Condannato primario ospedale di San Severo, occultò foglio da cartella clinica

Condannato con sentenza passata in giudicato della Corte d’Appello di Bari – III Sezione Penale, il dottor Paolo De Marzo, primario barese del reparto di ginecologia ed ostetricia dell’ospedale Masselli Mascia di San Severo. La condanna per aver soppresso ed occultato un foglio della cartella clinica relativa al ricovero di una partoriente. “Finalmente – ha detto l’avvocato di parte civile, Guerino Infante – è stata accertata e dichiarata la verità dei fatti nella quale questa difesa ha sempre creduto e per la quale si è sempre prodigata e soprattutto è stata resa giustizia ad una madre che a causa del fatto illecito commesso da De Marzo non può aver contezza di ciò che effettivamente era stato verbalizzato dai medici di turno, probabilmente proprio della prova di un’eventuale colpa medica commessa durante il parto che avrebbe provocato gravissimi danni fisici al proprio primo figlio”.

Il Tribunale di Foggia in composizione monocratica, con sentenza pronunciata nel giugno 2014 aveva assolto De Marzo dal reato ascrittogli (soppressione o occultamento di un foglio della cartella clinica numero 8981 relativa al ricovero di omissis presso la Divisione di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale “Masselli Mascia” di San Severo dal 6 giugno 2007 al 10 giugno 2007, e ciò in quanto strappò il penultimo foglio della suddetta cartella clinica, non rinvenuto all’interno della stessa, a parte per un lembo laterale), ma la parte civile assistita e difesa dall’avvocato Infante propose una tempestiva, articolata e dettagliata impugnazione della sentenza di primo grado, riuscendo ad ottenere la riforma della stessa nonché la condanna del primario al risarcimento del danno in favore della parte civile, rimettendo le parti davanti al giudice civile nonché la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese legali del doppio grado di giudizio.

La Corte d’Appello di Bari, accogliendo in toto i motivi d’impugnazione articolati da Infante, ha riconosciuto la sussistenza dell’elemento oggettivo del fatto-reato ascritto all’imputato, non solo perché accertato ineccepibilmente, all’esito di una precisa analisi di tutte le risultanze processuali ma anche perché lo stesso De Marzo aveva pienamente ammesso di avere strappato ed eliminato il penultimo foglio della cartella clinica, giustificando ciò con un asserito intento di mettere ordine.

La giustificazione resa da De Marzo non è stata mai ritenuta veritiera dalla difesa della parte civile, infatti, la Corte d’Appello di Bari, accogliendo i dubbi mossi dall’avvocato Infante ha osservato “che dalla documentazione in atti emerge inoppugnabilmente che, a differenza di quanto riferito dai testi escussi (altri tre ginecologi e la caposala), l’imputato, dopo avere strappato il penultimo foglio della cartella clinica (senza neppure lasciarlo all’interno di essa, come sarebbe stato opportuno fare a scanso di qualsivoglia equivoco, magari vergando a mano un’annotazione chiarificatrice), non aveva affatto riprodotto “fedelmente” quanto era stato in precedenza scritto dagli altri medici, posto che sul lembo residuo del foglio originale strappato risultava ancora ben visibile l’annotazione “re 8,00” (costituente “residuo” dell’annotazione originaria, presumibilmente relativa ad attività sanitarie eseguite alle “ore 8,00” del secondo giorno di degenza che risulta mancante nella pagina 12 della cartella clinica sulla quale l’imputato avrebbe ricopiato di propria mano, tutto ciò che altri medici avevano precedentemente scritto a pagina 14), il che porta ragionevolmente ad escludere l’effettiva rispondenza al vero della “giustificazione” offerta dall’imputato (comunque insufficiente ai fini dell’esclusione della sussistenza del dolo concludendo che “le risultanze processuali comprovano che De Marzo aveva commesso in modo cosciente e volontario, ossia con dolo, la condotta illecita ascrittagli”.

La parte civile ci riferisce che è stato esattamente grazie al proprio legale che è venuta a conoscenza del fatto illecito commesso da De Marzo, in quanto l’avvocato Infante ha preteso dalla direzione sanitaria dell’ospedale di San Severo di visionare l’originale della cartella clinica scoprendo, così, la manomissione della stessa, quella stessa manomissione che non si evinceva affatto dalla copia conforme all’originale della cartella clinica consegnata precedentemente alla parte civile.