazione della Cattedrale furono commissionati alla ditta di Sebastiano Pollice, dei maestri di Campobasso, ma il Vescovo conosceva un architetto di Barletta, noto come persona di fiducia del Vanvitelli, Gianni Mancarelli. L’architetto disegnò una sua ipotesi di Chiesa Matrice che piacque molto, ma aveva un costo eccessivo. Si riaccese la candela della gara d’appalto e si decise allora che i Pollice avrebbero realizzato il progetto di Mancarelli. Era il 14 gennaio del 1754, la chiesa fu aperta al culto il 28 ottobre del 1768”, racconta Bonnì.
La Chiesa fu costruita con i soldi delle rendite della diocesi e dalle offerte della Confraternita di Sant’Antonio, composta dal notabilato locale. Speziali, medici, 2 notai, un insegnante. Ai circa 10 altari, costati 4mila ducati, lavorò un maestro del marmo come Cimafonte, che aveva anche collaborato alla Cappella del Cristo Velato a Napoli, la Chiesa fu arricchita con gli stucchi di Pasquale Capuano di Ariano Irpino, mentre l’organo porta la firma di Leonardo Tassoni di San Potito. Noce nera per il coro e la sacrestia di Liberatore Villani di Bovino. Tutte opere oggi che necessiterebbero di un restauro. Conclude Bonnì: “Siamo in 25 nel comitato per le celebrazioni, il nostro intento è vivacizzare questo evento, per rendere folta la partecipazione. I nostri concittadini del 1750 ci hanno lasciato un monumento importante, che merita di essere comunicato, al di là della giungla di ricordi che ognuno di noi ha nella Chiesa Matrice. Abbiamo una pala d’altare, la Madonna del Cardellino, di scuola napoletana, che ricorda i motivi curvilinei del Pinturicchio. La Cappella del Sacramento e del Presbiterio hanno pavimentazioni originali. È un patrimonio, dobbiamo recuperare il carattere culturale del nostro paese. In questo percorso di recupero della memoria mi ha colpito riscoprire la figura di San Gerardo, la cui cifra spirituale era l’ubbidienza e il rispetto dell’ordine e della gerarchia. Questo ragazzo sempliciotto era il mediatore del patriziato locale. Mi ha colpito come in fondo la spiritualità colta di un presule potesse essere accompagnata da un animo che riusciva a dare voce alla povera gente. Parlava all’umanità più derelitta”.