Un vero e proprio giallo quello risolto da Procura della Repubblica (pm Laronga e Bafundi) e Polizia di Stato sull’agguato al cardiologo dell’ASL di Foggia, Massimo Correra. Il fratello Maurizio diede incarico a due albanesi, madre e figlio di ammazzare il parente per 5000 euro. Il tutto al fine di chiudere una situazione conflittuale dovuta all’esistenza di forti dissapori per motivi economici ed ereditari (tra i quali una storia di assegni incassati dalla vittima per qualche migliaia di euro). Vicende confermate dallo stesso cardiologo in sede di denuncia. Tale possibile movente ha poi trovato una conferma nella circostanza che gli autori dell’agguato erano riusciti ad entrare nell’androne della casa della vittima senza alcuna forzatura al portone di ingresso, e pertanto è risultato plausibile che Maurizio potesse disporre delle chiavi di ingresso e le avesse date ai soggetti incaricati di uccidere il fratello. Per la vicenda delle chiavi è al vaglio anche la posizione della ex convivente della vittima che secondo gli investigatori potrebbe aver aiutato il mandante dell’omicidio a mettere in atto il piano diabolico. Una volta accertata che l’auto Suzuki Swift utilizzata la mattina del 27 marzo scorso, giorno dell’agguato, fosse sempre nella disponibilità delle stesse persone, è stata operata una perquisizione in un casolare sito in località Borgo Segezia, dove sono stati identificati Shpetim Rizvani nato in Albania classe 1994 e la madre Haxhire Tusha nata in Albania classe 1958 (colei che sparò), oltre ad un terzo soggetto albanese.
Condotti presso gli uffici della Squadra Mobile, dopo le attività tecniche predisposte e l’escussione dei due albanesi madre e figlio, è emersa la loro piena partecipazione attiva in qualità di esecutori materiali del tentato omicidio, nonché la circostanza che il loro coinvolgimento era stato richiesto da parte di Maurizio Correra, grazie anche all’intermediazione di uno straniero allo stato non identificato, che previo pagamento della somma di 5000 euro aveva dato loro l’incarico di uccidere il proprio fratello, fornendo nel contempo anche l’arma da utilizzare. È emersa, inoltre, la circostanza che il mandante, al fine di precostituirsi un alibi, aveva consegnato preventivamente ai due albanesi uno scritto in cui risultava che loro stessi avevano ricevuto mandato di simulare l’azione delittuosa da parte della stessa vittima ovvero Massimo Correra, tale scritto i due albanesi avrebbero dovuto consegnarlo all’avvocato nel caso in cui fossero stati fermati dalla Polizia. Intento di quello scritto era far credere che la stessa vittima volesse rimanere ferito in un agguato così da far ricadere le colpe sul fratello Maurizio.
A chiudere le indagini ci hanno pensato gli stessi albanesi durante i colloqui intercettati in questura dopo il fermo. Il giovane alla madre: “La pistola dove l’hai messa? Se esco fuori, prendo la pistola e lo uccido, bim bam! Poi me ne vado via da qua”. E la madre: “Ce l’avevo vicino, avevo una grande occasione…”, rammaricandosi così del fallimento del progetto delittuoso. I due, assieme al mandante, sono ora agli arresti a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Le parole del procuratore
In conferenza in questura anche Ludovico Vaccaro, procuratore capo di Foggia che ha evidenziato il coraggio della vittima: “Ha vinto delle paure rivolgendosi alla polizia e grazie alla sua collaborazione e all’intensa attività di indagine, molto articolata, siamo giunti ai responsabili, gravemente indiziati dei reati di tentato omicidio e porto e detenzione d’arma da sparo”.
Vaccaro ha centrato molto il suo intervento sulla collaborazione delle persone offese: “Determinante per risolvere i casi. Senza le testimonianze di chi sa sarebbe tutto più complesso”. E ha posto l’attenzione anche sul ruolo delle telecamere: “La videosorveglianza è fondamentale”. Poi il procuratore ha snocciolato alcuni dati relativi alle operazioni degli ultimi mesi, da novembre a oggi evidenziando l’impegno di procura e forze dell’ordine contro la malavita organizzata ma anche contro reati odiosi come quelli sui minori. Qualche timido segnale dalla cittadinanza sta cominciando ad arrivare – ha aggiunto con riferimento al fenomeno omertoso – ma la strada è ancora lunga”.
Il questore Mario Della Cioppa è infine tornato sulla “Squadra Stato” che a Foggia sta dando segnali importanti sul fronte della legalità. “Da quando c’è il procuratore Vaccaro siamo più forti”, ha concluso.