Carcere Foggia senza direttore: “Comandano i clan ed è anche piazza di spaccio”

di FRANCESCO PESANTE

Il carcere di Foggia nelle mani della criminalità organizzata e senza un direttore in pianta stabile. È ormai al collasso il penitenziario dauno dove stamattina hanno tenuto una conferenza stampa il segretario generale OSAPP (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), Leo Beneduci, il segretario generale aggiunto, Pasquale Montesano e il segretario regionale per la Puglia, Nicola Di Nicoli, quest’ultimo affiancato dai due vice segretari regionali, Luigi Paglia e Ruggiero D’Amato. I numeri della crisi li ha snocciolati Beneduci: “In Puglia dovrebbero essere ospitati 2400 detenuti ma ce ne sono circa 3500. È la regione più sovraffollata d’Italia”. E a Foggia emergono le maggiori criticità. “Questo a causa della carenza di organico della Polizia Penitenziaria del 25%. I dati che ci arrivano dall’amministrazione centrale sono devastanti. Qui ci sono circa 490 detenuti (oltre 100 in più del consentito). Prigionieri di particolari tipologie: quelli ad alto indice di sicurezza sono 32, appartenenti ai clan mafiosi. 29 stanno scontando condanne definitive. 19 sono invece le donne presenti e altrettanti 19 sono i detenuti “protetti”, questi ultimi allocati in infermeria per mancanza di spazi”. Secondo l’Osapp il penitenziario dauno sarebbe ormai nelle mani della criminalità organizzata e rappresenterebbe una vera e propria piazza di spaccio.

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Inoltre “non c’è un direttore permanente presente. Assente giustificato – certo – ma che ormai manca da molti mesi. Il Governo sta inviando direttori in missione, con spese a carico dello Stato, e senza alcuna specializzazione”. Il personale del carcere di Foggia è abbandonato a se stesso, secondo il sindacato. “Le numerose aggressioni degli ultimi tempi sono legate al lassismo completo – ha evidenziato Beneduci -. I detenuti non vengono puniti e spesso nemmeno denunciati”.

Per tutti questi motivi, gli agenti hanno messo in atto una protesta: “Ci stiamo astenendo dalla fruizione delle mense di servizio – ha detto Di Nicoli – e abbiamo rotto le trattative con l’amministrazione regionale. Dopo le aggressioni non ci sono stati né correttivi né prese di posizione da parte del provveditore”.