Tutto il clero foggiano, compresi i due ultimi Vescovi, Pio Tamburrino e Vincenzo Pelvi, hanno celebrato la messa funebre per le esequie di don Fausto Parisi in una Cattedrale, ricolma di amici, figli spirituali, colleghi insegnanti, scout, ex studenti. A dire la funzione lo stesso Vescovo Pelvi, che dopo la lettera di San Paolo apostolo ai Romani e il Vangelo secondo Giovanni sulla “volontà”, ha tenuto una omelia “sospesa” nel giudizio sul sacerdote foggiano con cui si era scontrato e riappacificato solo di recente. Una omelia molto teologica, forse non quella che avrebbero voluto sentire coloro che hanno amato don Fausto.
“La nostra Chiesa è vicina in un abbraccio fraterno ai parenti di don Fausto. La liturgia funebre può diventare una vera meditazione per noi sacerdoti. Il Memento mori non gode di molta popolarità, preferiamo parlare della morte degli altri esorcizzando la nostra”.
Morte e giudizio, Inferno e Paradiso. Le dicotomie citate da Pelvi insieme al “labirinto egoistico” di chi dimentica che tutto ha una fine.
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“La morte è un fatto, una eredità e una memoria. Non siamo eterni né effimeri. La morte è eredità: quale eredità lasceresti se Dio ti chiamasse? È memoria per riflettere: cosa mi sarebbe piaciuto fare nella decisione della morte, che è memoria anticipata che può illuminare il vissuto. Il pensiero del morire orienta, è un faro nei progetti e nell’uso del tempo. Perché rimpiangere gli abbracci, gli aiuti non dati?
Nella prospettiva della morte quanto odio sarebbe annullato? Partiamo dalla memoria e dalla certezza della morte per riempire la vita di benedizione. Noi sacerdoti dovremmo prepararci alla buona morte, un esercizio non lugubre ma che dona l’ossigeno della verità che non tramonta. Il tempo è breve. Facciamo attenta vigilanza, affinché l’uso del mondo così come la gioia e il dolore non diventino assoluti”.
Il messaggio di Pelvi è stato chiaro per il “servo Fausto sacerdote” e per l’assemblea. Occorre vivere “come se non” è “questa l’espressione che riconosce il primato di Dio”, ha concluso.
Gli amici e i figli spirituali, i politici che lui aveva formato sanno che il sacerdote foggiano si era molto preparato alla morte, nei mesi in cui credeva di avere un cancro ai polmoni. L’ultimo saluto a don Fausto per tanti é stato straziante.