Si è avvalso della facoltà di non rispondere, Massimo Curci, vicepresidente onorario ed ex socio del Foggia Calcio. Il commercialista di Carapelle, nonostante fosse trapelata la sua volontà di rispondere alle domande del gip, ci ha ripensato. Motivo? Il carcere sfiancante. Piegato da 4 giorni in cella a San Vittore – duri soprattutto per un incensurato come Curci – il 49enne ha così evitato l’interrogatorio di garanzia e non ha ancora dato una spiegazione a quei 790mila euro che avrebbe riciclato nel club rossonero utilizzandoli, in parte, anche per pagare allenatori e giocatori.
Curci dovrebbe chiarire la sua posizione la prossima settimana davanti al pm della DDA di Milano, Paolo Storari, coordinatore dell’operazione Security che ha portato all’arresto del vicepresidente onorario del Foggia.
Il legale di Curci, intanto, presenterà ricorso per ottenere la revoca degli arresti o almeno una misura più morbida rispetto al carcere. L’avvocato sosterrà l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza e punterà sull’assenza delle esigenze cautelari.
Per il gip, invece, sembra proprio che il carcere sia l’unica misura possibile per evitare che Curci possa reiterare il reato in quanto, si legge, “il profitto ottenuto dal commercialista, in virtù della sua partecipazione al sistema delle indebite compensazioni, è notevolmente superiore alla somma complessivamente impiegata nelle attività imprenditoriali. Esiste dunque una liquidità proveniente dalle violazioni tributarie suscettibile di condotte volte all’occultamento“.
Ma stando alla difesa, il patrimonio di Curci non può essere utilizzato in quanto da mesi non è più socio del Foggia e a novembre gli è stato sequestrato tutto. Un mese fa, infatti, il gip di Milano dispose un nuovo sequestro di beni a carico di Curci per 8 milioni e 200mila euro tra auto di grossa cilindrata, denaro e polizze assicurative. A luglio scorso, invece, il commercialista fu destinatario di un sequestro preventivo di beni per circa 325mila euro in seguito al primo filone di inchiesta che portò all’arresto di circa 20 persone per reati tributari, riciclaggio e quant’altro col coinvolgimento del clan catanese dei Laudani e i presunti interessi dei malavitosi a Milano.
Secondo l’accusa Curci avrebbe svolto un ruolo di spessore per aiutare illecitamente società indebitate con l’Erario. L’ex socio del Foggia, assieme ad Antonio Saracino, Giuseppe D’Alessandro, Antonino Catania e Luigi Sorrenti, tutti personaggi finiti in manette già a luglio, operava sull’asse Lombardia-Puglia “offrendo un peculiare servizio” consistente nell’estinguere attraverso un complesso meccanismo di interventi sul modello F24 gli oneri fiscali e contributivi che gravitano su imprese indebitate con l’Erario, facendo risultare indebite compensazioni con crediti inesistenti, in modo da azzerare o ridurre i debiti.
Ben 790.517 euro, la somma che per i giudici Curci avrebbe girato nel mondo del pallone: 228mila euro nel Foggia Calcio srl, 328.750 euro nella “Esseci srl” controllante totalitaria del Foggia Calcio e 233.767 euro sempre nel club rossonero attraverso la corresponsione di stipendi in nero ad allenatore e giocatori. Così facendo, “ostacolò l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro”.
Inoltre Curci è indagato a piede libero per bancarotta fraudolenta patrimoniale. Avrebbe distratto dalle casse sociali della coop Fedel la somma di 334mila euro pari al compenso corrisposto in contanti a Curci stesso per falsificare numerosi modelli F24. Si parla di ben 22 modelli modificati per conto di quattro società per circa un milione e 350mila euro.