La legge sull’editoria pugliese, pensata per dare ossigeno al settore, si è arenata in Consiglio regionale. “Non c’è nessuna dietrologia dietro la mancanza del numero legale in Consiglio per la legge sull’editoria – ha spiegato Napoleone Cera, tra i firmatari del testo -, solo una mancata chiarezza sulle procedure di voto degli emendamenti che hanno precluso una prosecuzione ragionata del testo di legge. Dispiace per il modo in cui si è chiusa una discussione, nata invece con presupposti di condivisione e di collaborazione tra forze politiche e associazioni di categoria”.
“La proposta di legge sulla editoria – continua – avrebbe consentito alla Puglia di avere un provvedimento avanzato in favore dell’informazione e a garanzia del pluralismo e della imparzialità, evitando la creazione di posizioni dominanti e sostenendo la professionalità. In questo modo la Regione favorisce un dialogo con tutti i soggetti, che rispettando determinate condizioni, svolgono in Puglia attività editoriali, offrendo occasioni di fruire di interventi per la innovazione tecnologica, la promozione della cultura locale, la stabilizzazione del lavoro giornalistico e la formazione del personale. Si è persa una occasione di dare un contributo reale alle piccole e medie realtà editoriali, che devono fare i conti con la crisi del settore. Qualcuno in maggioranza dovrà pure rispondere dell’eventuali perdite di posti di lavoro e della mancata garanzia al pluralismo della informazione.
Occorre subito recuperare e riprendere il lavoro finora svolto per giungere a una conclusione soddisfacente per tutti.
Come Popolari siamo preoccupati perché c’è un indiscutibile problema nella maggioranza che non riesce a garantire numero legale a un provvedimento che è stato comunque condiviso in commissione. Non si può decidere un provvedimento, tra l’altro in gran parte condiviso con le opposizioni, eppoi stravolgerlo in aula o addirittura non votarlo”.
Critica la posizione del Movimento 5 Stelle. “Componenti della Giunta che votano al posto del presidente di Regione assente in aula, numero legale assente e spesso e volentieri garantito dalla presenza dei consiglieri di opposizione, confusione nella gestione dei lavori senza contare il solito tentativo (riuscito) da parte della maggioranza e della Giunta di tentare di inserire le solite marchette anche in un testo che nasceva per sostenere tutti quei lavoratori precari del mondo dell’editoria – spiegano -. Questi solo alcuni dei tanti elementi che ancora una volta ci costringono ad etichettare i lavori di questo Consiglio regionale con un solo termine: indecente. Sia in Commissione che in Consiglio il nostro gruppo, come sempre, ha lavorato con serietà, maturità e spirito
di condivisione per migliorare questo disegno di legge nel tentativo di aiutare tutti i lavoratori precari del mondo dell’editoria e siamo certi che questo ce lo possano riconoscere tutti a cominciare dagli operatori del settore, ma ancora una volta ci siamo
dovuti scontrare con la mediocrità di questa maggioranza che evidentemente non aveva già dato tutto il peggio nella gestione della vicenda Corecom. Riteniamo importante sottolineare come nel corso dei lavori alcuni emendamenti sembra che siano passati anche con il voto del presidente Emiliano che tuttavia non era presente in aula; una vicenda torbida su cui faremo tutti gli approfondimenti necessari perchè è inaccettabile pensare che un Presidente di Giunta regionale tra l’altro ex magistrato, sia il primo a violare la legge all’interno di un’aula consiliare”.
Dal centrodestra arrivano accuse alla maggioranza. “Se il numero legale è venuto meno, la responsabilità è da attribuire principalmente a esponenti di spicco della maggioranza, che pur presenti non hanno votato”. Questo il dato politico fatto rilevare dal capogruppo di DIT, Ignazio Zullo nel corso della conferenza stampa tenuta dalle opposizioni di centrodestra a seguito dello scioglimento della seduta del Consiglio regionale al momento del voto sulla proposta di legge a sostegno dell’editoria. “Probabilmente – ha rimarcato Zullo – erano loro a non volere questo provvedimento”. L’esponente di Fratelli d’Italia, Saverio Congedo ha ricordato come “non ci sia stato Consiglio regionale in cui sia mancato il numero legale, per cui bisognerebbe capire se si tratti di distrazione o piuttosto di un problema politico, determinato dalle evidenti frizioni tra Pd e MPd. A farne le spese – ha concluso – è l’attività del Consiglio e provvedimenti, come quello in discussione oggi, che avevano larghissima condivisione”. Anche il consigliere regionale Domenico Damascelli che ha confermato l’ampia adesione dei vari gruppi ai principi della legge, ha tuttavia stigmatizzato la presentazione di emendamenti nel corso dei lavori dell’aula che hanno sovvertito l’obiettivo della legge di sostenere le piccole realtà editoriali. Rammaricato Francesco Ventola (DIT) che ha parlato di ennesima occasione persa: “Dopo essere riusciti a stralciare la parte che riguardava la comunicazione istituzionale della Giunta Regionale e che esulava quindi dall’oggetto, ci siamo ritrovati di fronte ad una volontà arrogante di sovvertire il principio con cui si fissava un tetto superato il quale non era consentito l’accesso ai contributi pubblici. Paradossalmente, grazie proprio al ‘non voto’ di alcuni esponenti di maggioranza, questo tentativo non è andato in porto. Resta il dubbio se si tratti di una scelta voluta. Peccato perché la legge era giunta in Aula dopo un confronto sereno e costruttivo con Assostampa e Ordine dei giornalisti”. Di comportamento frettoloso e confusionario ha parlato invece il capogruppo di FI, Nino Marmo secondo cui “tutta l’architettura dell’ ‘imbroglietto’ è saltata grazie all’emendamento del consigliere Santorsola di Noi a Sinistra, che eliminando appunto la disposizione che vietava l’accesso ai beneficiari di interventi uguali o maggiori a 80mila euro, ha cancellato l’unica vera garanzia di perequazione, attribuendo ogni potere discrezionale alla Giunta regionale. Una legge che poteva essere molto importante per il settore e che invece, con un comportamento schizofrenico della maggioranza di governo, è stata annullata”.